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  1. #1231
    Partecipante Figo L'avatar di kegi7929
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    Riferimento: EDS Novembre 2010 - RIPASSO SERALE chi si unisce?

    Citazione Originalmente inviato da alexsugar Visualizza messaggio
    ESERCITAZIONE 5:

    Ecco il nuovo caso: prima sessione 2004 firenze.
    Uno psicologo svolge alcune sedute di consultazione con un paziente maschio, Mario, di 27 anni. dai colloqui risulta che:?è figlio unico?sviluppo psicofisico nella norma?genitori viventi e sani entrambi pensionati?frequenza scolastica 3° anno istituto tecnico industriale?professione: capo magazziniere in industria tessile di medie dimensioni?abitudini di vita regolare con ridotta progettualità e scarsi rapporti sociali?prima crisi all'età di 20 anni, mentre presta servizio militare, con sintomatologia caratterizzata da disorientamento spazio-temporale e sentimento di apprensione persistente?il soggetto arriva al consulto inviato dal proprio medico curante, si descrive come chiuso ed insicuro e lamenta disturbi gastrici, insonnia, senso di devalorizzazione.?di recente, un rapporto sentimentale che si protraeva da tre anni si è interrotto, riacutizzando idee di carattere persecutorio e di rifiuto.?
    Sulla base di informazioni presentate, il candidato indichi gli eventuali approfondimenti, formuli l'ipotesi e riferisca un piano terapeutico con gli obiettivi che si intende raggiungere. ??
    Ecco il nuovo caso: prima sessione 2004 firenze.
    Uno psicologo svolge alcune sedute di consultazione con un paziente maschio, Mario, di 27 anni. dai colloqui risulta che:?è figlio unico?sviluppo psicofisico nella norma?genitori viventi e sani entrambi pensionati?frequenza scolastica 3° anno istituto tecnico industriale?professione: capo magazziniere in industria tessile di medie dimensioni?abitudini di vita regolare con ridotta progettualità e scarsi rapporti sociali?prima crisi all'età di 20 anni, mentre presta servizio militare, con sintomatologia caratterizzata da disorientamento spazio-temporale e sentimento di apprensione persistente?il soggetto arriva al consulto inviato dal proprio medico curante, si descrive come chiuso ed insicuro e lamenta disturbi gastrici, insonnia, senso di devalorizzazione.?di recente, un rapporto sentimentale che si protraeva da tre anni si è interrotto, riacutizzando idee di carattere persecutorio e di rifiuto.?
    Sulla base di informazioni presentate, il candidato indichi gli eventuali approfondimenti, formuli l'ipotesi e riferisca un piano terapeutico con gli obiettivi che si intende raggiungere. ??























    Il caso proposto riguarda un giovane di 27 anni che svolge alcune colloqui con uno psicologo in seguito all’invio del suo medico di base.
    Potrebbe a riguardo essere importante indagare sui motivi per cui inizialmente si era rivolto al medico e come poi il ragazzo abbia vissuto tale invio, cercando di capire le sue motivazioni al colloquio, le sue idee e aspettative su un eventuale trattamento, se il motivo per cui si sia presentato in questo momento dipenda da particolari eventi accaduti o dalla richiesta del medico.

    Dai colloqui si rileva che il ragazzo è figlio unico, con uno sviluppo psicofisico nella norma, genitori sani entrambi pensionati, è arrivato al terzo anno di un istituto tecnico professionale, attualmente svolge la mansione di capo magazziniere in un industria tessile. Emerge inoltre che il giovane ha abitudini di vita regolari, una ridotta progettualità e ridotti rapporti sociali. Ha interrotto poco tempo fa una relazione durata tre anni. Egli si descrive chiuso e insicuro. Riferisce di aver avuto la prima crisi a 20 anni, durante il servizio militare con sintomi quali disorientamento spazio/temporale e apprensione. Al colloquio si presenta lamentando disturbi gastrici, insonnia e devalorizzazione.
    Non emerge dai colloqui se il medico abbia escluso la possibilità che tale sintomatologia possa essere determinata da condizioni mediche generali o indotta dall’uso di sostanze. Potrei ritenere pertanto opportuno accertarsi che tali possibilità possano essere escluse.
    In seguito a tale accertamento, considerando che i dati in nostro possesso non sono comunque sufficienti per elaborare un’ipotesi diagnostica univoca, potrebbe essere utile proporre ulteriori colloqui per approfondire gli elementi già emersi e per portarne alla luce altri che potrebbero essere utili per inquadrare meglio il caso.

    La sintomatologia lamentata, come disturbi gastrici, insonnia, devalorizzazione, scarsi rapporti sociali e ridotta progettualità (utilizzando come riferimento il DSM IV) potrebbero portare ad ipotizzare un disturbo che potrebbe appartenere alla sfera dei disturbi dell’umore. Altri sintomi come la presenza di idee a carattere persecutorio o di rifiuto, riacutizzate in seguito alla fine di una relazione, potrebbero far pensare a problematiche nell’area psicotica. Riguardo alla prima crisi avvenuta 7 anni prima la sintomatologia di disorientamento spazio-temporale e continuo senso di apprensione potrebbero esprimere un quadro clinico di tipo ansioso. Si tratta in ogni caso di ipotesi e, per questo, suscettibili di falsificazioni.
    Riguardo alla sintomatologia descritta mancano degli elementi che potrebbero servire per una valutazione più accurata della situazione in modo da poter formulare delle ipotesi interpretative e un piano di intervento più accurati. Per questo potrebbe essere utile sapere quando, in che circostanze e con quale frequenza si verificano i sintomi lamentati, da quanto tempo siano presenti, se vi siano situazioni in cui essi si presentano più frequentemente e se per tanto egli abbia evitato tali circostanze particolari, se abbia mai messo in atto strategie per affrontare i suoi disagi ed, eventualmente, con quali esiti, se i sintomi siano cambiati nel tempo o ve ne siano aggiunti altri, se abbia mai intrapreso precedenti trattamenti terapeutici o farmacologici ed eventualmente con quali risultati, quanto, infine, il suo funzionamento lavorativo, sociale e relazionale sia stato compromesso dai suoi sintomi. Potrei ritenere importante indagare se vi siano stati recenti eventi critici, il ragazzo infatti parla della rottura di un rapporto sentimentale durato 3 anni che ha riacutizzato idee a carattere persecutorio. Questo potrebbe far pensare che vi siano stati in passato altri episodi di tal genere, riterrei opportuno indagare tale possibilità insieme al contenuto delle idee. Potrebbe essere opportuno verificare se il giovane ritiene vere le sue idee persecutorie, o se mantiene un adeguato esame di realtà, questo al fine di prendere in considerazione la possibilità che non si tratti di disturbo nell’area psicotica. Indagherei sulle motivazioni della rottura della relazione, quanto tempo fa è accaduto, se abbia comportato altri sintomi nel ragazzo, se la ragazza era al corrente dei disagio del giovane ed eventualmente come vi reagiva. Potrebbe essere importante indagare altri aspetti della vita del giovane, ad esempio riguardo alle motivazioni per cui ha abbandonato la scuola, per poi passare alla sua attuale situazione lavorativa, come si trova con i colleghi, come svolge il suo lavoro, se questo possa essere influenzato dalla sua situazione, se è soddisfatto del suo ruolo, se il senso di apprensione costante crei eventuali difficoltà sul lavoro o in altri ambiti, ammesso che sia ancora presente o che sia stato episodio isolato alla sola manifestazione durante il servizio militare. Potrebbe inoltre essere importante soffermarsi sul rapporto con i genitori, sulla comunicazione tra loro, arrivando ad indagare come fosse la vita sociale del giovane prima dell’insorgere delle problematiche.

    Nel corso di ulteriori colloqui per approfondire gli elementi citati potrei ritenere utile sottoporre il giovane ad alcuni test psicodiagnostici, come un questionario MMPI-II per avere un quadro generale della personalità del soggetto ed eventualmente a test per valutare il livello dell’ipotetico disturbo dell’umore.

    Nel caso in cui, da ulteriori indagini, emergessero elementi che portassero alla conferma dell’ipotesi iniziale di disturbo nell’area depressiva, potrei proporrei l’invio ad un terapeuta per un eventuale trattamento individuale di sostegno, i cui obiettivi potrebbero essere quelli di rafforzare l’Io del giovane, aumentare l’autostima, riorganizzare le sue risorse, migliorare la motivazione, per investire nei suoi progetti futuri e nelle relazioni sociali.
    Inoltre se dai successivi accertamenti si rilevasse una gravità nella sintomatologia potrei ipotizzare di considerare l’invio ad una psichiatra, per un eventuale trattamento farmacologico.


    Cosa manca? o Cosa eccede?
    Il caso riguarda un giovane, Mario di 27 anni, figlio unico, sviluppo psicofisico nella norma, genitori viventi e sani, pensionati. Il giovane svolge il lavoro di capo magazziniere in un'azienda tessile di medie dimensioni, ha come frequenza scolastica il 3 anno dell'istituto tecnico industriale. Ha abitudini di vita regolari con ridotta progettualità e scarsi rapporti sociali. Ha presentato la 1 crisi durante il servizio militare all'età di 20 anni, con la seguente sintomatologia: disorientamento spazio-temporale e sentimenti di apprensione persistenti. Il soggetto, inviato dal proprio medico curante, si descrive come "chiuso" ed insicuro, lamenta disturbi gastrici, insonnia, senso di devalorizzazione. La recente rottura di un rapporto sentimentale ha riacutizzato idee persecutorie e di rifiuto.
    Poichè il giovane è stato inviato dal suo medico curante, sarebbe importante indagare la sua motivazione al colloquio, le sue aspettative riguardo esso, se ha ricevuto precedenti trattamenti terapeutici o farmacologici (eventualmente come li ha vissuti e che risultati ha ottenuto, valutare se eventuali fallimenti siano reali).
    Sarebbe utile approfondire la sintomatologia del paziente: sappiamo che ha avuto la prima crisi all'età di 20 anni durante il servizio militare, sarebbe importante sapere con che frequenza si son presentate le altre crisi e in che circostanze, le strategie fin ora utilizzate (se presenti), il vissuto del soggetto riguardo i propri sintomi, come gli altri reagiscano ad essi, le sfere compromesse dal disturbo. Poichè il paziente è stato inviato dal medico curante si potrebbe escludere la presenza di quadri morbosi legati a condizioni mediche o ad abuso di sostanze.
    Sarebbe importante indagare tutta la sfera affettivo-relazionale del paziente. Investigherei i motivi della rottura del rapporto sentimentale, com'era tale rapporto prima della rottura. Come la partner vivesse e reagisse ai sintomi del ragazzo (o se eventualmente non ne fosse a conoscenza). Approfondirei le idee persecutorie e di rifiuto del giovane, in cosa consistano e come si presentino. Se le idee persecutorie e di rifiuto si presentassero sotto forma di deliri sarebbe fondamentale valutare quanto il ragazzo creda nella realtà-verità dei suoi deliri. Tale valutazione permetterebbe di individuarne il livello di gravità (DETTO TRA NOI: idee persecutorie e di rifiuto potrebbe significare che il ragazzo pensa sono uno sfigato, tutti ce l'hanno con me, sono un incapace...nn combinerò mai un cazzo nella vita-pensieri disfunzionali tipici anche dei depressi-oppure c'è un disegno divino superiore contro di me o altre idee più su delirante-psicotico).
    Indagherei i rapporti con i genitori, che poiché pensionati si può supporre siano anziani, per conoscere il tipo di attaccamento e lo stile educativo ricevuto, eventuali problemi familiari e comunicazionali (data pure l'appartenenza a due generazioni diverse). Approfondirei i motivi della ridotta progettualità e degli scarsi rapporti sociali, considerando l'ipotesi di una situzione familiare iperprotetta che ha potuto creare una difficoltà nello sviluppo della progettualità, della costruttività, un blocco nel bisogno di esplorazione ed espansione del giovane.
    Indagherei anche il suo funzionamento lavorativo, cioè le relazioni intrattenute con i colleghi, con il capo, le condizioni lavorative e relazionali e se queste influiscano sulla soddisfazione ed autostima del giovane.
    Indagherei le capacità di fronteggiare le difficoltà e le risorse al trattamento del paziente.
    Le informazioni a disposizione riportate nel testo permettono di formulare solo delle ipotesi, poiché il paziente è stato inviato dal medico curante escluderei la presenza di quadri morbosi legati a condizioni mediche o abuso di sostanze, allora ipotizzerei un disturbo d'ansia o/e dell'umore. Dal momento che quella di partenza è solo una ipotesi e quindi suscettibile di falsificazione, riterrei necessario effettuare gli approfondimenti su esposti. Inoltre somministrerei un test di personalità autodescrittivo (MMPI-2) ad ampio raggio x evidenziare eventuali aree disfunzionali o eventualmente avvalorare le nostre ipotesi di partenza. Somministrerei anche il CBA e il BDI per approfondire l'eventuale presenza di sintomi depressivi.
    Fatti tali approfondimenti avremo un quadro più completo per decidere se e quale tipo di intervento psicoterapeutico intraprendere, considerando ovviamente le “caratteristiche” del soggetto, il tipo specifico di disturbo ed il momento che la persona sta vivendo. Se da tali approfondimenti venisse confermata l'ipotesi iniziale potrebbe essere opportuno indirizzarsi verso una terapia individuale di tipo espressivo, i cui obiettivi potrebbero essere quelli di rafforzare l'Io del giovane, aumentarne l'autostima per un maggior investimento nei progetti futuri e nelle relazioni sociali. Se, invece, dagli accertamenti effettuati si rivelasse una gravità della sintomatologia sarebbe opportuno indirizzare il giovane da uno psichiatra per un eventuale trattamento farmacologico.
    kegi

  2. #1232
    Partecipante Figo L'avatar di alexsugar
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    Riferimento: EDS Novembre 2010 - RIPASSO SERALE chi si unisce?

    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio
    SOLUZIONI CHE HO TROVATO.........


    P. è un uomo di 38 anni che giunge alla consultazione dello psicologo in uno stato di profonda prostrazione psicologica anche se l'aspetto fisico è abbastanza ben curato.
    P. fa molta fatica ad esprimersi ed, nfatti, l colloquio inizia con un silenzi interrotto poi dallo psicologo che gli domanda se desidera dire qualcosa. Con fatica e un pò alla volta P. comincia a dire che si sente molto giù da quasi due mesi e che ormai non riesce ad avere alcun interesse per tutto quello che, invece fino ad ora, di fatto rappresentava la sua vita.
    P. riferisce di convivere, da 10 anni, cioè da quando è nata sua figlia, con una persona carina ed intelligente con cui va abbastanza d'accordo e di essere molto attaccato alle "due donne della sua vita" anche se ora preferirebbe quasi non farsi vedere più da loro per evitare che scoprano come lui è ridotto. Il soggetto sostiene che anche nel lavoro, dice di essere un muratre che poi è diventato un piccolo imprenditore, le cose vanno molto male perchè "mi rendo conto di avere fatto degli investimenti troppo azzardati e di essermi comprato una casa forse troppo grande, insomma sono pieno di debiti e ora non so come fare a rimediare". Rispetto a come sia andata la sua vita precedentemente P. riferisce che a volte gli capita di vivere situazioni emotive molto diverse da quelle attuali e che anzi, spesso, è incredibilmente pieno di energia "proprio un vulcano di idee e infatti in quei momenti faccio tanti progetti; poi però all'improvviso tutto cambia, forse perchè la vita spess è crudele e mi manda troppe prove difficili da affrontare, per cui mi ritrovo a sentirmi impotente e sempre più triste e penso che non ce la faccio più".
    Per quel che riguarda la famiglia di origine P. riferisce di avere una madre con la quale ha un pessimo rapporto e che frequenta poco e che non ha conosciuto il suo vero padre che è andato via di casa quando lui era molto piccolo.
    P. sostiene di essere venuto alla consultazione perchè la sua compagna minaccia di mandarlo via di casa se non si decide a sentire il parere di un esperto ed eventualmente farsi seguire in qualche modo:"perchè, dottore, lei è cnvinta che io abbia qualcosa che non va, forse è anche un pò arrabbiata perchè ha scoperto qualche mia scappatella precedente, acqua passata però, ma poi non so se è lei quella strana, infatti già da un anno va da uno psicologo".

    Sulla base dei dati forniti, il candidato indichi in maniera sintetica:
    a. quale ipotesi diagnostica prenderebbe in considerazione, specificando gli elementi ritenuti importanti a giustficazione dell'ipotesi fatta;
    b. di quali altri dati ha bisogno per una diagnosi differenziale;
    c. di quali strumenti psicodiagnostici si avvarrebbe;
    d. quali indagini, consulenze specialistice o altro richiederebbe alla persona e perchè;
    e. se ritiene necessario un trattamento;
    f. in caso di indicazione di trattamento specificare il tipo di orientamento, obiettivi, setting;
    g. chiarire le motivazioni della scelta fatta;
    h. eventuali risorse di rete psico-sociale da attivare.
    I candidati sono invitati a rispondere a tutti i punti e ad indicare la lettera di risposta per ciascun punto mantendendo l'ordine dato.






















    P. arriva in consultazione lamentando un umore triste da circa un paio di mesi. Con riferimento
    al manuale diagnostico e statistico dei dsturbi mentali si potrebbe ipotizzare un disturbo nell'area dell'umore. Si ritrovano sintomi come la demotivazione, il disinteresse per le attività, l'autocritica e la colpa "mi rendo conto di aver fatto degli investimenti troppo azzardati e di essermi comprato forse una casa troppo grande..", autosvalutazione (preferirebbe non farsi vedere da loro per evitare che scoprano come lui è ridotto) che farebbero pensare ad una sintomatologia depressiva.
    Tuttavia il paziente sostiene che, ripensando alla sua vita precedentemente (agli utimi due mesi), gli capitava spesso di vivere situazioni emotive diverse da quelle attuali nelle quali si sentiva pieno di energia e aveva mille idee per poi ripiombare nuovamente nello stato di sconforto,impotenza e tristezza ("forse perchè la vita è spesso crudele e mi manda troppe prove difficili da affrontare"). Sembra quindi esserci stata in passato un oscillazione di stati d'animo contrastanti che richiamano somiglianze con i disturbi bipolari per l'alternanza di fasi depressive e maniacali.
    b. Tuttavia gli elementi a nostra disposizione non sembrano essere sufficienti a soddisfare nè i criteri per un episodio depressivo maggiore, nè per un episodio maniacale. Dalla descrizione del caso sembrerebbe di trovarsi più in presenza di un oscillazione di vecchia data di alti e bassi che non giustificano la diagnosi di disturbo bipolare. Sarebbe a questo punto utile indagare la durata di queste oscillazioni e la frequenza con cui si sono succedute. Potrebbe infatti trattarsi di un disturbo ciclotimico dove l'ultimo episodio è rappresentato da un periodo con sintomi depressivi ma il decorso della sintomatologia è di cruciale importanza per orientarsi verso questa ipotesi.
    Escluderei la presenza di un disturbo borderline di personalità che anche avendo come caratteristica frequenti alterazioni dell'umore si accompagna di un quadro sintomatologico che qui non è riscontrabile.
    c. A questo proposito troverei utile la somministrazione di un strumento diagnstico come l'MMPI-2 per valutare le maggiori caratteristiche strutturali di personalità e i disordini di tipo emotivo ed indagare più a fondo le eventuali componenti depressive e quelle maniacali.
    d. Mi sembrerebbe utile a questo punto approfondire la conoscenza delle ragioni che hanno portato a questo disagio. Innanzitutto cercherei di raccogliere maggiori informazioni riguardo il rapporto del paziente con i genitori. Anche se il P. dichiara di aver avuto un pessimo rapporto con la madre non sono chiari i motivi di tale astio. Il fatto che P. sostenga di non aver conosciuto mai il suo vero padre perchè è andato via quando era piccolo fa pensare ad una situazione di fallimento da parte dell'oggetto-Sè paterno gratificare i bisogni del Sè di rispecchiamento. Bisognerebbe quindi conoscere la qualità delle successive cure materne e indagare le ragioni del loro conflitto. Un'analisi di questo tipo premetterebbe di capire meglio anche il rapporto di P. con la sua famiglia ed in particolare con sua moglie che sembra essere caratterizzato da ambivalenza: da una parte la figura di sua moglie viene descritta come "carina ed intelligente" e addiruttura lui sostiene di non volersi far vedere da lei e sua figlia in questo stato perchè è molto attaccato alle due donne della sua vita e dall'altro canto si riferisce a lei come "quella strana che già da un anno va da uno psicologo" e che P. ha tradito in passato con "qualche scappatella". Inoltre riterrei opportuno avere informazioni sulle eventuali relazioni all'esterno della rete familiare per capire quanto il problema sia racchiuso all'interno del sistema. Al fine di escludere qualunque causa organica dell'alterazione dell'umore suggerirei al paziente un esame medico che per la rilevazione di eventuali componenti che meglio spiegherebbero o che contribuirebbero al verificarsi del sintomi.
    e.f.g. Considerando i seguenti fattori: la motivazione apparentemente estrinseca alla terapia (P. sostiene che sia la moglie ad aver insistito perchè lui chiedesse un consulto psicologico perchè crede che io abbia qualcosa che non va), la presenza di un altro membro della famiglia con problemi psicologici, un buon insight del paziente che non nega il suo malessere, un buon funzionamento dell'io ed un adeguato esame della realtà proporrei una terapia di carattere espressivo ad orientamento sistemico-familiare i cui obiettivi consisterebbero nella trasformazione delle regole del sistema con regole più funzionali, nel favorire la comunicazione tra i membri (in particolare i coniugi) e sviluppare la definizione e rafforzamento dei confini interni al sistema.
    h. ?????Non so...
    ok! piu o meno È come si È detto noi no??? l unica cosa È che sono da valutare la durata dei sintomi per vedere se eventualmente puo essere ciclotimico........ pero l avevamo risolto cosi no?

  3. #1233
    Partecipante Figo L'avatar di kegi7929
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    Riferimento: EDS Novembre 2010 - RIPASSO SERALE chi si unisce?

    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio
    Per Alex : ti ho inviato una mail

    Per tutti: metto casi ma li faccio stasera.........

    VO 2003
    Il giovane uomo depresso. L., un giovane uomo di 26 anni, telefona ad una psicologa e prende un appuntamento, ma il giorno convenuto non si presenta, né in seguito dà più notizie di sé. Passato un mese, citofona allo studio della psicologa, insistendo per incontrarla subito, spiegarle il suo problema e iniziare una psicoterapia. La psicologa propone invece che ritelefoni, per fissare un appuntamento. Quando si incontrano per il primo colloquio, L. dice che il suo problema dura da 9 anni, che è stanco di soffrire, che ha già provato di tutto: psichiatri, psicologi, psicoterapie, ha cambiato un sacco di farmaci; da circa due mesi è seguito da uno psichiatra, che gli ha consigliato di parlare con uno psicologo. Lui è stato d’accordo, perché con i soli farmaci sta peggiorando. Sospira: “Nessuno può aiutarmi…”. Dice che è esasperato dal suo malessere, che si acuisce sempre più. Non riesce a riprendere il lavoro: “Non riesco a capire il motivo di questo blocco, del mio rifiuto, rischio di perdere lo stipendio.”. “La mia depressione è iniziata quando avevo 17 anni, mi si appannava la vista, ero angosciato di tutto, non avevo voglia di uscire. Ho iniziato a lavorare, ma si può dire che in media ci andavo tre, quattro mesi all’anno, tra malattie e permessi vari”. “Sono patito di macchine e motociclette, andavo a lavorare soprattutto per questo, adesso sono sempre più angosciato all’idea di poter perdere il lavoro”. “Ho una ragazza, ma non la amo”. Ha un gruppetto di amici, di cui lui è il leader, “perché con loro mi faccio forte e mostro un altro volto…non sanno che soffro di depressione”. In famiglia i genitori lo comprendono: non è così per il fratello maggiore, che: “Dice che sono un fannullone e ne approfitto perché a casa non fanno storie”. Ultimamente si sente un po’ meglio con i farmaci che gli prescrive lo psichiatra, “Ma lui è troppo impegnato, io ho bisogno che qualcuno mi segua da vicino”.
    9 settembre - PSICOLOGIA CLINICA - VECCHIO ORDINAMENTO, A – Z (R.M. PANICCIA)

    IL CASO DI L.
    Entro la domanda vengono sempre agite, da parte di chi la pone, neo-emozioni, alla cui base si può ipotizzare la fantasia di possedere, quale emozione che regge la relazione con gli oggetti. Possedere e scambiare sono le due modalità con cui si può strutturare la relazione con la realtà: realtà confusa con le proprie fantasie nel possedere, riconosciuta come estraneo nello scambio produttivo. Entro il rapporto con chi è confuso con le proprie fantasie, il possesso si esprime quale intenzione di determinare il comportamento dell’altro, di condizionarlo; oppure, di essere guidati, orientati, condizionati dall’altro. Si tratta del potere dell’uno sull’altro, visto nelle due direzioni: di chi esercita il potere o di chi lo subisce, desiderandolo. La relazione di potere, d’altro canto, si scontra con l’impossibilità di realizzare la fantasia che lo sostanzia. Il potere dell’uno sull’altro pretende d’annullare i soggetti della reazione, ma questo annullamento, di sé o dell’altro, non è possibile. Si può costruire l’illusione di una sua realizzazione, ma lo smacco è sempre in agguato. Di qui il sentimento d’impotenza, che rappresenta l’altra faccia della fantasia di potere. Possedere l’altro o farsi possedere tramite il potere, sono modi per esorcizzare il sentimento d’impotenza, che sta alla base del mancato riconoscimento dell’estraneo. Senza l’estraneo, la sostituzione del mondo esterno con quello interno, l’agito confusivo delle proprie fantasie entro la realtà contestuale, conduce inevitabilmente all’impotenza. Questo è il motivo per cui abbiamo definito, quale obiettivo dell’analisi della domanda e più in generale dell’intervento psicologico clinico, lo sviluppo. Senza il riconoscimento dell’estraneo, che comporta l’impegno produttivo entro la relazione contestuale, si ricade inevitabilmente entro l’emozione d’impotenza.
    A volte la domanda rivolta allo psicologo ha, quale sua finalità, l’imbrigliare anche lo psicologo entro la rete dell’impotenza. Vediamone un esempio, nel caso resocontato da una collega durante un lavoro di formazione.

    Il giovane uomo depresso. L., un giovane uomo di 26 anni, telefona ad una psicologa e prende un appuntamento, ma il giorno convenuto non si presenta, né in seguito dà più notizie di sé. Passato un mese, citofona allo studio della psicologa, insistendo per incontrarla subito, spiegarle il suo problema e iniziare una psicoterapia. La psicologa propone invece che ritelefoni, per fissare un appuntamento. Quando si incontrano per il primo colloquio, L. dice che il suo problema dura da 9 anni, che è stanco di soffrire, che ha già provato di tutto: psichiatri, psicologi, psicoterapie, ha cambiato un sacco di farmaci; da circa due mesi è seguito da uno psichiatra, che gli ha consigliato di parlare con uno psicologo. Lui è stato d’accordo, perché con i soli farmaci sta peggiorando. Sospira: “Nessuno può aiutarmi…”. Dice che è esasperato dal suo malessere, che si acuisce sempre più. Non riesce a riprendere il lavoro: “Non riesco a capire il motivo di questo blocco, del mio rifiuto, rischio di perdere lo stipendio.”. “La mia depressione è iniziata quando avevo 17 anni, mi si appannava la vista, ero angosciato di tutto, non avevo voglia di uscire. Ho iniziato a lavorare, ma si può dire che in media ci andavo tre, quattro mesi all’anno, tra malattie e permessi vari”. “Sono patito di macchine e motociclette, andavo a lavorare soprattutto per questo, adesso sono sempre più angosciato all’idea di poter perdere il lavoro”. “Ho una ragazza, ma non la amo”. Ha un gruppetto di amici, di cui lui è il leader, “perché con loro mi faccio forte e mostro un altro volto…non sanno che soffro di depressione”. In famiglia i genitori lo comprendono: non è così per il fratello maggiore, che: “Dice che sono un fannullone e ne approfitto perché a casa non fanno storie”. Ultimamente si sente un po’ meglio con i farmaci che gli prescrive lo psichiatra, “Ma lui è troppo impegnato, io ho bisogno che qualcuno mi segua da vicino”.

    Ecco una persona che vive nell’illusione dell’onnipotenza (“nessuno mi può aiutare”), fondata sulla convinzione di poter rendere impotente chi si prova, o riesce a costringere, nel compito dell’aiuto. Chiede aiuto, ma con l’obiettivo esplicito di far fallire chi s’impegna nell’impresa. La persona presenta, se si guarda al suo caso dal punto di vista psichiatrico, o se si vuole diagnostico, chiari tratti psicotici.
    Guardando alla dinamica della domanda, emergono altri aspetti. In particolare, due aree problematiche importanti: il rapporto con la psicologa - motivato dallo star male, dalla depressione, dai contatti con la psichiatria e con i farmaci - e il lavoro. In quest’ultima area, L. ha provato ad imporre la sua onnipotenza (andava a lavorare tre o quattro mesi l’anno), ma ora che non riesce nemmeno ad avvicinare il luogo del lavoro, teme di perdere il posto. Al lavoro, in altri termini, sente di aver a che fare con un limite all’onnipotenza, con una risposta di realtà alla sua pretesa di rendere impotente chiunque: il licenziamento.
    Anche la psicologa ha iniziato la relazione con questa persona richiamandola alla realtà, con la richiesta di un appuntamento; sconfermando la pretesa onnipotente che lei sia a sua totale disposizione. Ora avrà due possibili modalità di conduzione dell’analisi della domanda: interessarsi alla storia clinica dell’uomo, al suo malessere, alla sua angoscia, alla sua vista appannata, ai suoi miglioramenti e peggioramenti; oppure, e qui la contrapposizione è chiara, potrà affrontare il problema del lavoro, delle fantasie che lo alimentano. Dichiarando di investire sulla condizione lavorativa, quale unico rapporto che L. vive con la realtà. Sconfermare l’attesa che ci si occupi di lui come malato, indicare nel rapporto con il lavoro l’ancoraggio di un possibile percorso psicoterapeutico, propone ad L. una scelta iniziale rilevante. Scelta che concerne le due aree della domanda prima evocate: l’istituirsi di una cronicità di malato (si badi: non tutta interna a un processo individuale di deterioramento mentale, ma come modo di adattamento sociale), oppure l’investire su una qualche forma di produttività e di scambio, che la psicoterapia potrà proporsi di individuare e costruire. Malattia come modo di adattamento sociale, dicevamo; L. infatti propone diverse situazioni di vita ove come malato ha avuto risposta alle sue pretese: in primo luogo la famiglia, ma anche il lavoro, sino ad oggi. In tutti questi contesti, d’altro canto (includiamo anche la ragazza e gli amici) l’equilibrio è critico, c’è un tempo che scorre, situazioni che mutano: i genitori invecchiano, i gruppi adolescenziali hanno, anche in un’illusione di eterna giovinezza, fine. Si potrà, con L., valutare quali cambiamenti problematici prevede, o ha già constatato, oltre all’evento critico “lavoro”.
    Nell’analisi della domanda, anche in questo caso, in cui la componente psicotica appare evidente, sulla posizione diagnostica prevale l’accordo sugli obiettivi di lavoro, o la chiusura del rapporto in base a una valutazione di inopportunità, da parte di chi pone la domanda, sul perseguirli. Nel caso di L., la psicologa, se riuscirà nell’impresa di convenire con lui obiettivi di sviluppo, cosa probabilmente difficile vista la lunga carriera d’onnipotenza di L. e i successi ottenuti nel campo, potrà impegnarsi con lui nella difesa dell’estraneità della situazione lavorativa e del potere della competenza, dalla dinamica onnipotenza-impotenza.
    Qualche nota sul modo in cui è stato affrontato il compito. La provocatorietà di L. ha suscitato molta irritazione e prodotto prediche (controllo impotente!): non si impegna, non ha volontà di guarire, non si prende responsabilità; bisogna farlo ragionare, è necessario che comprenda, si deve portarlo a riflettere. Ma è stato anche capito che c’è una strategia relazionale, bisogno di controllo, sfida, provocazione, pretese. Si è cercato l’evento critico; e qui, problematicamente, pochi hanno colto la rilevanza che il lavoro assume nel caso, come leva per concordare un possibile obiettivo nella psicoterapia, o come test per constatare l’impossibilità di un accordo. Lo sforzo di fare ipotesi – comunque molto utile – spesso è andato in altre direzioni, dalla provocatorietà della passività dei genitori, alla possibile rottura di un equilibrio familiare perverso attraverso la posizione polemica del fratello, al senso dei 17 anni come svolta critica nella vita. Si è capito, più di una volta, che il setting ha, nel caso in esame, caratterizzato da una tendenza ad agire molto elevata, particolare rilevanza. In qualche caso, si è colto che sarà molto importante convenire con L. se è il caso di affrontare, e perché, una psicoterapia; sconfermando l’attesa che in nome dell’urgenza e della sofferenza la cosa non vada nemmeno discussa.
    kegi

  4. #1234
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    Riferimento: EDS Novembre 2010 - RIPASSO SERALE chi si unisce?

    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio
    Ecco il nuovo caso: prima sessione 2004 firenze.
    Uno psicologo svolge alcune sedute di consultazione con un paziente maschio, Mario, di 27 anni. dai colloqui risulta che:?è figlio unico?sviluppo psicofisico nella norma?genitori viventi e sani entrambi pensionati?frequenza scolastica 3° anno istituto tecnico industriale?professione: capo magazziniere in industria tessile di medie dimensioni?abitudini di vita regolare con ridotta progettualità e scarsi rapporti sociali?prima crisi all'età di 20 anni, mentre presta servizio militare, con sintomatologia caratterizzata da disorientamento spazio-temporale e sentimento di apprensione persistente?il soggetto arriva al consulto inviato dal proprio medico curante, si descrive come chiuso ed insicuro e lamenta disturbi gastrici, insonnia, senso di devalorizzazione.?di recente, un rapporto sentimentale che si protraeva da tre anni si è interrotto, riacutizzando idee di carattere persecutorio e di rifiuto.?
    Sulla base di informazioni presentate, il candidato indichi gli eventuali approfondimenti, formuli l'ipotesi e riferisca un piano terapeutico con gli obiettivi che si intende raggiungere. ??























    Il caso proposto riguarda un giovane di 27 anni che svolge alcune colloqui con uno psicologo in seguito all’invio del suo medico di base.
    Potrebbe a riguardo essere importante indagare sui motivi per cui inizialmente si era rivolto al medico e come poi il ragazzo abbia vissuto tale invio, cercando di capire le sue motivazioni al colloquio, le sue idee e aspettative su un eventuale trattamento, se il motivo per cui si sia presentato in questo momento dipenda da particolari eventi accaduti o dalla richiesta del medico.

    Dai colloqui si rileva che il ragazzo è figlio unico, con uno sviluppo psicofisico nella norma, genitori sani entrambi pensionati, è arrivato al terzo anno di un istituto tecnico professionale, attualmente svolge la mansione di capo magazziniere in un industria tessile. Emerge inoltre che il giovane ha abitudini di vita regolari, una ridotta progettualità e ridotti rapporti sociali. Ha interrotto poco tempo fa una relazione durata tre anni. Egli si descrive chiuso e insicuro. Riferisce di aver avuto la prima crisi a 20 anni, durante il servizio militare con sintomi quali disorientamento spazio/temporale e apprensione. Al colloquio si presenta lamentando disturbi gastrici, insonnia e devalorizzazione.
    Non emerge dai colloqui se il medico abbia escluso la possibilità che tale sintomatologia possa essere determinata da condizioni mediche generali o indotta dall’uso di sostanze. Potrei ritenere pertanto opportuno accertarsi che tali possibilità possano essere escluse.
    In seguito a tale accertamento, considerando che i dati in nostro possesso non sono comunque sufficienti per elaborare un’ipotesi diagnostica univoca, potrebbe essere utile proporre ulteriori colloqui per approfondire gli elementi già emersi e per portarne alla luce altri che potrebbero essere utili per inquadrare meglio il caso.

    La sintomatologia lamentata, come disturbi gastrici, insonnia, devalorizzazione, scarsi rapporti sociali e ridotta progettualità (utilizzando come riferimento il DSM IV) potrebbero portare ad ipotizzare un disturbo che potrebbe appartenere alla sfera dei disturbi dell’umore. Altri sintomi come la presenza di idee a carattere persecutorio o di rifiuto, riacutizzate in seguito alla fine di una relazione, potrebbero far pensare a problematiche nell’area psicotica. Riguardo alla prima crisi avvenuta 7 anni prima la sintomatologia di disorientamento spazio-temporale e continuo senso di apprensione potrebbero esprimere un quadro clinico di tipo ansioso. Si tratta in ogni caso di ipotesi e, per questo, suscettibili di falsificazioni.
    Riguardo alla sintomatologia descritta mancano degli elementi che potrebbero servire per una valutazione più accurata della situazione in modo da poter formulare delle ipotesi interpretative e un piano di intervento più accurati. Per questo potrebbe essere utile sapere quando, in che circostanze e con quale frequenza si verificano i sintomi lamentati, da quanto tempo siano presenti, se vi siano situazioni in cui essi si presentano più frequentemente e se per tanto egli abbia evitato tali circostanze particolari, se abbia mai messo in atto strategie per affrontare i suoi disagi ed, eventualmente, con quali esiti, se i sintomi siano cambiati nel tempo o ve ne siano aggiunti altri, se abbia mai intrapreso precedenti trattamenti terapeutici o farmacologici ed eventualmente con quali risultati, quanto, infine, il suo funzionamento lavorativo, sociale e relazionale sia stato compromesso dai suoi sintomi. Potrei ritenere importante indagare se vi siano stati recenti eventi critici, il ragazzo infatti parla della rottura di un rapporto sentimentale durato 3 anni che ha riacutizzato idee a carattere persecutorio. Questo potrebbe far pensare che vi siano stati in passato altri episodi di tal genere, riterrei opportuno indagare tale possibilità insieme al contenuto delle idee. Potrebbe essere opportuno verificare se il giovane ritiene vere le sue idee persecutorie, o se mantiene un adeguato esame di realtà, questo al fine di prendere in considerazione la possibilità che non si tratti di disturbo nell’area psicotica. Indagherei sulle motivazioni della rottura della relazione, quanto tempo fa è accaduto, se abbia comportato altri sintomi nel ragazzo, se la ragazza era al corrente dei disagio del giovane ed eventualmente come vi reagiva. Potrebbe essere importante indagare altri aspetti della vita del giovane, ad esempio riguardo alle motivazioni per cui ha abbandonato la scuola, per poi passare alla sua attuale situazione lavorativa, come si trova con i colleghi, come svolge il suo lavoro, se questo possa essere influenzato dalla sua situazione, se è soddisfatto del suo ruolo, se il senso di apprensione costante crei eventuali difficoltà sul lavoro o in altri ambiti, ammesso che sia ancora presente o che sia stato episodio isolato alla sola manifestazione durante il servizio militare. Potrebbe inoltre essere importante soffermarsi sul rapporto con i genitori, sulla comunicazione tra loro, arrivando ad indagare come fosse la vita sociale del giovane prima dell’insorgere delle problematiche.

    Nel corso di ulteriori colloqui per approfondire gli elementi citati potrei ritenere utile sottoporre il giovane ad alcuni test psicodiagnostici, come un questionario MMPI-II per avere un quadro generale della personalità del soggetto ed eventualmente a test per valutare il livello dell’ipotetico disturbo dell’umore.

    Nel caso in cui, da ulteriori indagini, emergessero elementi che portassero alla conferma dell’ipotesi iniziale di disturbo nell’area depressiva, potrei proporrei l’invio ad un terapeuta per un eventuale trattamento individuale di sostegno, i cui obiettivi potrebbero essere quelli di rafforzare l’Io del giovane, aumentare l’autostima, riorganizzare le sue risorse, migliorare la motivazione, per investire nei suoi progetti futuri e nelle relazioni sociali.
    Inoltre se dai successivi accertamenti si rilevasse una gravità nella sintomatologia potrei ipotizzare di considerare l’invio ad una psichiatra, per un eventuale trattamento farmacologico.


    Cosa manca? o Cosa eccede?
    Il caso riguarda un giovane, Mario di 27 anni, figlio unico, sviluppo psicofisico nella norma, genitori viventi e sani, pensionati. Il giovane svolge il lavoro di capo magazziniere in un'azienda tessile di medie dimensioni, ha come frequenza scolastica il 3 anno dell'istituto tecnico industriale. Ha abitudini di vita regolari con ridotta progettualità e scarsi rapporti sociali. Ha presentato la 1 crisi durante il servizio militare all'età di 20 anni, con la seguente sintomatologia: disorientamento spazio-temporale e sentimenti di apprensione persistenti. Il soggetto, inviato dal proprio medico curante, si descrive come "chiuso" ed insicuro, lamenta disturbi gastrici, insonnia, senso di devalorizzazione. La recente rottura di un rapporto sentimentale ha riacutizzato idee persecutorie e di rifiuto.
    Poichè il giovane è stato inviato dal suo medico curante, sarebbe importante indagare la sua motivazione al colloquio, le sue aspettative riguardo esso, se ha ricevuto precedenti trattamenti terapeutici o farmacologici (eventualmente come li ha vissuti e che risultati ha ottenuto, valutare se eventuali fallimenti siano reali).
    Sarebbe utile approfondire la sintomatologia del paziente: sappiamo che ha avuto la prima crisi all'età di 20 anni durante il servizio militare, sarebbe importante sapere con che frequenza si son presentate le altre crisi e in che circostanze, le strategie fin ora utilizzate (se presenti), il vissuto del soggetto riguardo i propri sintomi, come gli altri reagiscano ad essi, le sfere compromesse dal disturbo. Poichè il paziente è stato inviato dal medico curante si potrebbe escludere la presenza di quadri morbosi legati a condizioni mediche o ad abuso di sostanze.
    Sarebbe importante indagare tutta la sfera affettivo-relazionale del paziente. Investigherei i motivi della rottura del rapporto sentimentale, com'era tale rapporto prima della rottura. Come la partner vivesse e reagisse ai sintomi del ragazzo (o se eventualmente non ne fosse a conoscenza). Approfondirei le idee persecutorie e di rifiuto del giovane, in cosa consistano e come si presentino. Se le idee persecutorie e di rifiuto si presentassero sotto forma di deliri sarebbe fondamentale valutare quanto il ragazzo creda nella realtà-verità dei suoi deliri. Tale valutazione permetterebbe di individuarne il livello di gravità (DETTO TRA NOI: idee persecutorie e di rifiuto potrebbe significare che il ragazzo pensa sono uno sfigato, tutti ce l'hanno con me, sono un incapace...nn combinerò mai un cazzo nella vita-pensieri disfunzionali tipici anche dei depressi-oppure c'è un disegno divino superiore contro di me o altre idee più su delirante-psicotico).
    Indagherei i rapporti con i genitori, che poiché pensionati si può supporre siano anziani, per conoscere il tipo di attaccamento e lo stile educativo ricevuto, eventuali problemi familiari e comunicazionali (data pure l'appartenenza a due generazioni diverse). Approfondirei i motivi della ridotta progettualità e degli scarsi rapporti sociali, considerando l'ipotesi di una situzione familiare iperprotetta che ha potuto creare una difficoltà nello sviluppo della progettualità, della costruttività, un blocco nel bisogno di esplorazione ed espansione del giovane.
    Indagherei anche il suo funzionamento lavorativo, cioè le relazioni intrattenute con i colleghi, con il capo, le condizioni lavorative e relazionali e se queste influiscano sulla soddisfazione ed autostima del giovane.
    Indagherei le capacità di fronteggiare le difficoltà e le risorse al trattamento del paziente.
    Le informazioni a disposizione riportate nel testo permettono di formulare solo delle ipotesi, poiché il paziente è stato inviato dal medico curante escluderei la presenza di quadri morbosi legati a condizioni mediche o abuso di sostanze, allora ipotizzerei un disturbo d'ansia o/e dell'umore. Dal momento che quella di partenza è solo una ipotesi e quindi suscettibile di falsificazione, riterrei necessario effettuare gli approfondimenti su esposti. Inoltre somministrerei un test di personalità autodescrittivo (MMPI-2) ad ampio raggio x evidenziare eventuali aree disfunzionali o eventualmente avvalorare le nostre ipotesi di partenza. Somministrerei anche il CBA e il BDI per approfondire l'eventuale presenza di sintomi depressivi.
    Fatti tali approfondimenti avremo un quadro più completo per decidere se e quale tipo di intervento psicoterapeutico intraprendere, considerando ovviamente le “caratteristiche” del soggetto, il tipo specifico di disturbo ed il momento che la persona sta vivendo. Se da tali approfondimenti venisse confermata l'ipotesi iniziale potrebbe essere opportuno indirizzarsi verso una terapia individuale di tipo espressivo, i cui obiettivi potrebbero essere quelli di rafforzare l'Io del giovane, aumentarne l'autostima per un maggior investimento nei progetti futuri e nelle relazioni sociali. Se, invece, dagli accertamenti effettuati si rivelasse una gravità della sintomatologia sarebbe opportuno indirizzare il giovane da uno psichiatra per un eventuale trattamento farmacologico.

    oioi mi fa troppa fatica leggere tutte ste soluzioni, comunque ho sorvolato in maniera veloce e mi pare di aver capito che potrebbe essere sia ansia che depressione no? si mettono allora entrambe le ipotesi?

    bella, io vado a fare la personalitÀ (per forza!!!!!!!!!!!!!!!!!!!) ok? ci si sente dopo su quella ok?
    abbiamo novita sul caso doc di ieri sera?

    a dopo allora

  5. #1235
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    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio
    9 settembre - PSICOLOGIA CLINICA - VECCHIO ORDINAMENTO, A – Z (R.M. PANICCIA)

    IL CASO DI L.
    Entro la domanda vengono sempre agite, da parte di chi la pone, neo-emozioni, alla cui base si può ipotizzare la fantasia di possedere, quale emozione che regge la relazione con gli oggetti. Possedere e scambiare sono le due modalità con cui si può strutturare la relazione con la realtà: realtà confusa con le proprie fantasie nel possedere, riconosciuta come estraneo nello scambio produttivo. Entro il rapporto con chi è confuso con le proprie fantasie, il possesso si esprime quale intenzione di determinare il comportamento dell’altro, di condizionarlo; oppure, di essere guidati, orientati, condizionati dall’altro. Si tratta del potere dell’uno sull’altro, visto nelle due direzioni: di chi esercita il potere o di chi lo subisce, desiderandolo. La relazione di potere, d’altro canto, si scontra con l’impossibilità di realizzare la fantasia che lo sostanzia. Il potere dell’uno sull’altro pretende d’annullare i soggetti della reazione, ma questo annullamento, di sé o dell’altro, non è possibile. Si può costruire l’illusione di una sua realizzazione, ma lo smacco è sempre in agguato. Di qui il sentimento d’impotenza, che rappresenta l’altra faccia della fantasia di potere. Possedere l’altro o farsi possedere tramite il potere, sono modi per esorcizzare il sentimento d’impotenza, che sta alla base del mancato riconoscimento dell’estraneo. Senza l’estraneo, la sostituzione del mondo esterno con quello interno, l’agito confusivo delle proprie fantasie entro la realtà contestuale, conduce inevitabilmente all’impotenza. Questo è il motivo per cui abbiamo definito, quale obiettivo dell’analisi della domanda e più in generale dell’intervento psicologico clinico, lo sviluppo. Senza il riconoscimento dell’estraneo, che comporta l’impegno produttivo entro la relazione contestuale, si ricade inevitabilmente entro l’emozione d’impotenza.
    A volte la domanda rivolta allo psicologo ha, quale sua finalità, l’imbrigliare anche lo psicologo entro la rete dell’impotenza. Vediamone un esempio, nel caso resocontato da una collega durante un lavoro di formazione.

    Il giovane uomo depresso. L., un giovane uomo di 26 anni, telefona ad una psicologa e prende un appuntamento, ma il giorno convenuto non si presenta, né in seguito dà più notizie di sé. Passato un mese, citofona allo studio della psicologa, insistendo per incontrarla subito, spiegarle il suo problema e iniziare una psicoterapia. La psicologa propone invece che ritelefoni, per fissare un appuntamento. Quando si incontrano per il primo colloquio, L. dice che il suo problema dura da 9 anni, che è stanco di soffrire, che ha già provato di tutto: psichiatri, psicologi, psicoterapie, ha cambiato un sacco di farmaci; da circa due mesi è seguito da uno psichiatra, che gli ha consigliato di parlare con uno psicologo. Lui è stato d’accordo, perché con i soli farmaci sta peggiorando. Sospira: “Nessuno può aiutarmi…”. Dice che è esasperato dal suo malessere, che si acuisce sempre più. Non riesce a riprendere il lavoro: “Non riesco a capire il motivo di questo blocco, del mio rifiuto, rischio di perdere lo stipendio.”. “La mia depressione è iniziata quando avevo 17 anni, mi si appannava la vista, ero angosciato di tutto, non avevo voglia di uscire. Ho iniziato a lavorare, ma si può dire che in media ci andavo tre, quattro mesi all’anno, tra malattie e permessi vari”. “Sono patito di macchine e motociclette, andavo a lavorare soprattutto per questo, adesso sono sempre più angosciato all’idea di poter perdere il lavoro”. “Ho una ragazza, ma non la amo”. Ha un gruppetto di amici, di cui lui è il leader, “perché con loro mi faccio forte e mostro un altro volto…non sanno che soffro di depressione”. In famiglia i genitori lo comprendono: non è così per il fratello maggiore, che: “Dice che sono un fannullone e ne approfitto perché a casa non fanno storie”. Ultimamente si sente un po’ meglio con i farmaci che gli prescrive lo psichiatra, “Ma lui è troppo impegnato, io ho bisogno che qualcuno mi segua da vicino”.

    Ecco una persona che vive nell’illusione dell’onnipotenza (“nessuno mi può aiutare”), fondata sulla convinzione di poter rendere impotente chi si prova, o riesce a costringere, nel compito dell’aiuto. Chiede aiuto, ma con l’obiettivo esplicito di far fallire chi s’impegna nell’impresa. La persona presenta, se si guarda al suo caso dal punto di vista psichiatrico, o se si vuole diagnostico, chiari tratti psicotici.
    Guardando alla dinamica della domanda, emergono altri aspetti. In particolare, due aree problematiche importanti: il rapporto con la psicologa - motivato dallo star male, dalla depressione, dai contatti con la psichiatria e con i farmaci - e il lavoro. In quest’ultima area, L. ha provato ad imporre la sua onnipotenza (andava a lavorare tre o quattro mesi l’anno), ma ora che non riesce nemmeno ad avvicinare il luogo del lavoro, teme di perdere il posto. Al lavoro, in altri termini, sente di aver a che fare con un limite all’onnipotenza, con una risposta di realtà alla sua pretesa di rendere impotente chiunque: il licenziamento.
    Anche la psicologa ha iniziato la relazione con questa persona richiamandola alla realtà, con la richiesta di un appuntamento; sconfermando la pretesa onnipotente che lei sia a sua totale disposizione. Ora avrà due possibili modalità di conduzione dell’analisi della domanda: interessarsi alla storia clinica dell’uomo, al suo malessere, alla sua angoscia, alla sua vista appannata, ai suoi miglioramenti e peggioramenti; oppure, e qui la contrapposizione è chiara, potrà affrontare il problema del lavoro, delle fantasie che lo alimentano. Dichiarando di investire sulla condizione lavorativa, quale unico rapporto che L. vive con la realtà. Sconfermare l’attesa che ci si occupi di lui come malato, indicare nel rapporto con il lavoro l’ancoraggio di un possibile percorso psicoterapeutico, propone ad L. una scelta iniziale rilevante. Scelta che concerne le due aree della domanda prima evocate: l’istituirsi di una cronicità di malato (si badi: non tutta interna a un processo individuale di deterioramento mentale, ma come modo di adattamento sociale), oppure l’investire su una qualche forma di produttività e di scambio, che la psicoterapia potrà proporsi di individuare e costruire. Malattia come modo di adattamento sociale, dicevamo; L. infatti propone diverse situazioni di vita ove come malato ha avuto risposta alle sue pretese: in primo luogo la famiglia, ma anche il lavoro, sino ad oggi. In tutti questi contesti, d’altro canto (includiamo anche la ragazza e gli amici) l’equilibrio è critico, c’è un tempo che scorre, situazioni che mutano: i genitori invecchiano, i gruppi adolescenziali hanno, anche in un’illusione di eterna giovinezza, fine. Si potrà, con L., valutare quali cambiamenti problematici prevede, o ha già constatato, oltre all’evento critico “lavoro”.
    Nell’analisi della domanda, anche in questo caso, in cui la componente psicotica appare evidente, sulla posizione diagnostica prevale l’accordo sugli obiettivi di lavoro, o la chiusura del rapporto in base a una valutazione di inopportunità, da parte di chi pone la domanda, sul perseguirli. Nel caso di L., la psicologa, se riuscirà nell’impresa di convenire con lui obiettivi di sviluppo, cosa probabilmente difficile vista la lunga carriera d’onnipotenza di L. e i successi ottenuti nel campo, potrà impegnarsi con lui nella difesa dell’estraneità della situazione lavorativa e del potere della competenza, dalla dinamica onnipotenza-impotenza.
    Qualche nota sul modo in cui è stato affrontato il compito. La provocatorietà di L. ha suscitato molta irritazione e prodotto prediche (controllo impotente!): non si impegna, non ha volontà di guarire, non si prende responsabilità; bisogna farlo ragionare, è necessario che comprenda, si deve portarlo a riflettere. Ma è stato anche capito che c’è una strategia relazionale, bisogno di controllo, sfida, provocazione, pretese. Si è cercato l’evento critico; e qui, problematicamente, pochi hanno colto la rilevanza che il lavoro assume nel caso, come leva per concordare un possibile obiettivo nella psicoterapia, o come test per constatare l’impossibilità di un accordo. Lo sforzo di fare ipotesi – comunque molto utile – spesso è andato in altre direzioni, dalla provocatorietà della passività dei genitori, alla possibile rottura di un equilibrio familiare perverso attraverso la posizione polemica del fratello, al senso dei 17 anni come svolta critica nella vita. Si è capito, più di una volta, che il setting ha, nel caso in esame, caratterizzato da una tendenza ad agire molto elevata, particolare rilevanza. In qualche caso, si è colto che sarà molto importante convenire con L. se è il caso di affrontare, e perché, una psicoterapia; sconfermando l’attesa che in nome dell’urgenza e della sofferenza la cosa non vada nemmeno discussa.
    uffa, quindi l ipotesi qualÈ ????????????????? non ci ho capito nulla, scusate.............. ma psicotico non mi sembra per nulla, voi? quindi che si mette?

  6. #1236
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    Riferimento: EDS Novembre 2010 - RIPASSO SERALE chi si unisce?

    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio
    Adriana chiede presso un servizio territoriale un appuntamento con uno psicologo. A. è una bella donna di 35 anni con un viso solare che trasmette tranquillità, appare dolce e gentile. È laureata in scienze religiose e insegna questa materia in una scuola elementare. Tale lavoro le piace molto. È stata inviata al servizio dal ginecologo al quale la donna si era rivolta per problemi di ordine sessuale. Riferisce di essersi separata da circa 2 anni,attualmente il marito le ha chiesto l’annullamento del matrimonio. La coppia ha un bambino di 4 anni. Adriana racconta di aver subito un abuso sessuale all’età di 9 anni da parte del marito della sorella della madre che ancora oggi vive nel palazzo dove vivono i genitori di Adriana. Adriana pensa che questo è il motivo x cui ha difficoltà ad avere rapporti.
    Il candidato indichi le aree da approfondire, un inquadramento psicodiagnostico e un piano di trattamento.
    Adriana chiede presso un servizio territoriale un appuntamento con uno psicologo. A. è una bella donna di 35 anni con un viso solare che trasmette tranquillità, appare dolce e gentile. È laureata in scienze religiose e insegna questa materia in una scuola elementare. Tale lavoro le piace molto. È stata inviata al servizio dal ginecologo al quale la donna si era rivolta per problemi di ordine sessuale. Riferisce di essersi separata da circa 2 anni,attualmente il marito le ha chiesto l’annullamento del matrimonio. La coppia ha un bambino di 4 anni. Adriana racconta di aver subito un abuso sessuale all’età di 9 anni da parte del marito della sorella della madre che ancora oggi vive nel palazzo dove vivono i genitori di Adriana. Adriana pensa che questo è il motivo x cui ha difficoltà ad avere rapporti.
    Il candidato indichi le aree da approfondire, un inquadramento psicodiagnostico e un piano di trattamento.

    Il caso tratta di Adriana, una giovane donna di 35 anni che arriva alla consultazione dallo psicologo su invio del ginecologo alla quale si era rivolta per problemi di natura sessuale. Adriana riferisce di essere laureata in scienze religiose e di insegnare questa materia in una scuola elementare, traendo dal lavoro molta soddisfazione. Dice di essersi separata da circa due anni dal marito, il quale recentemente le ha chiesto l’annullamento del matrimonio, e di avere con lui un bambino di 4 anni.
    Adriana riferisce di essere stata vittima di un abuso sessuale all’età di 9 anni da parte dello zio materno che ancora oggi vive nel palazzo dove abitano i suoi genitori, e attribuisce a ciò la ragione per cui ha difficoltà ad avere rapporti.

    Dal colloquio iniziale il principale problema che sembra emergere è il problema sessuale di Adriana, problema di cui però non ne viene specificata la natura (si potrebbe trattare di un disturbo del desiderio sessuale, dell’eccitazione sessuale, dell’orgasmo o di un disturbo da dolore sessuale). Escludendo l’origine organica del disturbo sessuale (dal momento che si tratta di un invio da parte di un ginecologo), occorrerebbe indagare l’eventualità che la donna faccia o abbia fatto uso di sostanze per poter escludere anche la possibilità che i problemi lamentati non siano ad esso riconducibili.
    Le informazioni disponibili nel resoconto non consentono però di formulare un’ipotesi diagnostica univoca e sicura, non suscettibile di falsificazioni, e di conseguenza di stabilire con certezza l’eventuale piano di intervento psicoterapeutico più adeguato allo specifico caso in esame. Riterrei pertanto opportuno proporre alla donna un ciclo di incontri durante i quali approfondire, attraverso lo strumento del colloquio clinico e la somministrazione di test adeguati, la conoscenza della sua situazione clinica e ottenere così le informazioni necessarie a stabilire, eventualmente, il piano di intervento terapeutico più adeguato ed accurato. Potrei somministrare un test di personalità ad ampio spettro, quale l’MMPI-2, ai fini della rilevazione delle principali caratteristiche strutturali di personalità, di eventuali disordini di tipo emotivo e di eventuali aree disfunzionali; e il SESAMO per la rilevazione dei fattori psicologici della vita sessuale.

    Per prima cosa un aspetto di primaria importanza che merita di essere approfondito è l’analisi della domanda, dove si cerca di individuare le caratteristiche e la qualità della domanda che la donna sta formulando, si cerca di capire se essa coincide o meno con quella espressa verbalmente e in modo esplicito, esplorando le aspettative, i bisogni e le motivazioni, consce e inconsce, che essa sottende. Il tipo di domanda determina infatti la comprensione del disturbo, consente di comprendere il senso della richiesta formulata dalla paziente, spostando l’attenzione dai sintomi dichiarati alla sintomatologia espressa, ed è alla base degli obiettivi e del percorso psicoterapeutico eventualmente scelti.
    In questa prospettiva, mi sembra importante operare una riflessione sul fatto la richiesta di aiuto non sia direttamente riconducibile alla donna, inviata alla consultazione dal ginecologo al quale si era inizialmente rivolta. Occorrerebbe quindi esplorare le aspettative e le motivazioni della donna verso il colloquio, conoscere come si pone nei confronti del problema e dell’ipotesi di un eventuale percorso psicoterapeutico volto ad acquisire una migliore conoscenza di sé e delle proprie problematiche.
    Mi sembrerebbe importante conoscere se la donna si sia presentata autonomamente al colloquio o se, invece, sia stata accompagnata da qualcuno (e in questo caso da chi), allo scopo di conoscere il suo livello di autonomia. Mi pare opportuno, inoltre, sapere come mai la donna stia formulando una richiesta di aiuto proprio ora: si potrebbe ipotizzare che si tratti di un momento particolare, “di passaggio”, della sua vita, di cambiamento, come si evince dal fatto che l’ex marito, attualmente, le ha chiesto l’annullamento del matrimonio.

    Dopo un’adeguata analisi della domanda del paziente, mi sembrerebbe opportuno indagare da quanto tempo la donna lamenta problemi di ordine sessuale, allo scopo di valutare il livello di gravità del disturbo e il periodo della vita in cui è insorto il disagio. In questa prospettiva, la conoscenza delle circostanze di insorgenza del disturbo consentirebbe di stabilire dei collegamenti simbolici fra i fattori scatenanti e il disagio arcaico e profondo espresso dal soggetto.
    La donna collega i suoi problemi sessuali all’abuso sessuale che riferisce di aver subito all’età di nove anni da parte dello zio materno: mi sembrerebbe pertanto importante raccogliere informazioni sull’eventuale stupro subito al fine di ottenere un quadro evolutivo del disagio e dello sviluppo della personalità della donna. Si potrebbe indagare il modo in cui la donna abbia vissuto la faccenda, quali strategie abbia utilizzato per rispondere al disagio, evidenziando quali sono da alimentare perché funzionali e quali invece sono da eliminare perché alimentano il malessere. Sarebbe opportuno conoscere se la donna abbia, prima di ora, parlato con qualcuno dell’eventuale abuso subito e se sia riuscita in qualche modo ad elaborarlo. Appare in questa prospettiva importante conoscere se i membri della famiglia di Adriana, in primo luogo i genitori e l’ex marito, siano a conoscenza dell’eventuale trauma subito e che tipi di significati vi associno. Appare anche importante conoscere i rapporti attuali di Adriana con lo zio, che vivendo nello stesso palazzo dei genitori, molto probabilmente le capita di incontrare, e i vissuti che la donna prova nei suoi confronti: rabbia? vergogna? vendetta? pena?
    Indagherei la rappresentazione che la donna ha di Sé e la possibilità che i sentimenti distruttivi che la donna forse prova nei confronti dello zio vengano rivolti verso di Sé, alimentando sentimenti autosvalutativi e autodistruttivi.

    Esplorerei la natura del disturbo sessuale di Adriana (disturbo del desiderio, dell’eccitazione, dell’orgasmo o del dolore sessuale?), il suo contesto situazionale e i fattori psicologici sottostanti e correlati. Indagherei la possibilità che la donna possa provare sensi di colpa per il piacere sessuale durante il rapporto, che potrebbe essere percepito come “qualcosa di cattivo”, che rimanda ad un’esperienza traumatica. Se Adriana ritiene che “l'origine dei suoi mali” sia riconducibile all'esperienza dell'abuso sessuale subito, si può ipotizzare che ella abbia sviluppato, anche inconsciamente, una sorta di equazione sesso= oggetto cattivo che abbia poi generalizzato ai rapporti con il marito, danneggiandone inevitabilmente la qualità? Indagherei quindi la presenza di transfert dello zio verso l’ex marito che potrebbero aver ostacolato il rapporto.

    Sarebbe importante approfondire la conoscenza della natura del rapporto di Adriana con l’ex-marito, allo stato attuale delle circostanze, e in precedenza, durante il matrimonio. Indagherei sui motivi che sottostanno alla fine del loro matrimonio e sulla possibilità che questi possano essere eventualmente collegati ai problemi sessuali della donna. Sarebbe importante anche conoscere se i coniugi abbiano sviluppato una decisione condivisa sulla fine del loro rapporto o se, invece, uno dei due abbia deciso per entrambi, ed approfondire i vissuti della donna nei confronti del marito e dell'elaborazione del lutto del matrimonio. Indagherei anche i vissuti materni della donna nei confronti del figlio e la presenza di eventuali sensi di colpa nei suoi confronti, per non essere riuscita a “tenere insieme” il suo matrimonio.

    Ai fini di una migliore conoscenza generale del caso, mi sembrerebbe opportuno indagare il contesto sociale della donna, di cui non si sa praticamente nulla, e quello lavorativo: conoscere se l’insegnamento delle scienze religiose possa essere considerato una sorta di sublimazione dei contenuti sessuali e aggressivi inaccettabili, e se la gratificazione e la soddisfazione che la donna trae dal proprio lavoro è compensatrice di difficoltà e disagi nella sfera privata ed affettiva. Sono tutte ipotesi aperte, alle quali non è possibile fornire una risposta adesso, e che pertanto dovranno essere opportunamente vagliate.

    Infine, mi sembra opportuno conoscere il grado di funzionamento generale della donna nei diversi contesti e il livello di funzionamento premorboso; gli stili difensivi maggiormente utilizzati; l’esame di realtà; il livello di funzionamento, strutturazione e integrazione dell’IO. La valutazione di alcune funzioni chiave dell’IO, come la capacità di controllo degli impulsi, di giudizio e di mentalizzazione, consentirebbe di avere una maggiore conoscenza delle risorse individuali che possono favorire lo sviluppo della relazione fra la donna e il suo contesto di vita.

    Una volta fatti tutti gli approfondimenti diagnostici del caso, potrei collocare il disturbo della donna all’interno di un quadro psicodiagnostico più preciso e definito e decidere se e quale tipo di intervento psicoterapeutico eventualmente proporre. Qualora, nel corso dei colloqui, emergesse una motivazione da parte della donna ad intraprendere un percorso psicologico su se stessa, sarebbe opportuno indirizzarla verso una terapia di tipo supportivo-espressiva a stampo psicodinamico, che miri inizialmente a rafforzare l’Io, strutturarlo e definirlo maggiormente; migliorare l’investimento sulla realtà; abbassare le quote d’angoscia; migliorare la rappresentazione di sé qualora fosse svalutante. Solo in un secondo momento, dopo aver offerto sostegno e supporto concreto, potrebbe essere possibile indirizzare la terapia verso il polo espressivo, con l’obiettivo principale di favorire un processo di presa di coscienza, rielaborazione e simbolizzazione delle proprie problematiche.
    kegi

  7. #1237
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    ciao ragazze!

    qualcuno ha dei casi sui disturbi di personalitÀ ??????????????

    comunque, quali TEST e INTERVENTI psicologici e terapeutici si potrebbe mettere nei disturbi di personalitÀ ????????????

    aiutooooooooooo

  8. #1238
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    kegi ci sei???

  9. #1239
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    con quali TEST facciamo l approfondimento?

    io direi di mettere l MMPI-2 perche valuta la personalità in generale, giusto??? ma ce bisogno di specificare qualche scala in particolare??? te che dici? oltre al mmpi che si puo mettere?

  10. #1240
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    ciao ragazze!

    qualcuno ha dei casi sui disturbi di personalitÀ ??????????????

    comunque, quali TEST e INTERVENTI psicologici e terapeutici si potrebbe mettere nei disturbi di personalitÀ ????????????

    aiutooooooooooo

    io ho capito questo:

    MMPI-2 test per la personalità, inventario autodescrittivo ad ampio raggio...
    scala d = dep
    scala hs= ipocondria
    scala sc=schizof
    scala hy=isteria
    scala ma=mania
    scala mf=mascolinità femminilità
    scala pt= permette di valutare ossessioni e compulsioni-fobie e ansia generalizzata( DA VERIFICARE, NON HO CERTEZZA)
    scala di contenuto ANX =ansia
    dep= dep
    le scale sono se uno vuole approfondire sennò va bene MMPI-2 in generale giusto?


    rorscharc = (se la valutazione è psicodinamica, giusto?)=fornisce info sulla personalità

    SCID I = intervista semistrutturata per valutare la presenza o assenza di disturbi sull'asse I

    SCID II= intervista semistrutturata per valutare i disturbi di personalità dell'asse II

    ti torna?

    io non entro nei dettagli anche perchè tutti i test non li saprò mai.......
    Ultima modifica di kegi7929 : 15-01-2011 alle ore 12.38.26
    kegi

  11. #1241
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    Allora della personalità gruppo A che si sa?

    DISTURBO PARANOIDE

    DISTURBO SCHIZOIDE

    DISTURBO SCHIZOTIPICO

    propongo di "buttare" delle info anche in generale per vedere che si sa..........

    iniziamo dal paranoide?
    kegi

  12. #1242
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    Citazione Originalmente inviato da kegi7929 Visualizza messaggio

    io ho capito questo:

    MMPI-2 test per la personalità, inventario autodescrittivo ad ampio raggio...
    scala d = dep
    scala hs= ipocondria
    scala sc=schizof
    scala hy=isteria
    scala ma=mania
    scala mf=mascolinità femminilità
    scala pt= permette di valutare ossessioni e compulsioni-fobie e ansia generalizzata( DA VERIFICARE, NON HO CERTEZZA)
    scala di contenuto ANX =ansia
    dep= dep

    rorscharc = (se la valutazione è psicodinamica, giusto?)=fornisce info sulla personalità

    SCID I = intervista semistrutturata per valutare la presenza o assenza di disturbi sull'asse I

    SCID II= intervista semistrutturata per valutare i disturbi di personalità dell'asse II

    ti torna?

    io non entro nei dettagli anche perchè tutti i test non li saprò mai.......


    allora nel mmpi ci sono anche 15 scale supplementari e 16 di contenuto che valutano anche una serie di altri aspetti oltre a definire il quadro clinico preciso.......

    comunque va bene l mmpi allora????? senza mettere specificazioni??????????

    la SCID II pure andrebbe bene allora, ma io so dire solo questo dimmi te se basta: la SCID II è un intervista semistrutturata per la valutazione diagnostica dei 10 disturbi di personalità dell asse II del DSM.IV stop

    per il rorschach sono indecisa....anche quello ci starebbe bene ma non so, visto che siamo a firenze..... pero si dai, secondo me si deve mettere, voi che dite?

  13. #1243
    Partecipante Figo L'avatar di kegi7929
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    PARANOIDE:

    io ho capito che è colui che ha sempre sospetti su tutto e tutti, che non si fida e che non accetta le critiche. che non si fida neppure del partner sessuale e degli amici........che si guarda sempre interno (valuta l'ambiente circostante), sono pocho amorevoli e che non ama confidarsi........
    kegi

  14. #1244
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    Allora della personalità gruppo A che si sa?

    DISTURBO PARANOIDE

    DISTURBO SCHIZOIDE

    DISTURBO SCHIZOTIPICO

    propongo di "buttare" delle info anche in generale per vedere che si sa..........

    iniziamo dal paranoide?
    Paranoide: estrema sospettositÀ e diffidenza nei confronti degli altri... 4 o piu sintomi... va bene sia mmpi che scid II e rorschach. per l intervento psicologico magari si puo lavorare sull autostima, gestione delle emozioni e potenziare le abilitÀ sociali visto che spesso i paranoici si ritirano per via della paura che gli altri siano ostili, no? invece l invio terapeutico È o cognitivo-comportamentale o sistemico familiare, ti torna?

    ah ho trovato la scala nel MMPI: la Pa misura la Paranoia, quindi si potrebbe specificare no?
    Ultima modifica di alexsugar : 15-01-2011 alle ore 12.48.43

  15. #1245
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    PARANOIDE:

    io ho capito che è colui che ha sempre sospetti su tutto e tutti, che non si fida e che non accetta le critiche. che non si fida neppure del partner sessuale e degli amici........che si guarda sempre interno (valuta l'ambiente circostante), sono pocho amorevoli e che non ama confidarsi........
    si esatto!!!

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