Originalmente inviato da
giulietta.o
Buddista? Solo perchè non me ne vado alla ricerca di capri espiatori? O perchè non piango e strillo stringendo i pugnetti? Suvvia...
Mi incazzo come qualsiasi comune mortale, se qualcuno mi pesta un piede non lo ringrazio: non rigiriamo la frittata adesso, non puntiamo l’indicino tendenzioso all’altro solo per non vedere noi stessi.
Più che di maturità sofferente mi ritrovo in una definizione di sofferenza matura, se questo ti può aiutare a chiarire.
Strillare lo si fa da bambini per attirare l’attenzione della mamma, e giustamente. Mia figlia a due mesi se aveva fame piangeva, mica poteva dirmi che avvertiva un certo languorino.
Adesso sei adulto, forse se ti spieghi invece che gridare c’è un altro adulto che ascolta; che non è la mamma, ma un altro, diverso, diverso da come lo vorresti tu, diverso come tutti quelli che ti circondano, e attraverso la cui diversità forse hai anche la possibilità, se aguzzi la vista, di vedere la tua di diversità.
Non c’è perfezione né nell’umiltà né nel narcisismo, anche perchè convivono in noi molti lati, è sempre bene farli giocare tutti un po’ alla partita altrimenti si diventa monocorde, tum tum tum: e intanto la vita scorre.
Accettare le debolezze, l’hai detto. Questo sì. A che credi serva l’analisi se non a capire e ad accettare i propri limiti? E quelli degli altri?
Serve mica a farti dare ragione!
Se conta davvero più il viaggio per te e non la meta, bene, dovresti aver capito che in analisi la meta sei tu, consapevolezza e conoscenza di te stesso; se questo vuoi farlo coincidere con un benessere non saprei se possa essere la sensazione che se ne ricava alla fine, può darsi; certo cambiano tante cose, questo per certi versi può dare una sensazione di benessere nella misura in cui non si è più rigidi e intrappolati dentro un se stesso in perenne e lacerante conflitto anche con il mondo esterno a sé.
Se questa è una meta, che meta sia, ma me la immagino molto mobile comunque, nel senso che non riesco a figurami un giorno nel quale questa conoscenza sia compiuta o definitiva, almeno finchè sarò in vita e in relazione con gli altri: le vicende della vita e le relazioni con gli altri oltretutto ci mettono continuamente in discussione, introducono elementi in grado di cambiarci e spostarci da un modo di essere ad un altro.
Sarà per questo che non riesco ad intendere il tutto come una risultato immutabile, ma come qualcosa che necessita di un continuo rimaneggiamento e riadattamento anche una volta salutato l’analista.
Se sei al terzo analista come hai scritto, mi domando se tu ti sia mai chiesto che cosa ti fa inciampare, visto che è evidente che da qualche parte inciampi, o è davvero possibile che nessuno sia “abbastanza” per te?
Non so, io comincerei da qui, invece che vedere in chi ha esperienze analitiche positive qualcuno che non te la racconta giusta.
Come vedi di buddista ho poco e niente...
Saluti