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  1. #16
    confesso tutta la mia ignoranza su bion che ho malstudiato all'università ma che ho poi dimenticato...
    quindi non so dire se il confronto è azzeccato.
    per il resto penso dipenda dalla gravità del paziente... in un primo momento ritengo utile dargli una "educazione metacognitiva" in un contesto protetto, gli studi che conosco io vedono il paziente grave con dei deficit nella capacità di "leggere" la mente degli altri, ovviamente questa capacità serve in una relazione ...
    cmq non lavoro con psicotici, lavoro in una cooperativa sociale ma mi occupo soprattutto di ansiosi e disturbi alimentari.
    X eowin... io mi ci divertivo molto nella discussione con santiago, mi rendo conto che in un forum si tende a banalizzare ma lo trovo sicuramente più utile che dare giudizi di stucchevolezza... insomma meglio mostrare i muscoli in modo sano difendendo anche male una teoria che si ritiene valida piuttosto che svalutare un'intera discussione mostrando una pseudosuperiorità che non porta nulla sul tuo pensiero. Anche perchè ho fatto uno sforzo notevole per sistematizzare le idee cognitiviste alla fine e la trovo veramente gratuite le tue osservazioni.
    Trovo più condivisibile la critica di lealtà poichè come ho già ammesso facendo mea culpa ero talmente innamorato della mia teoria che non davo tempo agli altri di inserirsi e avrei potuto vedermela in privato con santiago.

  2. #17
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
    Data registrazione
    27-03-2004
    Messaggi
    471
    Concordo con te vincent sulla psueudosuperiorità di chi giudica le opinioni altrui senza essersi "sporcato" le mani, per primo.
    E' molto facile Eowin!

    Santiago
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  3. #18
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
    Data registrazione
    27-03-2004
    Messaggi
    471
    Grazie per la testimonianza della tua esperienza lealtà nascoste.
    Io sono un pò meno aperto di te alle altre scuole...
    Ovviamente non conosco tutti gli approfondimenti teroici di ogni scuola, e credo che mai li conoscerò.
    Sono molto interessato piuttosto all'epistemologia, disciplina che a mio parere deve guidare le teorie e la cultura che sottendono le pratiche terapeutiche.
    Credo che alcune teorie psicologiche si fondano su presupposti epistemologi scorretti, altri incompleti.
    Non vedo le tante scuole come tutte aventi una propria validità.
    Credo che alcune sono evoluzioni di altre e per molti versi le comprendono.
    Affinchè la psicoterapia acquisisca un valore anche socialmente credo sia necesaria una risistematizzazione che accolga le diversità e incoraggi percorsi differenti, ma ritengo che la matrice debba essere comune, perchè solo una matrice comune, un linguaggio comune permette lo scambio, permette la comprensione reciproca.
    Santiago
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  4. #19
    lealtà nascoste
    Ospite non registrato
    Voilà, come cambiano i climi....
    Ringrazio Vincent e Santiago per il loro modo di confrontarsi qui, anche con me.

    Beh, Vincent, la relazione è fondamentale. Per uno psicotico può essere anche molte cose diverse, magari un accompagnamento mentre delira, e non tutti accettano di spegnere il cervello e usare solo le sensazioni per avvicinare qualcuno per cui le sensazioni sono la realtà...
    Riguardo all'ansia e ai disturbi alimentari, ho avuto in terapia qualche paziente con attacchi di panico, e ho assistito a terapie di disturbi alimentari (personalmente, faccio piuttosto fatica a trattarli, anche se la Selvini Palazzoli insegna) Hai letto Minuchin, che lavora con la mappa strutturale della famiglia, considera anche il concetto di polarità semantiche delle famiglie con disturbi alimentari....
    Ogni terapia parte da un presupposto: tuttavia, se è vero che il problema presentato è il problema che la famiglia porta al terapeuta, allora a seconda delle scuole, può essere considerato come il problema da trattare (es. in terapia breve), oppure «epifenomeno» di più gravi problematiche sottostanti (per esempio nelle varie terapie transgenerazionali, dalle quali il mio nick).

    LEALTÀ INVISIBILI (Invisible Loyalties): Impegni inconsci assunti dai bambini per aiutare le loro famiglie (Boszormenyi-Nagy).

    LEALTÀ INTERGENERAZIONALE: Insieme di obblighi emotivi verso la famiglia, che può coprire anche diverse generazioni. Le «lealtà verticali» si riferiscono agli obblighi contratti nell'infanzia, le «lealtà orizzontali» a quelli verso il coniuge, che conducono a una rinegoziazione delle lealtà precedenti. I conflitti di lealtà («scisse e invisibili») producono sofferenza e disfunzioni.

    Citato dal glossario di un mio caro didatta, Beppe.

    Che ne dici Santiago?

  5. #20
    Partecipante Esperto L'avatar di wrubens
    Data registrazione
    17-04-2003
    Messaggi
    492
    Un caloroso ciao a tutti,
    concordo con ciò che hanno espresso Vincent e Santiago. Ho sempre considerato questo forum un’ opportunità unica ed irripetibile per accrescere le proprie conoscenze.
    Ripeto, unica ed irripetibile. Una didattica “nuova” dove spesso si partecipa ad un confronto irripetibile in altri contesti. Pensiamo solo alla possibilità di poter pensare con calma, verificare e “postare” una nostra idea e/o epistemologia.
    Con tutta la stima per Eowin ma non riesco proprio a cogliere il paragone con il bar dello sport anzi, vedo colleghi impegnati a “postare” opinioni ricercando spesso anche riferimenti bibliografici precisi. Una modalità di comunicazione che non avviene in uno scambio verbale nemmeno tra docenti di università o scuole di specializzazione...forse tra i pazzi?... .

    Un saluto.
    Rubens
    "il dubbio è il tarlo del delirio"
    Rubens

  6. #21
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
    Data registrazione
    27-03-2004
    Messaggi
    471
    Dico che i concetti che hai esposto lealtà nascoste sono enormemente interessanti.
    E, amio parere, nel loro potenziale si gioca gran parte della psioclogia e della psicoterapia (esagero?).
    Basti pensare alla storia della famiglia Borsellino (vedi film) dove una delle figlie, la più legata al padre, sviluppa un'anoressia, proprio in un momento cruciale della carriera de padre.
    Nel film dice: "Ci voleva questo per farti saltare un giorno dal lavoro".
    Mi piace attribuire ai sintomi, qualunque essi siano, quattro qualità (le 4 S), la cui analisi può portare facilmente a ipotesi di intervento:
    Storico, semantico, simbolico e sistemico.

    Un saluto

    Santiago
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  7. #22
    Partecipante Esperto L'avatar di wrubens
    Data registrazione
    17-04-2003
    Messaggi
    492
    A proposito di LEALTA' INVISIBILI.
    Mi permetto di intervenire, visto l’ interesse dell’ argomento.
    Camillo Loriedo in un suo intervento, circa un anno fa, mi fece riflettere..
    Parafrasando il fantastico Loriedo, “ nelle famiglie con padre depresso si assiste ad un fatto. Paradossalmente il padre depresso trova una chiave per uscire dalla propria depressione quando il figlio sta male ( vedi care given, care taker), per cui il figlio impara che se vuol far uscire il padre dalla depressione, stando male lo può fare!. “.
    E qui ci si ricollega alla vecchia teoria del condizionamento e dell’ apprendimento.
    Le lealtà nascoste, come hai evidenziato, sono molto pericolose e delicate..

    Rubens
    "il dubbio è il tarlo del delirio"
    Rubens

  8. #23
    Questo io lo chiamo vantaggio secondario... ma mi lascia un po' perplesso... per questo inizierò una nuova discussione:
    http://www.obiettivopsicologia.it/fo...threadid=18126
    Ultima modifica di vincentvang : 17-11-2004 alle ore 23.03.22

  9. #24
    lealtà nascoste
    Ospite non registrato
    Beh, Santiago, all'inizio ridevo quando pensavo a mia nonna in terapia...
    Ma il potere delle generazioni che ci precedono nello stabilire "modalità di relazione" non è indifferente!
    "Ci voleva che facessi il matto, che avessi una crisi psicotica, che tentassi di ammazzarmi per farti capire quanto mi pesa dover essere sempre il primo della classe nella vita!!!"
    Molti clienti lo dicono in terapia familiare.
    Il potere che si prendono è enorme (e a me, ti dirò, sono pure simpatici, nella loro melodrammatica isteria), allora forse non sono le "vittime" di un sistema, in fondo anche loro hanno comunicato il loro disagio in modo "originale" direi... E che causa sofferenza ad altri.
    Lo scopo della teapia diventa allora trovare un modo diverso di comunicare.
    Teniamo conto che si può intervenire anche prima di conseguenze drammatiche per aiutare a comunicare meglio. Si chiama prevenzione, ma le ultime finanziarie non ci credono molto...
    Ciao.

    Per Rubens.
    Concordo, tuttavia, non dimentichiamo che questo è un modi di leggere la realtà.
    Altri potrebbero parlare di edipo irrisolto, Vincent potrebbe dire che il figlio non sa "leggere" sufficientemente bene nella mente del padre... (correggi Vincent se dico fesserie).
    Però, quello che vorrei saper è: concretamente, cosa fa un Vincent o un Santiago o un Rubens (ragazzi, meno male che come nick non ho Chagall) quando si trova un cliente così? Cioè, quale modo di operare adottate? (per linee generali, s'intende).
    Perlomeno, se voglio inviare un cliente a qualcuno che lavora diversamente da me, posso anche pensare quale metodo può essere più utile per lui.
    Fatemi sapere, ciao.

  10. #25
    lealtà nascoste
    Ospite non registrato
    P.S. per Rubens.
    A proposito di comunicazione tra pazzi.
    Un mio utente spiegava il funzionamento di un centro diurno ad un altro appena arrivato.
    L'ultimo arrivato ha chiesto "ma pranzate qui?" , e l'altro "Sì, ma c'è un gruppo di noi che prepara tutto..."
    "allora vengo!!!"
    Fortuna o intuito, non lo so, ma una cosa è certa: il modo in cui l'ha detto lui, ha funzionato benissimo.

    La voglia di comunicare non è tutto. A volte bisogna considerare che ognuno può sempre scegliere se ascoltare o no, se condividere o no. E meno male, ha la libertà di farlo.

  11. #26
    danyrossi
    Ospite non registrato
    per guruglo:
    Anch'io ho fatto domanda alla scuola sistemica di boscolo...ho affronato l'enigmatica selezionatrice che nulla mi ha fatto intendere...e voilà oggi mi è stato comunicato che sono stata ammessa alla sede di milano.
    Tu hai saputo qualcosa?
    Sono al settimo cielo...

  12. #27
    Partecipante Esperto L'avatar di wrubens
    Data registrazione
    17-04-2003
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    492
    Passiamo allora alle possibili soluzioni.
    Indipendentemente dalla formazione, la terapia si pone l’ obbiettivo di concedere al cliente un’ alternativa.
    Come ho risposto a Vincent nell’ interessante post, il paziente persiste nel problema perchè non ha scelta.
    Concedere al cliente un’ alternativa, una percezione differente, un dubbio per il suo delirio, un tarlo.
    Parafrasando E. Fromm “ il terapeuta non può sostituirsi alle gambe del paziente e camminare per lui, può al massimo indicare un percorso alternativo, come una guida di montagna”.
    Tu lealtà nascoste lavori con gli psicotici?...interessante...non ne so molto...quali sono le difficoltà che incontri nella comunicazione?...

    X lealtà nascoste...
    Non ho inteso il P.S., vuoi dire forse che un utente ha trovato una strategia per facilitare la permanenza dell’ ultimo arrivato?...
    "il dubbio è il tarlo del delirio"
    Rubens

  13. #28
    lealtà nascoste
    Ospite non registrato
    Col ps volevo dire che effettivamente i ragazzi presentano le strutture molto meglio degli operatori, e che la comunicazione tra pari è veramente utilissima.

    Per quanto riguarda il mio lavoro, ho qualche esperienza sulla doppia diagnosi e ho lavorato con diverse strutture che in vario modo ospitano utenti di ambulatori di psichiatria o li ospitano in modo residenziale.
    Difficoltà nella comunicazione, dici? Beh, dipende...
    Generalmente non è difficile comunicare, l'unica cosa a cui ho imparato a fare attenzione sono i "microsegnali"di un inizio di scompenso (magari non prendono i farmaci con regolarità, oppure sta succedendo qualcosa nella loro vita che li sta scombussolando...)
    Conservare le condizioni perchè un utente possa vivere bene e implementare le sue possibilità è sempre un gioco di squadra di vari servizi coinvolti, credo che quella sia la comunicazione più difficile.
    Se riesce però da grandi risultati, come dicevo prima; ci vorrebbe una rete (psicologo, famiglia, psichiatra, educatori, e perchè no vicini di casa, amici ecc) che permette ai ragazzi di "funzionare" bene.
    Tu hai esperienze di lavoro di rete?

  14. #29
    Partecipante Esperto L'avatar di wrubens
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    17-04-2003
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    492
    Non ho esperienze di lavoro in rete.
    Tuttavia non posso che concordare con ciò che hai detto. La cura dell' individuo non può presceindere dal contesto in cui si colloca e dalle relazioni. Sarebbe utile potersi prendere cura delle persone considerando ogni singola professionalità come specifica per un settore psico-fisico specifico.
    Lavorando in rete non si può che incrementare risultati terapeutici di efficacia ed efficienza.
    Il problema economico credo sia lo scoglio più grosso. Una serie di professinisti che lavorano su un problema o li passa la mutua o costano troppo!...
    quindi, con la crisi che c'è la rete non può che essere istituzionalizzata...e la mutua come sappiamo non sempre risponde a criteri di efficacia ed efficienza...o no?..

    Rubens
    "il dubbio è il tarlo del delirio"
    Rubens

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