si legge sui libri che in Italia la Psicoanalisi ha avuto 3 detrattori, due dei quali erano i pensatori che si ispiravano all'idealismo crociano e quelli che si ispiravano al marxisimo.
Mi potete spiegare perché?
si legge sui libri che in Italia la Psicoanalisi ha avuto 3 detrattori, due dei quali erano i pensatori che si ispiravano all'idealismo crociano e quelli che si ispiravano al marxisimo.
Mi potete spiegare perché?
Ciao Johnny
So un accidente di idealismo crociano (anche se mi posso immaginbare le argomentazioni di un idealista di fronte al materialismo freudiano...).
Ne capisco qualcosa di più di marxismo (per storia ed età).
Sostanzialmente la psicoanalisi ed il marxismo hanno avuto rapporti assai difficili. E sì che almeno due psicoanalisti hanno avuto rapporti piuttosto stretti con il marxismo e con le correnti socialiste degli anni 20-30: Wilhelm Reich, Otto Fenichel e Georg Gero.
Le critiche del marxismo alla psicoianalisi derivano dall'ipotesi marxista di base per cui i comportamenti sono determinati dalla struttura socioeconomica nella quale gli esseri umani si trovano a vivere. In sostanza, i marxisti leggono la storia come lotta di classi e danno molta importanza alle condizioni materiali "reali", e poca alla dimensione "mentale" privata o interna.
Questo ha fatto sì che anche gli psicoanalisti che si riconoscevano nell'ideologia marxista (o in alcune sue derivazioni e modifiche) abbiano poi deciso di abbandonare il movimento marxista (come fece Reich negli anni '30). Tra le ragioni dell'ostilità del marxismo nei confronti della psicoanalisi vi sono l'accusa di essere una pratica che favoriva l'adattamento alla società borghese, invece della rivoluzione contro la borghesia, e l'impossibilità di accettare le teorie freudiane sulla sessualità infantile.
I marxisti degli anni '20-'30 erano molto simili ad una chiesa, e non erano diversi da altre chiese per quanto riguardava la sessuofobia e il disprezzo delle donne.
Ci sono stati tentativi di mettere assieme le due correnti di pensiero, perché alcuni elementi del marxismo (il materialismo, la dialettica, la spinta verso la liberazione, il rifiuto delle norme imposte) erano compatibili con la psicoanalisi. Ma i marxisti rimasero sostanzialmente ostili ad una pratica che percepivano come "concorrenziale" rispetto ai loro obiettivi. Più feconde furono le discussioni e le contaminazioni con le correnti socialiste (un nome per tutti: Erich Fromm) e socialdemocratiche del centro Europa.
In Italia, diversi psicoanalisti sono stati considerati vicini al vecchio PCI. Musatti, ma anche Fornari e, in tempi attuali, Fagioli (molto discusso e molto criticato, ma non l'ho mai studiato e non ti so dire se le critiche siano o meno fondate).
Vi sono, tuttavia, anche molti psicoanalisti che hanno aderito e che aderiscono a correnti politiche di destra, come Vera Slepoj.
Secondo me il marxismo ha avuto la sua storia, ma Marx è mortoda un pezzo e quella critica alla società borghese della metà dell'800 non ha più senso oggi. Il mondo è cambiato, la psicoanalisi anche. Puoi trovare qualche spunto di riflessione e altre informazioni con Google:
© PSYCHOMEDIA - RECENSIONI - Alberto Angelini - La psicoanalisi in Russia. Dai precursori agli anni Trenta
E. Fromm - Marxismo e psicoanalisi che piacquero ai cattolici
Marxismo e psicoanalisi (la figura di Wilhelm Reich)
COSTRUZIONI PSICOANALITICHE - Psicoanalisi e marxismo: antropologie a confronto
PSICOANALISI E FILOSOFIA POLITICA<br> La scuola di Francoforte
Per una teoria del soggetto ... - Google Libri
MARX E FREUD. "Mammasantissima", Edipo, e l'uscita dallo stato di minorità. La ripresa del discorso di MARCUSE
Sartre e la psicanalisi - Google Libri
Luigi Antonello Armando - Per una psicoanalisi politica
elvio fachinelli
PEP Web - Enzo Morpurgo I tenitori della psicoterapia Franco Angeli, Milano, 1985, pagg. 213, L. 18.000.
Buona vita
Guglielmo
Dott. Guglielmo Rottigni
Ordine Psicologi Lombardia n° 10126
e potrebbe esserci un nesso tra questi ostacoli da parte della Psicoanalisi, e la diffidenza verso la Psicologia?
Non ne ho idea. Credo che la diffidenza verso la psicologia dipenda da molti fattori. Schematicamente, secondo me, sono importanti:
a) Il livello generalmente basso di cultura scientifica in Italia. E mi riferisco non al livello di conoscenza dei fatti scientifici, quanto alla disponibilità delle persone a formare e informare le loro vite sulla base delle conoscenze e del processo della scienza.
b) La relativa indistinzione tra psicologia come conoscenza e psicologia come applicazione di conoscenze.
c) La sovrapposizione tra psicologia, psicoterapia, e medicina
d) La presenza di una morale cattolica
e) L'incapacità della psicologia come scienza nel definire il proprio ruolo sociale
f) L'assenza di una legislazione coerente in materia di competenze e attribuzioni degli psicologi
I punti che ho elencato non sono in ordine di importanza. Secondo me tutti contribuiscono alla situazione attuale. Il peso da attribuire ad ognuno di essi varierà a seconda della regione e del tema in discussione. Ad esempio, noto che - sia nelle discussioni su OPS, sia nelle discussioni sulla stampa e sui media, le ricadute sull'etica e sui processi decisionali conseguenti alle scoperte delle neuroscienze sembrano totalmente assenti.
Quando si parla di scelte politiche, economiche o morali, la psicologia come scienza sembra scomparire nel vuoto, né noto tentativi da parte degli psicologi di inserirsi nei dibattiti. Eppure abbiamo in Italia psicologi come Rumiati che hannod edicato molti anni di vita allo studio dei processi decisionali.
Idem per quanto riguarda il processo penale, la formazione dei giudizi di colpevolezza o di innocenza.
Idem ancora per quanto riguarda le determinanti psicologiche delle scelte in materia economica (penso all'effetto del contesto scoperto da Kanneman e Tverski, ad esempio, e a quanto potrebbe essere utile applicarlo per insegnare ai risparmiatori a scegliere razionalmente le forme di investimento senza farsi sviare dal contesto entro il quale vengono presentate le alternative).
Vuoi andare nel campo scolastico? Abbiamo sopportato quattro riforme in quindici anni. Ma non ho mai visto gli psicologi impegnarsi nel dibattito circa la congruenza tra conoscenza scientifica dello sviluppo e organizzazione della scuola.
Tu cosa ne pensi, Johnny?
Buona vita
Guglielmo
Dott. Guglielmo Rottigni
Ordine Psicologi Lombardia n° 10126
Aggiungerei un altro punto critico a quelli elencati da willy, ovvero la precaria preparazione unita alla presa in carico indiscriminata. I risultati sono spesso disastrosi, con le conseguenze immaginabili...
Saluti
gieko
Precaria preparazione... Sono un po' perplesso su questo punto, Gieko. Mi piacerebbe approfondirlo meglio, se credi.
Vedi, stando qui su ops ho avuto modo di conoscere molte persone, studenti, studentesse e professionisti. Molte volte mi sono chiesto "Ma dove hanno studiato, questi?", perché mi pareva che non conoscessero nemanco l'ABC. Ma mi sono reso conto che, semplicemente, avevano studiato cose diverse da quelle che avevo studiato io. E che, in realtà, avevano una marea di conoscenze, di memoria di ricerche, di testi letti, e che spesso sapevano bene molte cose che io conoscevo solamente di sfuggita. Ovvio, d'altro canto; non è possibile conoscere tutto, e io mi sono limitato ad un campo relativamente ristretto delle conoscenze psicologiche.
Quel che riscontro, a volte, è un po' una difficoltà ad integrare queste conoscenze all'interno di un sistema di pensiero coerente. Ma credo dipeda più che altro dall'età, spesso molto più giovane della mia, e dalla conseguente inesperienza (in termini di vita vissuta, non parlo di esperienza professionale).
Per la presa in carico indiscriminata, non saprei. Mi piacerebbe, anche su questo punto, capirne un poco di più. Indiscriminata rispetto a cosa? Qual'è la linea di demarcazione,s econdo te, che separa uuna "presa in carico" corretta da una non corretta?
Buona vita
Guglielmo
Dott. Guglielmo Rottigni
Ordine Psicologi Lombardia n° 10126
Ti riferisci alle scuole di formazione, alle facoltà o alla presa in carico indiscriminata di pazienti da parte dei terapeuti?
Riguardo alla preparazione, penso che non possa essere che precaria quando non è affiancata massicciamente dalla pratica clinica e dalla aleatoria e povera connessone con le ricerche scientifiche, come sottolineato accortamente da Willy.
ciaz.
Intendevo principalmente alla formazione in psicoterapia - ma non solo -, senza riferirmi a nessun orientamento in particolare. Piuttosto il sempre crescente numero di psicologi, unitamente ad altri fattori come quelli elencati da willy, ha provocato uno scadimento della preparazione anche a causa dello spuntare di una quantità di scuole di psicoterapia indicibile.
Quanto alla presa in carico indiscriminata, ritengo sia un altro effetto della saturazione del mercato: scarsa utenza significa prendere in carico anche situazioni che non sono compatibili con le proprie capacità, la propria formazione etc. Questi interventi divengono quindi ad alto rischio di fallimento sin dal principio, contribuendo a generare un'immagine negativa degli interventi clinici (ma si potrebbe trattare anche di altre aree).
Saluti
gieko