Cito a memoria da La Nausea di Sartre,è la descrizione dell'Eucarestia: lo svuotamento di significato anche dell'atto più sacro.
In Chiesa,tra i ceri,un uomo beve del vino davanti a delle donne inginocchiate
è bellissimo: l'assenza di significato
Cito a memoria da La Nausea di Sartre,è la descrizione dell'Eucarestia: lo svuotamento di significato anche dell'atto più sacro.
In Chiesa,tra i ceri,un uomo beve del vino davanti a delle donne inginocchiate
è bellissimo: l'assenza di significato
"MONOLOGO DEL NON SO" ( Da "PARSIFAL", in Fuoco centrale e altre poesie per il teatro, di Mariangela Gualtieri, Einaudi, 2005)
Io non so se questa mia vita sta spianata su un
buco vuoto. Non so se il silenzio che indago
é intrecciato alla mia sostanza molle.
Io non so se quello che cerco e ho cercato e
cercherò, non so se quello che cerco
é un insulto a quel vuoto.
Non so se questo fatto di non avere
un paio d’ali sia premio o castigo,
io non so se la polveriera
della mia inquietudine sia un trono
su cui mi siedo minacciato, se la fuga che
a scatti regolari mi pungola, se quel
puerile sogno di fuga sia uno sgambetto
d’angelo, d’un buffone d’angelo che
mi vuole inciampare.
Io non so se l’amore sia una guerra o una
tregua, non so se l’abbandono d’amore
sia una legge che la vita cuce fino al
ricamo finale. Io non so
che farmene di questi nemici che premono,
non so che farmene oggi di questo oggi e me lo ciondolo fra le dita perplesse,
non so parlare di quello che
è sentito nel profondo me, non so parlarlo
quell’essere che é qui presente fra le vite degli
altri.
Io non so perché guardando l’acqua del mare
mi salta in petto una gioia di figlio con la
madre. Non so se questa uscita mia in un secolo
a caso, se questo essere qui a casaccio,
io non so spiegarmi questa malattia
all’attacco del mondo, non so guarire
questa malattia che indolora e vorrei
sistemare ogni cosa, in un sogno puerile di
tregua, in un’arcadia anche retorica,
in un dormire abbracciato dei
guerrieri che si innamorano.
Io non ho capito e dovrei,
non ho capito il mondo della
vita, io non ho capito la legge sottostante
e non ho da fare la consegna a
questi cuccioli che aspettano, che esigono
da me l’aver capito.
………………
………………
Il mio Graal l’ho ritrovato e perso cento
volte.
……………..
……………….
Io non so se la bellezza è questa accademia di
centimetri, se la bellezza, la bellezza è questa
carnevalesca decadenza di saltimbanchi,
io non mi spiego la crocifissione
della grazia, e non mi spiego perchè
mi trovo in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perchè stando a occidente non si
ode quell’alleluia delle cose.
Io non so se in questa schiena
senza ali ci son grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri.
Io non so se la solitudine, se quello
strazio chiamato solitudine, se quell’andare
via dei corpi cari, se quel restare soli
dei vivi, io non so se quel lamento della
solitudine, se quel portarci via le facce
se quel loro sparire
di facce che avevamo dentro il respiro, non so
se il dono sia questo portarci via le
carezze, questa slacciatura.
E’ poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so.
"una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve è il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. Che tutti i sospiri che si elevavano al cielo si raccoglievao a formare le nubi e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente"
- Mille splendidi soli - k.Hosseini
“Come molti viaggiatori ho visto più di quanto ricordi e ricordo più di quanto ho visto.”
"le sue labbra avrebbero conservato il sapore dell'acqua di mare e la pelle sarebbe stata morbida sotto le sue mani."
Se sapessi che questi sono gli ultimi attimi che ti vedo, direi "ti amo" e non darei scioccamente per scontato che già lo sai.
Nessuno può mostrare troppo a lungo una faccia a sé stesso e un'altra alla gente senza finire col non sapere più
quale sia quella vera.
(Nathaniel Hawthorne)
visita questo sito...per dire ANCHE IO SONO DALLA PARTE DI BAMBINI
My Blog....venite a trovarmi...
"Forse le cose stanno esattamente così: quelli che vale la pena di amare veramente sono quelli che ti rendono estraneo a te stesso. Quelli che riescono a estirparti dal tuo habitat e dal tuo viaggio, e ti trapiantano in un altro ecosistema, riuscendo a tenerti in vita in quella giungla che non conosci e dove certamente moriresti se non fosse che loro sono lì e ti insegano i passi, i gesti e le parole: e tu, contro ogni previsione, sei in grado di ripeterli"
(Alessandro Baricco-introduzione a "chiedi alla povere" di Fante)
"arrivammo in silenzio alle Palisades e imboccamo la strada della scogliera. Un vento freddo soffiava di lato, facendo sbandare l'auto. sotto di noi ruggiva l'oceano. Dei banchi di nebbia si muovevano dal mare verso terra, come un esercito di fantasmi striscianti sul ventre. Le ondate aggredivano la riva con i loro pugni bianchi, si ritiravano e attaccavano di nuovo. Ogni volta che un'onda si ritraeva, sembrava che la costa si allargasse in un sorriso. Scendemmo in seconda lungo i tornanti, sull'asfalto nero che traspariva lambito da lingue di nebbia. Respirammo a fondo l'aria pulita, senza polvere."
John fante- chiedi alla polvere-
"Hai detto che sono stato io a ucciderti... perseguitami, allora! Gli assassinati perseguitano i propri assassini. Credo... so che altri fantasmi hanno vagato su questa terra. Sii con me sempre... assumi qualsiasi forma... fammi impazzire! Ma non lasciarmi, ti prego, in questo abisso, dove non posso trovarti! Oh, Dio, è un dolore indicibile! Non posso vivere la mia vita! Non posso vivere senza l'anima mia!"
"Cime tempestose" - Emily Bronte
Eugenio Montale,dodicesimo mottetto
Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l'alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l'ombra nera, s'ostina in cielo un sole
freddoloso; e l'altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.
(dove sarà Clizia?)
E poi mi metto a postare ste cose alle 5,per dire l'alienazione
Comunque nell'ultima parte di questa poesia c'è la Verità,"the wall was too high,as you can see" cantavano i Pink Floyd.
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra fondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'e' tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
"L'amore è fatto di pioggia. solo il vento sa quando e dove può arrivare"
(Giorgio Faletti-fuori da un evidente destino)
Tamina,infatti, è seduta su una zattera che va alla deriva e guarda indietro, solo indietro. [...]. Desidera i diari perchè la fragile impalcatura degli avvenimenti che ha ricostruito nel quaderno nuovo si possa riempire di muri e diventare una casa in cui abitare. Giacchè se il vacillante edificio dei ricordi crollasse come una tenda mal montata, di Tamina non resterebbe che il mero presente, questo punto invisibile, questo nulla che avanza lentamente verso la morte.
Kundera, Il libro del riso e dell'oblio
Ma contro i sentimenti siamo disarmati, poiché esistono e basta, e sfuggono ad una qualunque censura. Possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun potere.
M. Kundera
"Non siamo uomini di buona volontà se ci limitiamo a piangere ciò che si è perso, se ricordiamo solo ciò che non può più tornare. Lo saremo solo se diventiamo consapevoli di ciò che di meglio c'è in noi, di più vitale, e se seguiamo la voce di questa Coscienza" H.Hesse
"Non sono cattiva.. è che mi disegnano così"
Per gentile concessione del Lupo Solitario
fondatrice con Ele* del f.c.f.c.[fancazziste fan club]con sede in una bella spiaggetta della Croazia...e con una nuova adepta!!Benarrivata Claudina!!
...La farfalla , si dice, non sa cos'è il dolore..vive un giorno felice..e poi per sempre muore....
"Prendete una qualsiasi persona, versatele 5-6 litri di birra, e ne farete un ubriaco" diceva Schopenauer agli alunni del suo corso di Pessimismo all'università di Jena. Era una frase che ripeteva spesso e gli alunni si chiedevano ogni volta se il loro insegnante fosse molto profondo o molto ubriaco.
In realtà, Schopenauer voleva dire che ognuno di noi è un ubriaco in potenza. Naturalmente, essendo ubriaco, aveva bisogno della birra per dare un'idea dell'ubriachezza. Se fosse stato sobrio, avrebbe usato altri termini, e non si sarebbe sdraiato sulla cattedra.
In realtà, soleva chiedersi spesso il filosofo, cos'è un ubriaco? E, penso, qualcuno di voi si sarà talvolta rivolto la stessa domanda. Non è evidentemente uno che beve. Tutti noi beviamo. Non è nemmeno uno che beve molto. I cammelli bevono molto, ma non ne ho mai visto uno cacciato fuori da un bar.
Schopenauer, ad esempio, dava la seguente definizione dell'ubriaco: "Un ubriaco è quella persona che dopo aver bevuto molto vino, o birra, o bevande alcoliche, a fine serata vede due baristi dietro al banco".
In realtà, è una definizione errata, come ebbe a fargli notare Hobbes. Se ad esempio al bancone del bar servono marito e moglie, cioè due baristi, tutti gli avventori del bar sono da considerarsi ubriachi? Evidentemente no. Quindi la definizione esatta, secondo Hobbes, è la seguente: "Un ubriaco è quella persona che dopo aver bevuto molto vino, o birra, o melassa, a fine serata vede il doppio dei baristi che vedeva prima di bere"
A parte il fatto che Hobbes, come avrete notato, include la parola "melassa" al posto delle bevande alcoliche, e questo non è ontologicamente corretto, perchè corrisponde ad un suo gusto soggettivo, non si vede come questa definizione possa essere presa per buona. "Infatti", critica Schopenauer "la teoria del doppio è assurda. Mettiamo il caso che all'inizio, quando il futuro ubriaco inizia a bere, al bancone ci sia solo il marito e la moglie sia a spazzare il retrobottega. A fine serata l'ubriaco non vedrà marito + marito: ma due mariti e due mogli, cioè quattro volte il numero iniziale. Inoltre una persona che va al bar per divertirsi non può mettersi a contare il numero dei baristi tutte le volte per essere sicuro di accorgersi quando è ubriaco"
La critica di Schopenauer è molto feroce, certo, ma in re ipsa ineccepibile, almeno fino a questo punto.
"Hobbes", prosegue Schopenauer "può continuare nella sua vana ricerca di una definizione matematica dell'ubriachezza. In realtà egli è un bevitore di melassa e come tale dovrebbe limitarsi a parlare di libri per ragazzi. Comunque, se una definizione dell'ubriaco può essere tentata, io suggerirei questa: “Ubriaco è quella persona che dopo aver bevuto molto vino o birra o Fernet, o bevande alcoliche, non riesce più a stare in piedi su una gamba sola e a braccia aperte, e a camminare dritto su una immaginaria linea retta”"
Definzione granitica, nella quale però anche voi potrete cogliere qualche debolezza. Il che non sfuggì a Hobbes, il quale soleva dire che " In amore e filosofia tutto è lecito ", come ben sapevano le sue scolare. Egli attaccò l'edificio Schopenaueriano con le pesanti mazzate della sua dialettica. Rilevò in primo luogo la presenza della parola "Fernet" nel discorso del Maestro. "Evidentemente", scrisse Hobbes "nella camera dove ormai vive rinchiuso, Schopenauer ha trovato una bottiglia di Fernet, e questo ha gravemente deviato la sua prospettiva metodologica; infatti la sua ultima definizione è un capolavoro di formalismo, senza alcun contenuto. Prendiamo il fatto dell' "Una gamba sola e con le braccia aperte". E' ovvio che ben poche persone civili si sono trovate in una simile posizione. Eppure, non penso che debbano essere considerate ubriache. Neanche il Papa, immagino, saprebbe restare su una gamba sola e con le braccia aperte. Schopenauer vuole forse fare del sottile anticlericalismo? E poi, come dobbiamo immaginare che funzioni questo criterio? Forse che una persona deve entrare in un bar saltellando su una gamba sola per dimostrare di essere sobria? E lo sarà per tutto il tempo che riuscirà a mantenere quella scomoda posizione?E se metterà un piede a terra, dovrà da quel momento essere considerata ubriaca? E come farà a bere se deve tenere le braccia aperte? Schopenauer risponda a queste domande, e gli regalerò una bottiglia di Brandy. Inoltre, cosa vuol dire una "immaginaria linea retta"? E' ovvio che, se diamo spazio all'immaginazione, il rigore scientifico va a farsi benedire. E se io non riesco a immaginare una linea retta ma solo donne nude? E se anche riesco ad immaginarla, chi mi dice che è retta e che la fantasia non mi giochi un brutto scherzo, e che non debba camminare tutta la notte su una circonferenza? Mi sembra di essere stato chiaro, anche se spietato. Propongo dunque, come mia ultima definizione la seguente, che mi sembra perfetta: “Ubriaco è quella persona che, dopo aver bevuto molto vino, o birra , o melassa, esce da sé” ".
Definizione breve, illuminante, che però, come potete immaginare, non può soddisfare pienamente una mente superiore. "Infatti", scrisse Schopenauer "mi sembra che stiamo cadendo nel ridicolo. La frase 'Esce da sè' è un capolavoro di scemenza. Esce da sè? E dove va? E se esce da sè, lascia dentro tutto quello che ha bevuto? Ma allora non è più ubriaco. E se si porta dietro tutto quello che ha bevuto, cosa dice il primo sè? E il barista, chi deve far pagare? Il nuovo sè, il vecchio sè abbandonato, o tutti e due? Non vorrei che questa fosse una scusa per bere gratis alle spalle di chi lavora.
"Comunque, concedo un'ultima possibilità alla discussione. Non per Hobbes, che è troppo occupato ad entrare e a uscire dal suo sè per parlare di filosofia, ma per quanti hanno a cuore la civile disputa dialettica. Dirò allora che: “Ubriaco è quella persona che ha bevuto molto, ma molto vino, birra e sostanze alcoliche”".
Mi sembra che l'intuizione del Maestro non abbia bisogno di commenti. Questa volta, anche Hobbes fu d'accordo e pagò da bere.
Parsifal da che libro è tratta?
Membro del thread palla
Ciambellana dei Film del mese di Marzo e Maggio
"Tu sarai per me unico al mondo, io sarò per te unico al mondo" Il piccolo principe
"La vera musica è tra le note." W. A. Mozart
la mia libreria
Membro del Club Del Giallo - Tessera n°20 e Segretaria Addetta All'Archivio del Club
Club del giallo, nuova sede
Originariamente postato da eva-luna
Parsifal da che libro è tratta?
Da bar Sport di Benni.Originariamente postato da eva-luna
Parsifal da che libro è tratta?
In pratica una sera eravamo per strada io e una mia amica e avevamo bevuto molta birra e molta melassa allora mi ha raccontato di questa diatriba tra Hobbes e Schopenauer; alla fine però non abbiamo capito cosa sia la melassa