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Alessia Va

Dal Basso...

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Uno spazio nero. Nero come la pece. Come fosse vuoto. Una luce. Come tanti puntini luminosi stretti gli uni agli altri. L’oscurità intorno. Quel punto di luce, al mio fianco.
Con i passi di questi giorni è ritornata forte quella esperienza, vissuta mesi fa’. È tornata la presenza di quella sorella, che ha condiviso con me un po’ di vita, dentro il grembo materno.
Mi sono chiesta, per qualche tempo, se fosse reale o piuttosto una espressione simbolica di un mio vissuto. Siccome la risposta non la trovavo, mi sono voluta convincere che fosse la seconda. Sarebbe stato più facile. Ma nel “ritorno di fiamma” di quell’essere, in quel momento, non è più stato possibile mentire a me stessa. La sensazione troppo reale. Troppo chiara. Cosi che non servono neppure più le domande. Lei c’era. Lo so con assoluta certezza. Una luce. Era l’unica luce, in quello spazio nero. E io con lei, ero una luce. Luce nella luce. Eravamo. Una luce lei…una luce io…e ci scaldavamo a vicenda. Era cosi forte, questa luce, che non vedevo, non sentivo, altro. La mia mamma non la sentivo. Eravamo come un isola. Una nuvola. Un mondo autonomo e speciale.
Poi l’oscurità ha inghiottito la sua luce. L’ha assorbita. E al suo posto è rimasto il vuoto. E la solitudine. E la mia luce non trovava più corrispondenza. Rispecchiamento. Persa anche io, senza sapere più di esistere…Forse l’oscurità avrebbe inghiottito anche me…o magari era già accaduto e ero diventata io stessa quel nero fitto. Un dolore senza voce, convinta, com’ero, che potevo solo sparire. È stato questo dolore senza voce, impresso nelle mie cellule, a guidarmi, negli anni? Forse…Mi sorprendo ad affacciarmi con uno sguardo nuovo sulla scena della mia esistenza-non esistenza. Del mio respirare, nutrirmi, crescere e scappare, ritirarmi, chiudere. Non considerando, non sentendo, non comprendendo un fatto fondamentale: io esisto. Ci sono. Sono qui. Occupo uno spazio nel mondo. E dunque, se sono qui ed esisto, ho diritto a questo spazio. Non è una concessione che mi è stata fatta, non è qualcosa che non mi spetta e che devo sentirmi perennemente in colpa di prendere. Cosi come non c’è necessità alcuna che io sparisca, mi faccia piccola, mi ritiri, per non far si che ci si accorga che, appunto, esisto. Ecco allora che lavorando, probabilmente, questo dolore antico, posso arrivare a sanare ogni altra parte di me, ogni altro dolore colto lungo il cammino…Mi rendo conto di come sia un passo necessario. Andando a ritroso, la dove tutto è iniziato. Scendendo da dove ora mi trovo, per iniziare la scalata dal basso…

Updated 13-09-2010 at 17.12.27 by Alessia Va

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