Se posso permettermi un consiglio fuori dalle righe...aspettati una realtà meno facile di ciò che immagini: è un ambiente particolare in cui le emozioni, di tutti, sono in gioco, ed è nello stesso tempo, un'organizzazione, con struttura gerarchica.
Le persone che ci lavorano sono a contatto quotidiano, chi più chi meno, con la sofferenza, e sul sistema ha influenza non solo la risonanza singola del contatto con il singolo paziente, ma anche l'insieme di relazioni tra tutti gli operatori, in parallelo e secondo livelli diversi di gerarchia. Non sono rose e fiori ma si può imparare molto attraverso il lavoro e la riflessione su se stessi.
L'ascolto e la comprensione (mentalizzante, mi viene da dire) da parte del tutor è un bel desiderio, naturale e legittimo, ma in base alla mia esperienza, non fa male aspettarsi che questo desiderio possa essere frustrato in misura variabile in base alle diverse realtà, situazioni, ecc. Riguardo a questo specifico aspetto, ho sempre desiderato di più di ciò che effettivamente si è realizzato. Purtroppo, sullo sfondo, ma neanche tanto, aleggia sempre l'idea della sanità come azienda). Il tutor ha spesso altro da fare, molto da fare, e la presenza del/dei tirocinanti in reparto, che imparano stando a contatto con i pazienti, fa molto bene ai tirocinanti (e ai pazienti, si spera) che imparano, ma altrettanto bene all'organizzazione!
Con queste premesse, parti con l'idea che tutto quello che verrà sarà buono!
Per me è stata un'esperienza forte e arricchente.
In bocca al lupo!