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amantedelsogno

Le forme e le intrusioni

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"Forse non sapete con chiarezza fino a che punto può giungere nella nostra società la volgarità e quali eccessi si permettano gli uomini quando, sentendosi parte di una massa, si reputano dispensati dalla responsabilità personale. All'inizio di quel periodo ero quasi solo: mi resi conto ben presto che le polemiche non servivano, ma che anche lamentarsi e invocare spiriti migliori non aveva senso, mancando le istanze davanti alle quali presentare lagnanza"

FREUD S. "Introduzione alla psicoanalisi", Lezione 34, Bollati Boringhieri, 535
Questo passo di Freud, riferito alle sue difficoltà nel presentare le istanze della "tecnica" da lui fondata e scritto intorno agli anni '30 del secolo scorso, nella sua seconda serie di lezioni, ha molto da insegnare e questo indipendentemente dall'oggetto cui si riferisce.
I nostri entusiasmi, le ragioni di ciò che "vediamo" e che a noi risultano chiare, talmente evidenti che ci sembra un'offesa al buon senso il fatto che non vengano percepiti così rapidamente, la capacità e la disponibilità che avremmo nell'argomentarle, si infrangono contro un muro di mediocre rigidità e di fiacchezza. I sogni dei vent'anni man mano si logorano innanzi agli enormi bastioni di gomma eretti dalle forme, dalle apparenze e dalle buone maniere.
Noi spesso pensiamo che siano solo i violenti, quelli che allo stadio vanno a sfogare gli istinti e le brame animali di un tempo che fu, a nascondersi dietro le masse; a negare la responsabilità del proprio agire; e del proprio pensare. Ma non è così. C'è tanta gente che non ha il coraggio non dico di osare, ma nemmeno di pensare. E mi domando: che male c'è, poi, nel pensare? Forse solo la fatica di una scelta. E ogni giorno, in ogni momento, o scegliamo o "siamo scelti". Non è che le alternative siano molte.
Ci sono, inoltre, i buontemponi che, pur non avendone esperienza alcuna, credono di poter dire cosa sia una famiglia, senza neppure rendersi conto che, essa, come tutti i "fatti sociali" (di rilevante importanza, certo), si muove lungo una linea evolutiva. Restano i punti fermi, ma con quale criterio. Ricordo che alcune maestre, esaminatrici di nuove insegnanti a un concorso, avevano un modo abbastanza singolare di giudicare la prova scritta. Ma che c'entra questo? Un attimo di pazienza e la digressione avrà il suo senso. Queste “esperte di conoscenza e abilità” avevano un modello di tema, redatto da loro successivamente, sulla base della traccia uscita al concorso. E giudicavano i temi sulla base dello schema per sua natura rigido che avevano eretto a punto di riferimento. “Questo e buono; questo non è buono”. Certo, è un metodo di valutazione come tanti; ma non si corre il rischio così di bocciare un genio e di promuovere un’”antenna”; un “ripetitore di forme apprese”? La risposta è nella domanda. Qualcuno avrà capito. C’è che “giudica” una famiglia, una coppia, con lo stesso metro. E spesso è la cosiddetta “gente comune” ad esprimere siffatta valutazione: “Questo è buono; questo non è buono…” E’ proprio vero: quando ci si sente parte di una massa, il senso critico e la responsabilità personale fa a farsi benedire. Lo stesso dicasi per le idee, per l’amore e per tutto.
Che fare allora? Rileggiamo con attenzione le parole di Freud. Tra le righe emerge netta e chiara la risposta.
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