Parto da questo consiglio dato da "blooby gosh, che dice di essere una terapeuta, cercando di rimanere entro i limiti della discussione. Io credo che sia un consiglio di "fuga" quello che mi dai Blooby, perchè scegliere un terapeuta dello stesso sesso per evitare certe situazioni mi fa credere, e rafforza la mia idea, che nessun uomo riuscirebbe ad affrontare una relazione terapeuta di questo tipo. Cosa si deve pensare che tutti gli psicologi maschi non siano in grado di condurre una terapia solo perchè si trovano davanti una donna e non un uomo? La mia scelta del terapeuta inoltre non è stata mia e spontanea ma obbligata, ovvero mi hanno affibbiato questo dottore al Csm e poi dopo un primo periodo in struttura pubblica lui mi ha offerto di continuare in studio privato. Quindi non sono andata apposta da un dottore con l'intento di sedurlo. Inoltre se attrazione c'è stata, con conseguente transfert erotizzato mio e controtransfert negativo da parte sua, non è stata sicuramente una cosa che poteva esser prevista da me, visto che era la prima volta che avevo a che fare con un terapeuta.P.S. I conflitti con l'altro sesso meglio affrontarli con un terapeuta dello stesso sesso.
Vi ringrazio per il consiglio sul sito per le consulenze ma ho già contattato uno psicanalista, che si trova in una città vicina a me, con la speranza di poter iniziare un nuovo percorso. Un fallimento terapeutico forse all'inizio frena e fa temere che non si possa trovare appunto la persona giusta che possa capire che tutto l'amore che viene fuori in seduta non è indirizzato al dottore ma ad una figura molto legata all'infanzia del paziente. Quindi spero che ogni terapeuta sia cosciente di ciò e non si creda il "bel principe" che ogni paziente femmina ama alla follia.
Se ho dato un giudizio negativo è perchè io non sono digiuna di psicologia, avendo fatto anch'io un percorso universitario, e quindi mi sono soffermata sull'aspetto della paura, più che del rifiuto. Perchè la paura è la prima causa e il rifiuto nei confronti del paziente è solo una conseguenza. Si veda bene il caso della Spielrein e Jung, il quale Jung ha miseramente offerto solo una fuga e un ritorno in famiglia, a quella che è la pulsione fortissima di vivere un sentimento in libertà e al di fuori delle regole imposte dalla società del tempo.
Io credo che oggi un dottore abbia molti più strumenti per affrontare un percorso ricco di ostacoli o trappole, e come dice Aldo Carotenuto nella sua "lettera ad un apprendista stregone" dovrebbe sempre attingere alla sua ferita, e usare proprio quella parte di sè irrisolta per guarire il paziente. Ma se il terapeuta ha paura di ferirsi ancora di più allora nasconde quella ferita e per paura di infettarsi manda tutto all'aria.
Io il transfert l'ho superato benissimo, non mi ci sono fissata più di tanto. Semmai è stato dall'altra parte che si è fissato su quel punto e non ha concesso di poter andare avanti, causando un fallimento prevedibile. Perchè se un terapeuta non si mette in gioco vuol dire che è solo il paziente a giocare e alla fine ci si sente da soli ad affrontare tutto.
Spero di esser rimasta entro i confini e mi spiace se ho fatto ancora qualche riferimento ad un professionista, che stimo ancora e ho consigliato anche ad altre persone, ma spero che sia da esempio per chi affronta la professione di terapeuta o che magari si è trovato nella mia situazione e ha sofferto tanto.