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Alessia Va

Non avere fretta.

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Oggi ho portato, nella mia seduta, due sogni.
Fatti un paio di settimane fà, ed entrambi nella stessa notte.

Il primo sogno.

Mi sto osservando dall'alto, mi vedo dall'alto, fuori dal mio corpo. Il mio corpo è disteso. Sono una neonata. Piccola. Nuda. Accanto a me c'è...la mia gemella. Il mio corpo non è solo il mio corpo. Io non sono un essere “separato”. Il nostro corpo è fuso, si tocca, compenetra. Siamo unite all'altezza del cuore. Nel petto. Li non c'è carne ne pelle. L'unico petto che ci permette di vivere è aperto, gli organi interni alla luce del sole. Il cuore, in particolare è ben visibile. Un unico cuore attraverso il quale siamo uniti in modo indissolubile. Un unico cuore che pulsa, e quel pulsare e vivo, forte e ben visibile...il senso di unione forte. Dal punto in cui sono vedo molto bene tutto. Dall'alto si può percepire ogni cosa...e ora la qualità dell'aria è cambiata. Ci vogliono separare. I medici hanno stabilito che una di noi due deve morire perché l'altra possa vivere. Hanno deciso che sarò io a vivere. Ho più probabilità di farcela. Una profonda disperazione mi attraversa tutta. Li, da dove sono, dal mio punto di osservazione non posso fare nulla per impedirlo...ed è tremendo. Vorrei urlare loro di fermarsi, di non farlo...di non ucciderla...E poi perché io? Perché non lei? Perché non lasciano che sia lei a vivere? Perché non capiscono che non possono dividerci, che non posso vivere senza di lei...il dolore è cosi forte che per un attimo penso che sarò io a morire per prima alla fine...e forse sarebbe anche meglio...Non c'è nulla da fare: hanno iniziato l'intervento. Fanno dei segni scuri con un pennarello sul corpo di mia sorella. Linee tratteggiate che segnano la sua condanna. Su quelle linee tra poco scorrerà un bisturi. E il mio urlo silenzioso non arriva a fermare tutto questo...
Da dove sono, dall'alto, la guardo...mia sorella...per quella che so sarà l'ultima volta. Guardo il suo volto innocente, i suoi lineamenti cosi delicati, e cosi uguali ai miei...le sue braccine, i piccoli pugnetti chiusi, le gambe e il suoi piedini cosi delicati...la guardo e se potessi piangere le lacrime che non ho le farei posare sul nostro cuore...un ultima volta nostro...
Tutto si sta ormai compiendo e da dove sono, la in alto, sposto lo sguardo sui miei genitori.
Mi chiedo come possano essere stati capaci di compiere un simile gesto e come, soprattutto, possano avermelo tenuto nascosto. Una cosa cosi grande. Mai una parola. Mi chiedo quanto debba contare io, per loro, se hanno voluto cancellare il mio passato. Quanto abbiamo voluto bene a mia sorella, se si sono comportati come se non fosse mai esistita, e se davvero sono convinti di avere fatto la scelta giusta...


Mi è rimasta la sensazione chiara e netta che parlasse di una parte di me che ho dovuto in qualche modo sacrificare per...sopravvivere.
E' bello avere conferma di sapere leggere i propri sogni...
Anche se, mi viene da dire, è piuttosto evidente..


Il secondo.

È il compleanno di mio cugino. F. Il mio cugino preferito, quando ero bambina. Eravamo sempre insieme. Tutti dicevano che sembravamo due fidanzatini e in effetti ci sentivamo cosi. Dicevo che da grande lo avrei sposato. Poi, con gli anni, ci siamo persi...Ma ora è il suo compleanno e sono stata invitata a festeggiarlo. Entro nella stanza portando il mio regalo, mi avvicino e lo scopro di nuovo sorridente, di nuovo vicino e di nuovo con quei suoi capelli scuri cosi folti e belli, come quando eravamo bambini. Mi abbraccia e mi dice quanto sia contento di vedermi. Io gli stringo la vita con le braccia e gli dico che mi spiace di essere stata via per cosi tanto tempo. Mi accarezza e mi dice che lo sa, che la vita ci crea tante difficoltà ma che “Mia Cara Alessia” l'importante è ritrovarsi...prima o poi. È tutto cosi bello e dolce che appena posso corro a casa a parlarne con M (la mia terapeuta)....so che è li che mi aspetta. Ma come arrivo a casa trovo mia madre, seduta al tavolo del salotto. “Dov'è andata, M.?” le chiedo, angosciata. “Se n'è andata” mi risponde secca “era stanca di aspettarti”.
E mi ritrovo, ancora una volta, sola...


Da questo sogno mi sono svegliata angosciata.
Veramente tanto angosciata.
E' stato importante essere messa di fronte alla ragione di questa angoscia e capire una cosa fondamentale nella quale mi ritrovo assolutamente.
M. mi ha fatto riflettere sul tempo che concedo a me stessa. Tempo per metabolizzare, fare emergere le cose, per prendermi cura delle mie ferite.
Tempo che mi concedo per questo percorso.
In effetti io lo so che occorre imparare ad avere meno fretta. A non pretendere di risolvere tutto subito. A sapermi rispettare...accogliendo anche il mio bisogno di tempo.

Il passo della tartaruga...
C'è da imparare...
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