Vedo fin da piccolo il Festival e credo lo vedrò anche quest'anno. Non mi vergogno a dire che l'ho seguito con curiosità anche quando questa manifestazione veniva data per morta o era vista come uno spettacolo per vecchi. Da sempre è una manifestazione non solo strettamente musicale, che vive forse anche grazie ai clamori che sa suscitare. In fondo è anche questo uno dei riti collettivi in cui si specchia da 70 anni il nostro strambo paese. Sul Festival c'è un bel libro di Gigi Vesigna, ",Vox Populi", che ne svela retroscena, curiosità e organizazzione dalla prima edizione (1951) a quella del 2009.
Mi sembra giusto ricordare che è la festa della canzone e non dei cantanti: perciò trovo un po'ridicole le lamentele degli esclusi o dei non finalisti. Anni fa Albano e Gigi d'Alessio polemizzarono per giorni e giorni dopo la fine della gara, dissero che erano stati penalizzati, che loro avevano una storia, una carriera, essere esclusi dalla finale era un trattamento ingiusto eccetera. Invece no: il consenso dipende dai brani, da cosa suscitano, non si va là per prendere un premio alla carriera, nè una posizione in classifica è qualcosa di dovuto. Ogni anno fa storia a sé, essere presi o promossi dipende a vari fattori. Bertè ha grinta da vendere e ha quasi 70 anni. È stata espulsa, ha fatto chiasso con le sue provocazioni, certi anni è finita a metà classifica. Si è sempre rinnovata, anche fuori dall'Ariston; lo scorso anno ha fatto un pezzo che spaccava, ha gareggiato ed è finita quarta dietro al Volo. Ora io avrei voluti il Volo molto più giù, ma è andata così, amen. Rimane la sua canzone, che sopravviverà anche tra vent'anni, se vorremo. È il bello di questa gara unica al mondo, ben diversa dalle proporzioni di un MTV Music Awards o dei Grammy.
Non ho pregiudiziali su nessuno: sentirò tutto, da Rita Pavone al rap, che non mi piace se non in pochi casi e che quest'anno sarà abbondantemente rappresentato (pure troppo, ma vediamo).
La presenza di Fiorello e Ferro la vedo come una strategia di salvezza davanti ai rischi di crollo degli ascolti, dato lo sperimentalismo del cast. Mi ricorda un po' l'edizione del 2004
di Tony Renis, fatta pressochè di esordienti e pochi nomi noti se non Masini e Bungaro. Fu un semi-disastro se non fosse stato per Fiorello e una serata di revival (già chiamato d'urgenza per la Carrà tre anni prima). Credo proprio Amadeus si sia organizzato proprio per puntellarsi con delle eccellenti stampelle in acciaio inox.