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  1. #16
    Megiston Matema
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Cara Chanel n° 5,
    non riesco a seguirti nella distinzione che fai fra vita reale e l’irrealtà dell’analisi; quella analitica è una relazione reale come tutte le altre, con delle sue caratteristiche precise dettate dallo scopo per cui si instaura quella relazione, dalle teorie implicite ed esplicite del partecipanti, dalle aspettative reciproche, dal ruolo dell’inconscio di ciascuno di loro in risonanza all’inconscio e all’impatto globale dell’altro, dall’evoluzione di questi eventi e dalla capacità della coppia di costruire questa relazione e di comprenderla.
    Ti dirò di più, è una relazione d’amore, ma di una forma particolare d’amore che non è quello fra due partner (perché è asessuato, perché può avvenire fra persone dello stesso sesso entrambe eterosessuali, perché è circoscritta ad un setting più o meno rigido, ecc.), né quello fra genitore e figlio, o fra fratelli. Ma se non ci fosse amore, forse il più potente motore psicologico, non ci sarebbe cambiamento, non ci sarebbe spostamento ... perché un paziente dovrebbe cambiare, infatti? Per la potenza e la pregnanza delle interpretazioni? Io credo che un paziente cambi fondamentalmente (ma è un’idea mia, dunque un’opinione personale) per amore del suo terapeuta; e un terapeuta riesce ad essere vicino al suo paziente solo per amore di quest’ultimo, non perché ha capito il meccanismo occulto del suo funzionamento, non per empatia, non perché adotta la tecnica più efficace in quel momento, non perché favorisce la mentalizzazione, o perché lo contiene, o perché lo ripara, o perché gli fa da oggetto-Sè o da madre sufficientemente buona e nemmeno perché gli facilita la funzione alfa. Un paziente si accosta a se stesso, riesce ad essere presente a se stesso, a divenire ciò che è, a riappropriarsi di sé e riaprire la sua dialettica interna creando le fondamenta per nuovi processi psichici solo per amore del suo terapeuta.
    Questo lo sapevano bene gli antichi greci che avevano istituito un processo educativo basato sull’amore fra un adulto (erastés) e un ragazzo (eromenos), processo che chiamavano askesis, all’interno del modello educativo denominato paideia. Un modello che l’avvento del cristianesimo (avverso all’amore omosessuale e fra adulti e bambini) ha modificato eliminandone accuratamente e chirurgicamente la componente sessuale.
    Per quanto mi riguarda, ritengo che in analisi sia importante vivere e comprendere chi vive e cosa sta vivendo, fuori dall’analisi possiamo illuderci che conoscere chi siamo e interrogarci sull’esperienza che stiamo vivendo non sia poi così importante, possiamo accontentarci di mezze verità, possiamo pure prenderci in giro ... anche per tutta la vita, se è necessario, sarà dura ma non impossibile. In fondo quando Freud parla di rimozione, di negazione, di forclusione di denegazione ... quando si parla di scissione, ecc. non si sta parlando altro che dei molteplici modi conosciuti dagli umani per ingannarsi. Ingannarsi al prezzo di precludersi parti di sé, della propria esperienza, di rinunciare a delle possibilità, a delle inclinazioni, a dei talenti.
    L’analisi come rifugio? Si, può succedere, ma bisognerebbe interrogarsi se è davvero analisi in tal caso. L’analisi è uno dei rapporti più inquietanti che esistano, perché mette ciascuno in contatto con i propri fantasmi, con ciò che di noi non vogliamo sapere, ma che non possiamo abbandonare perché è nostro. Per Bion in analisi dovrebbero esserci due persone molto spaventate; con questo non voglio fare terrorismo, ma ricordarti che quello analitico è un percorso inquietante, non una passeggiata nel bosco.
    In quanto terapeuta di coppia, io avrei accolto con entusiasmo la frase dell’ “astante” di amare la moglie così com’è, è il coronamento di tutto il mio lavoro con la coppia, non avrei avuto nessun imbarazzo nell’ascoltarla e nel valorizzarla ... mi pare strano che questo abbia potuto creare problemi a dei colleghi che lavorano con le coppie.
    “Prima di andare in analisi stavo benissimo?” ... mmmmmhh....
    Un saluto

  2. #17
    CHANEL Nr5
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Caro Megiston,
    invece secondo me il motore del cambiamento è la relazione, non l'amore.
    Infatti, spesso il transfert amoroso rappresenta un sintomo prodotto allo scopo di impedire all'analista di fare l'analista.
    Certo, non escludo che qualche analista si affezioni a qualche paziente.

    Penso invece che l'interpretazione rappresenti un momento di contatto fisico straordinario che modifica concretamente il paziente molto più di una fidanzata o una gravidanza nella vita reale.

    Ma mi rendo conto che lavorando con le coppie, a differenza degli analisti della serata a cui mi riferisco, tu debba considerare anche la parola 'amore' come riferimento popolare convenzionale (non a caso citi il Tasso e non Gianni Agnelli: "L'amore è roba da cameriere").
    Mi chiedo sempre che cosa spinga uno psicoterapeuta a lavorare con le coppie.
    Perché riunire ciò che è finalmente separato?
    ahahahah!!!!

    Se me lo racconti mi farai piacere.
    Grazie del tuo intervento.
    Ultima modifica di CHANEL Nr5 : 30-03-2011 alle ore 17.22.41

  3. #18
    Partecipante Esperto
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Non capisco il paragone tra una una gravidanza e un’interpretazione singola. Capirei l’insieme del percorso analitico, ma un singolo atto interpretativo mi incuriosisce.
    Immagino che tu abbia vissuto entrambe le esperienze: sarei curiosa di capire – se hai voglia di raccontarlo, naturalmente – il significato di questo paragone, e in cosa hai trovato che un’interpretazione sia stata concretamente molto più trasformativa rispetto ad una gravidanza, soprattutto più fisica, come affermi.

  4. #19
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Penso invece che l'interpretazione rappresenti un momento di contatto fisico straordinario che modifica concretamente il paziente molto più di una fidanzata o una gravidanza nella vita reale
    Parli forse ( o anche) della sensazione di "sentirti come un tutt'uno con l'altro", a proposito dell'effetto di alcune interpretazioni o silenzi, in questo passaggio?
    Una sensazione - per te - sconvolgente di "unità"?
    O qualcos'altro?

    Gaia

    Tessera n° 15 Club del Giallo

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  5. #20
    CHANEL Nr5
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Vedi, Giulietta, non c'è paragone, perché nella gravidanza si concepisce una creatura, mentre con l'interpretazione l'analista ci ingravida di noi stessi.

  6. #21
    CHANEL Nr5
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Sì, Rosa, esattamente quello che hai inteso: l'interpretazione è un'azione fisica.
    Come dice Quinodoz: Le parole toccano.

    E a differenza di quello che dice Megiston (ma davanti a uno strizzacervelli che pronuncia la parola 'amore' depongo le armi) l'interpretazione richiede competenza tecnica, anni di esperienza, un'analisi profonda, tempismo e senso del ritmo, sangue freddo, creatività, capacità di decidere in brevissimo tempo, analisi del controtrasfert e poesia, poesia infinita.

  7. #22
    Megiston Matema
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Cara Chanel n° 5,
    io sono uno psicoanalista relazionale, molte ricerche (e non solo psicoanalitiche) dicono che la relazione è il fattore terapeutico fondamentale in ogni terapia, la cura della relazione è riconosciuta già da qualche decennio persino dagli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali (alla Aaron Beck, per intenderci), si parla di relazione persino alla SPI ormai, i convegni ne sono pieni, mentre fino a qualche tempo fa era parola impronunciabile, in odore di eresia, si sentiva già l’acre odore del fumo degli autodafè al solo pronunciarla e il povero John Bowlby, che osava timidamente parlare di attaccamento (e non di relazione!) sentì le sue carni lambite da qualche fiamma, mentre altri cautamente si ammantavano sotto l’egida della “relazione d’oggetto”, che cercava di salvare la capra della metapsicologia con i cavoli delle relazioni umane. Dovrei in definitiva essere contento se tu mi citi la “relazione”, ma quando parliamo di relazione, di che cosa stiamo parlando? Perché il paziente che viene da me ha le sue belle relazioni, i pazienti non nascono sotto i cavoli e non li porta la cicogna, hanno un padre e una madre, talvolta anche fratelli, alcuni sono sposati o hanno un partner, degli amici, dei conoscenti, un lavoro, ... e nonostante tutte queste belle relazioni che intrattengono, stanno male lo stesso e decidono di rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Quindi la relazione di per sé non è sufficiente, anche se non necessariamente la relazione analitica è l’unica ad essere “terapeutica”, maturativa, evolutiva, per un soggetto, una buona relazione con un genitore, con un amico, o con un partner sono altrettanto efficaci e forse di più, perché in quei casi l’amore (quello della cameriera ) esiste già, la relazione è spontanea e precostituita, nella relazione analitica questo fatto è tutto in divenire, la struttura stessa di una analisi è li apposta per farlo emergere, ma non è detto che ciò avvenga.
    Per quale strano motivo poi ritieni che il transfert amoroso rappresenti “un sintomo prodotto allo scopo di impedire all'analista di fare l'analista” (si, lo so che c’è anche qualche mio collega che la pensa come te, ci parlo con i colleghi, ci litigo anche .... )? L’unica cosa, a mio parere, che possa impedire all’analista di fare l’analista è che il paziente interrompa l’analisi, poi qualsiasi cosa mi porti in seduta (transfert amoroso, silenzi cupi e ostinati, quelli che una volta si chiamavano “agiti”, palesi infrazioni del setting, ...) è per me utile ad interagire con lui e a svolgere il mio compito analitico.
    Quando parlo d’amore non mi riferisco ad “affezionarsi” al paziente, mi riferisco all’instaurazione di una relazione dove le dinamiche emotive e sentimentali sia del paziente sia dell’analista sono in gioco, sono in circolo e sono essenziali alla terapia. Spesso io parto dall’appropriarmi di una mia emozione in seduta per comprendere ciò che sta succedendo, la lego a qualcosa del paziente (ad una emozione corrispettiva, ad una sua azione, a ciò che sta dicendo) e da questa constatazione risaliamo insieme a quello che sta succedendo in quel momenti li fra di noi.
    Più che l’interpretazione (che io uso in maniera molto oculata e parca ... sarà che sono poco poetico, pur leggendo qualche poesia di tanto in tanto ) mi è capitato che qualche mia paziente mi abbia detto che (ahilei!) la mia voce era l’unica forma di contatto che poteva surrogare quello fisico a cui lei potesse aspirare ... ora, io sono scettico sul potere “modificante” dell’interpretazione, non potendo provare la gravidanza ... preferisco la fidanzata .
    Riguardo al mio lavoro con le coppie, mia Cara, io non “unisco” né “divido” nulla, non è questo il mio compito, non mi pongo il problema se la coppia debba o non debba stare insieme, queste sono cose che solo la coppia può decidere. Il mio compito è quello di aiutarli a comprendere ciò che sta accadendo fra di loro, cosa pensano davvero, cosa provano l’uno per l’altro, ... per il resto asseconderò qualsiasi cosa decidessero di fare della loro relazione.
    Un saluto.

    P.S. Leggo adesso la risposta che dai a Giulietta sulla differenza fra gravidanza e "fecondazione" analitica attraverso l'interpretazione; se fossi donna preferirei partorire un figlio piuttosto che partorire me stessa (che pure è importante). Perché partorire un figlio va oltre il partorire te stessa, e non sto parlando del parto fisico, che qualsiasi donna in età fertile può sperimentare se incontra un partner altrettanto fertile, parlo metaforicamente dove credo che partorire l'altro da te sia un passo maturativo successivo al partorire te stesso. Ma Giulietta stessa è molto più chiara di me su questo punto nei suoi ultimi interventi sul forum: Transfert o relazione, quando parla di amore e di creare lo spazio interiore per poter accogliere l'altro così com'è, nella sua alterità, senza necessariamente volerlo a nostra immagine o senza considerarlo necessario.
    Ultima modifica di Megiston Matema : 30-03-2011 alle ore 19.21.26

  8. #23
    Partecipante Esperto
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Capisco. Lo trovo perentorio, ho vissuto entrambe le esperienze e non mi ci ritrovo, ma grazie lo stesso della risposta.

  9. #24
    CHANEL Nr5
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Megiston sai bene che il paziente di un analista freudiano ha l'inconscio freudiano e il paziente di un analista junghiano ha l'inconscio junghiano!!
    Un abbraccio e grazie della lezione che malgré toi ho trovato poetica.

  10. #25
    Partecipante Assiduo L'avatar di ludovicamaria
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Qual' è la giusta relazione, una vicinanza o una distanza dal terapeuta? Ogni scuola ha un suo metodo e come ha scritto Megiston Matema anche gli psicanalisti (e i cognitivo comportamentale) si sono avvicinati (non troppo però) all'importanza della relazione (poi ognuno secondo i suoi bisogni e le sue simpatie sceglie la strada più giusta). Per quanto riguarda la terapia in sè, la sua finalità è quella di portare il cliente a rapportarsi con gli altri per poi riappropriarsi di sè . La terapia è un mezzo non è un fine perchè LIMITANTE NELLA RELAZIONE non ti permette di vivere un rapporto autentico di SCAMBIO di sentimenti di emozioni e di esperienze. Questo è un grande limite (oppure un pregio per alcuni) delle psicoterapie in generale.

  11. #26
    Postatore Epico L'avatar di RosadiMaggio
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    La terapia non ti permette di vivere un rapporto autentico di SCAMBIO di sentimenti di emozioni e di esperienze
    Per molti, la terapia, è il primo spazio di condivisione sperimentato, cosa che permette pian piano, di rientrare in contatto con le proprie emozioni e sentimenti più profondi ed autentici, rendendoli conoscibili e comunicabili, nella loro autenticità, accedendo ad un livello di scambio intersoggettivo prima sconosciuto. E' particolarmente in alcune terapie brevi che si sperimenta questa "inautenticità degli scambi emotivi", fino a stati penosi e sconcertanti su ciò che è vero e ciò che è falso, per chi li prova.
    Seppure non tutte riescono allo stesso modo, psicoterapie analitiche ma anche cognitive comportamentali post-razionaliste, permettono fondamentalmente di esserte presenti a sè stessi rispetto al proprio modo di essere nel mondo, con gli altri e di riconoscere le proprie zone oscure, migliorando la capaciti entrarci in contatto e di gestirle

    .
    Gaia

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  12. #27
    CHANEL Nr5
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Pazienti colleghe, colleghe pazienti,
    ora che abbiamo capito che la relazione analitica non ha niente a che vedere con le relazioni quotidiane (Ludovicamaria e Rosa di Maggio lo hanno appena evidenziato molto bene) e che il transfert lo si stabilisce anche al di fuori del setting, mi piacerebbe approfondire un aspetto concreto della discussione: volete raccontarmi precisamente come entra l'analisi nella vostra vita reale di amicizie, famiglie di origine, matrimoni e animali domestici?
    Lalangue lo ha spiegato molto bene, ma mi pare di aver capito che sia uno strizzacervelli.

    Un caro saluto a tutti e grazie.
    Ultima modifica di CHANEL Nr5 : 01-04-2011 alle ore 22.51.37

  13. #28
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Te lo dico subito: c'entra facendo casino, esempio non so se ti è mai capitato di dire a uno stretto familiare che i suoi sono tutti problemi psicologici, che se li inventa e li crea, compreso il mal di stomaco, e che deve andare dallo strizzacervelli di volata!

  14. #29
    CHANEL Nr5
    Ospite non registrato

    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Citazione Originalmente inviato da complicata Visualizza messaggio
    Te lo dico subito: c'entra facendo casino, esempio non so se ti è mai capitato di dire a uno stretto familiare che i suoi sono tutti problemi psicologici, che se li inventa e li crea, compreso il mal di stomaco, e che deve andare dallo strizzacervelli di volata!
    Ahahahaha!! Complicata sei troppo simpatica!!!
    Io invece, quando mi viene riportata la notizia della morte di qualcuno, commento sempre, con aria esperta: "Eh, certo, è psicosomatica..."
    Ahhahahahh!!!!

  15. #30
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    Riferimento: Vita analitica vs vita reale

    Io invece, quando mi viene riportata la notizia della morte di qualcuno, commento sempre, con aria esperta: "Eh, certo, è psicosomatica..."
    Ahhahahahh!!!!
    Data l'inscidibilità di psiche e soma, seppure possano trovarsi tra loro perennemente in conflitto o vi siano zone di inconciliabiltà (una persona di 89 anni può dimostrarli fisicamente, mentre la mente si ribella e si sorprende dei propri cambiamenti somatici, durante più o meno tutta la vita), non è così sbagliata l'affermazione, però eviterei la battuta nei confronti di chi porta con sè questa notizia, soprattutto se di parenti o amici stretti Qualcuno potrebbe anche malmenarti
    La morte esige il massimo rispetto, così come la vita, sono momenti "sacri" per l'essere umano, al di là di qualsiasi religione.

    Ps: comunque, è carina la battuta
    Gaia

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