Burn out e suicidio nelle ff.aa. E nelle ff.pp.
Gentili Amici e Colleghi,
mi presento: sono Claudio PIRILLO, Mag. D. Psy e M.AA. Paed. ...e altro.
Vorrei accennare all'argomento in oggetto, mai seriamente dibattuto - soprattutto dalle Amministrazioni interessate che tendono, anzi, quasi a diniegare l'intera problematica. Trascrivo, qui, l'introduzione stralciata da un mio scritto, pubblicato NEL 2016, su questa vexata quaestio. Spero possa interessarvi.

"Non vi è alcun dubbio che, quando si parla di sicurezza, lo si fa in ragione dei rischi possibili che una situazione di lavoro (un ambiente e le relazioni che con questo, in questo e fra ambiente ed individui e società si stabiliscono circolarmente) può presentare. Molti edifici adibiti ad Uffici di Polizia o a Caserme non possiedono adeguati spazi pro capite e corretta luminosità (si pensi, in letteratura, agli studi ed alle ricerche di Mayo) e, addirittura, sono mancanti di stanze da adibire ad importanti articolazioni interne. Il controllo periodico ai sensi della nota legge 626 e della successiva del 2008, continua ad evidenziare le gravi carenze e deficienze dell’aspetto “hard”, e dell’Igiene (cfr. Teoria di Herzberg), sia in ordine alla luminosità, sia in ordine alla superficie disponibile per ogni dipendente, come pure in relazione al numero delle aperture (finestre) ed alle c.d. "uscite di emergenza" (che sono costituite spesse volte dagli stessi ingressi interni); le vie di uscita esterne (le scale di emergenza) sovente danno sui cortili interni (adibiti a “parco macchine”, quindi ingombri, che non possono, concretamente, favorire un esodo di emergenza). A volte, la collocazione degli edifici non offre nemmeno quegli spazi necessari a manovre veloci di veicoli in uscita. Si comprenderà che da questa prima essenziale descrizione siamo ben lontani dai parametri di "sicurezza", che in termini di lavoro ed organizzazione fa il paio con salubrità dei luoghi e col benessere dei lavoratori. Ed allora, "vanno a farsi benedire" gli studi della ricerca psicologica del lavoro e delle organizzazioni, le conclusioni di Fraccaroli, di Avallone, le classiche di Mayo o di Von Bertalanffy, quando si è costretti a lavorare in condizioni minimali (fatti salvi gli ambienti di "rappresentanza"...). La nostra esperienza in tema di sicurezza e salubrità sui luoghi di lavoro, sul campo, è alquanto negativa. Riteniamo fondamentali alcuni aspetti che -soprattutto da parte della Pubblica Amministrazione (tanto più se Amministrazione di Polizia o Militare)- dovrebbero essere riveduti e corretti: luminosità ed aria degli ambienti, pulizie quotidiane, stanze che siano prive di ostacoli architettonici e dotate almeno minimalmente di mezzi antincendio e primo soccorso medico, indifferibile ergonomia. Per altri versi, occorre valutare la possibilità di spazi lettura, di palestre interne: il tempo delle pause deve essere considerato -ma così non è, purtroppo- dalle Organizzazioni, come un luogo di crescita apprenditiva, di costruzione di conoscenza, di distribuzione di saperi, d’interazione e collaborazione, di ripristino di energie fisiche e psichiche, dove la motivazione a rimanere sul lavoro, la maggiore attenzione verso gli standard qualitativi della produzione, trovino piena giustificazione nella gratificazione e nella attenzione alla salute che i lavoratori si attendono. Se è vero che alcune Organizzazioni non possono prescindere da una dimensionalità caratterizzata esplicitamente come verticistica, di ampia Distanza di Potere e bassa Tolleranza dell’Incertezza, è altrettanto vero che ciò non deve caratterizzarle come "gruppi frozen" nei quali vi sono -ben al di là delle apparenze- chiusure e compartimenti stagni; una tipicità che vede una specifica cultura organizzativa fatta di stereotipi assunti a valori guida, di assunti di base ostici verso qualunque innovazione e discussione se non nel senso deciso dal vertice organizzativo, con una scelta comunicazionale decisamente “top-down”, anche negli Uffici periferici. E purtroppo, non poche sofferenze del personale in servizio fra le Forze di Polizia (indifferente se ad ordinamento militare o civile) e fra le Forze Armate, sono addebitabili proprio alla scelta -da parte dei vertici- di definirsi come “gruppo chiuso”. La visibile impreparazione verso un’adeguata cultura organizzativa è appena mascherata da qualche "corso di aggiornamento" sul piano normativo, fra l'altro indirizzato (l'aggiornamento) verso settori specifici, ma non vi è spazio per la formazione in termini psicodinamici, di relazione psicopedagogica, di competenze emozionali nell’arte di gestire la relazione sociale. In ciò vi è il rischio di analfabetizzare il personale in servizio, verso la cultura organizzativa, verso l'emozionalità, le motivazioni (ristrette alla soddisfazione economica o di carriera nel tempo -ma non per tutti-): un rischio che può essere pericoloso quanto un evento-limite in atto. Se, dunque, concettualizziamo la sicurezza sui luoghi di lavoro, quale schema e categoria, teniamo da conto che essa necessita di un’attenzione molto vasta, in quanto afferente aspetti altrettanto vasti ed inferente soluzioni possibili, sol che la cultura dell’Organizzazione interessata voglia davvero aprirsi: sicurezza sui luoghi di lavoro non è soltanto la prevenzione degli incidenti di lavoro, ma deve essere prevenzione relazionale e di salute neuropsicologica del dipendente. Sicurezza sui luoghi di lavoro significa istituire gli sportelli di ascolto psicopedagogico, predisponendo un importante e primario strumento di aiuto pel lavoratore. Non bisogna dimenticare mai la possibilità del burn out. Cresce il numero di Agenti di Polizia, anche a ordinamento militare, che muoiono suicidi, senza apparenti motivi “materiali”: abbiamo la certezza di dire che ciò non accadrebbe se vi fossero, nella struttura in cui si presta servizio, Sportelli d'ascolto e d'aiuto relazionale. Anche questo significa lavorare per la Sicurezza ed IN sicurezza sui luoghi di lavoro, con la prevenzione primaria del rischio.
L’attuale panorama normativo sembra prevedere soluzioni adeguate in materia di sanità e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sembra: in realtà molte affermazioni non sono per nulla precise -sia nella formulazione della 626/94 sia nella previsione del D.L.vo 81/2008, soprattutto in termini di composizione dei membri della Commissione Consultiva permanente, laddove, per esempio, si indica fra i membri ex lege il cosiddetto Medico Competente. Ma di quali competenze “mediche” si tratti NON è dato sapere. Un medico del lavoro? Un ufficiale medico militare o funzionario medico della Polizia di Stato? Uno psichiatra o neuropsichiatra? E per quale motivo, inoltre, è previsto un medico competente e non, come sarebbe più logico -trattandosi di organizzazione del lavoro- uno psicologo del lavoro? Le norme in materia, sia quelle comunitarie sia le nazionali, affrontano il tema salute del lavoro e del contesto lavorativo in cui i centri sono due: uno è il lavoratore, i suoi fenomeni intrapsichici e le sue interrelazioni; l'altro è l'aspetto hard dell'organizzazione: strutture, dotazioni tecniche e strumentali, sistema eco-ambientale… .
Che in tema di sicurezza, sanità e salubrità dei luoghi di lavoro, debba esservi la figura professionale di un Medico sanitario è da ritenersi senz'altro corretto, soprattutto in Amministrazioni come quella della Pubblica Sicurezza, o quelle di altre Forze di Polizia, ma questi deve essere affiancato dalla figura ancora più importante dello Psicologo o del Pedagogista o dell'Educatore, o del Neuropsichiatra. Il vero problema del lavoratore e della sicurezza -intesa come spazio ottimale per la migliore rappresentazione possibile del compito nell'equilibrio fra quanto richiesto e possibilità di adempiere da parte del lavoratore (ed in conseguenza del raggiungimento del massimo positivo risultato possibile)- è quello che chiamiamo rischio di stress lavoro-correlato. Per certi versi, tutta la psicologia positiva organizzativa, tutto il comportamento organizzativo positivo di cui alle primigenie intuizioni di Seligman sta proprio nella Prevenzione primaria del Rischio in questione. Allo stesso modo i processi individuati da Reason ed il suo schema del "formaggio svizzero". Si pensi a quanti incidenti o disastri si sarebbero evitati, se la cura psico-pedagogica del lavoratore fosse stata a pieno titolo inserita concretamente nel quadro normativo che regola il lavoro delle Forze di Polizia; intendiamo dire che le Organizzazioni che fattivamente si dotano di ambienti salubri, luminosi, arieggiati, confortevoli ed igienicamente qualificati al meglio, dimostrano una vera cura del lavoratore ed una vera attenzione verso l'efficienza e l'efficacia della loro organizzazione (nel senso indicato da Avallone) soprattutto quando attivano quelle strutture educative, di ascolto, verso le problematiche ed i processi intrapsichici e le dinamiche relazionali del lavoratore. Molti incidenti, molti “infortuni sul lavoro” che parlano di errore umano, laddove non siano state accertate condotte volontariamente omissive o coscientemente attuate per creare danno (penalmente sanzionabili), sono dovuti - per esempio- a cali di attenzione del lavoratore, ad "interruzione" dei processi di consapevolezza nelle azioni da eseguire o da non attuare, nella mancata comunicazione o errata interpretazione della comunicazione dovuta a cattiva elaborazione delle informazioni contenute negli stimoli percepiti (in questo caso distortamente od illusoriamente): tutti effetti di disturbi (quanto meno) del sistema percettivo-elaborativo e delle funzioni psichiche superiori del soggetto. Sicché, l'Educatore o lo Psicologo o il Pedagogista o il Neuropsichiatra, in quanto competenti in via esclusiva in tali situazioni, laddove presenti, rappresentano con la loro professionalità un sicuro presidio di sorveglianza e di prevenzione primaria del rischio salute, cioè dello stress lavoro-correlato, che può condurre non opportunamente valutato a possibilità che definire letali non è azzardato. Si impone, nelle Amministrazioni delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, la presenza dei professionisti delle neuroscienze più sopra definiti. L’Amministrazione di PS, l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della G. di F., il CFS, la Polizia Penitenziaria, non possono e non devono essere esenti da tale obbligo. Non si può permettere che salti il più delicato dei meccanismi di controllo, cioè la psiche del lavoratore. In quanto, poi, alle condizioni concrete di sicurezza e salubrità, non possono essere diniegate o misconosciute le condizioni materiali, le quali -dalle attrezzature congrue e confacenti all'equilibrio nel sistema premiale, dalla circolarità dell'informazione alla co-gestione (con il livello gerarchico superiore) dei processi decisionali e produttivi, diventano elementi principi persino della motivazione e dell'attaccamento all'azienda, favorendo il mantenimento della vigilanza verso la sicurezza. I meccanismi di sicurezza dovrebbero prevedere il blocco della minaccia già nella pianificazione dei livelli di difesa; accade, invece, giusto il modello di Reason, che crollato il primo muro, il fattore disgregatore del sistema attraversi -trovandoli allineati- tutti i canali, tutti i circuiti di reputata sicurezza, poiché, proprio nella pianificazione, nessuno è stato in grado di prevedere quel meccanismo di blocco dell'elemento virale a cui abbiamo accennato: un elemento virale che conduce al suicidio del lavoratore non poche volte, come dimostreremo. La sicurezza organizzativa è affare di esperti veri, e non può essere affidata -nella pianificazione- a generiche figure di professionisti reputati "competenti" a tavolino. Si porga maggiore e più adeguata attenzione verso il lavoratore, la cultura ed il clima organizzativo, ed allora tante tragedie saranno evitate."

CLAUDIO PIRILLO