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  1. #1
    istintilatenti
    Ospite non registrato

    deontologia psicologica?esiste?

    Che ne pensate della nostra futura ed eventuale professione? nel senso che tutti possono intraprenderla osservando opportune regole e spinti da doveri professionali o si tratta di qualcosa che va oltre? so che sembra una domanda stupida, ma...

  2. #2
    Postatore Epico L'avatar di Syrinx
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    ciao! e benvenuta su Ops
    ti sposto la discussione in un'area del forum più opportuna per l'argomento che hai proposto
    "Remember me and smile...for it's better to forget than to remember me and cry"

  3. #3
    Postatore Compulsivo
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    ciao istintilatenti,

    posso dirti che, come Psicologi iscritti all'Albo, abbiamo un nostro codice deontologico che qui ti riporto... detto ciò, ti chiedo di precisare meglio la tua domanda che un pò mi sfugge

    ciauz,
    nico

    ----------------------------------------
    Codice deontologico dello Psicologo


    Capo I - Principi generali

    Articolo 1
    Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all'Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l'ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.

    Articolo 2
    L'inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall'art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

    Articolo 3
    Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell'individuo, del gruppo e della comunità.

    In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.

    Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell'esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l'uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.

    Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

    Articolo 4
    Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.

    Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.

    Quando sorgono conflitti di interesse tra l'utente e l'istituzione presso cui lo psicologo opera, quest'ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.

    In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell'intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.

    Articolo 5
    Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.

    Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

    Articolo 6
    Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine.

    Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava.

    Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

    Articolo 7
    Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all'occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

    Articolo 8
    Lo psicologo contrasta l'esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell'Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza.

    Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

    Articolo 9
    Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.

    Nell' ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l'obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l'autorizzazione alluso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta.

    Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all'anonimato.

    Articolo 10
    Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

    Articolo 11
    Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, nè informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

    Articolo 12
    Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.

    Lo psicologo può derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

    Articolo 13
    Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto.

    Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

    Articolo 14
    Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento.

    È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

    Articolo 15
    Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

    Articolo 16
    Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l'anonimato del destinatario della prestazione.

    Articolo 17
    La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.

    Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche.

    Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all'Ordine professionale.

    Lo psicologo che collabora alla costituzione ed alluso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

    Articolo 18
    In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

    Articolo 19
    Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

    Articolo 20
    Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l'interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

    Articolo 21
    Lo psicologo, a salvaguardia dell'utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l'uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche.

    È fatto salvo l'insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.

    Capo II - Rapporti con l'utenza e con la committenza

    Articolo 22
    Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.

    Articolo 23
    Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale.

    In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all'esito o ai risultati dell'intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto al rispetto delle tariffe ordinistiche, minime e massime.

    Articolo 24
    Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all'individuo, al gruppo, all'istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza.

    Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato.

    Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

    Articolo 25
    Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone.

    Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio.

    Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

    Articolo 26
    Lo psicologo si astiene dall'intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l'efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.

    Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell'utenza, anche su richiesta dell'Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l'efficacia.

    Articolo 27
    Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l'interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.

    Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

    Articolo 28
    Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l'attività professionale o comunque arrecare nocumento all'immagine sociale della professione.

    Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.

    Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.

    Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

    Articolo 29
    Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

    Articolo 30
    Nell'esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

    Articolo 31
    Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.

    Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l'intervento professionale nonché l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l'Autorità Tutoria dell'instaurarsi della relazione professionale.

    Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell'autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

    Articolo 32
    Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell'intervento.

    Capo III - Rapporti con i colleghi

    Articolo 33
    I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza.

    Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell'ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

    Articolo 34
    Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

    Articolo 35
    Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

    Articolo 36
    Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale.

    Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell'Ordine competente.

    Articolo 37
    Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze.

    Qualora l'interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l'invio ad altro collega o ad altro professionista.

    Articolo 38
    Nell'esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

    Capo IV - Rapporti con la società

    Articolo 39
    Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

    Articolo 40
    Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, la pubblicità e l'informazione concernenti l'attività professionale devono essere ispirate a criteri di decoro professionale, di serietà scientifica e di tutela dell'immagine della professione.

    Capo V - Norme di attuazione

    Articolo 41
    È istituito presso la Commissione Deontologia dell'Ordine degli psicologi l'Osservatorio permanente sul Codice Deontologico, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell'Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell'Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell'Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

    Articolo 42
    Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell'art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

  4. #4
    istintilatenti
    Ospite non registrato
    Cioa Nico,

    Sono un "benvenuto", ma a parte ciò grazie per il codice!!!

    Forse la mia domanda non è formulala opportunamente, quello che mi chiedo è se quel codice può essere praticamente "rispettabile" da tutti, se il nostro corso di studi sia sufficiente a metterci in grado di addempirlo.
    La mia sensazione è che nel nostro lavoro vi sia ben altro che l'appicazione di un "qualche cosa"...
    questo si è vero per ogni professione, ma nel nostro caso non siamo forse esposti di più all'attrazione della patologia e della devianza?!
    In fondo le altre professioni, naturalmente non radicalizzo, si fanno mentre forse la nostra implica più in maniera più pregnante un essere... che ne pensi???
    IN realtà neanchè ora sono riuscito ad esprimere tutto...
    Ciao...

  5. #5
    Postatore Epico L'avatar di paky
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    Credo di aver capito quello che intendi... ebbene me lo sono domandato spesso anche io...
    sicuramente non è un lavoro in cui vanno solo applicate delle conoscenze o un codice deontologico, e credo che non tutte le persone siano adatte a svolgere questa professione... Sono d'accordo con te quando dici che la nostra implica "un essere", e non solo un sapere o un saper fare.
    Bion dice che paziente e psicologo sono "due persone in una stanza"... bè credo che un'espressione così semplice esprima veramente l'essenza di quello che sto (stiamo) dicendo: entrambe danno ed entrambe ricevono qualcosa l'una dall'altra, e lo psicologo è lì con *tutto* il suo essere, professionista sì ma prima di tutto persona.

    ...love is passion, obsession, someone you can't live without.
    I say fall head over heels.
    Find someone you can love like crazy and who'll love you the same way back.
    How do you find him? Well, forget your head and listen to your heart.
    'Cause the truth is that there's no sense living your life without this.
    To make the journey and not fall deeply in love... well, you haven't lived a life at all.
    But you have to try, because if you haven't tried, you haven't lived.

    Meet Joe Black

  6. #6
    Matricola L'avatar di Psi83
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    Non entrando nel merito della discussione, ringrazio a nico poiché mi serviva il codice deontologico...
    Salutoni!
    Psi 83

  7. #7
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    C'è un testo interessante da leggere al riguardo: "Scrutare nell'anima. William Doherty, Cortina, 2000).
    Interessante perché tratta di questioni etiche e morali nel rapporto con i pazienti e con i colleghi. Secondo me è più interessante del codice.
    Sempre sull'argomento, si può leggere anche: "Violazioni del setting. Gabbard e Lerner, Cortina, 2004).
    Il primo è scritto da un terapeuta familiare di formazione sistemica, il secondo da due psicoanalisti. Ci sono notevoli differenze. Provate a dare loro un'occhiata. poi, magari, ne possiamo discutere.
    Per quanto riguarda la discussione in corso, credo che il nostro "essere", come psicologi, sia anche docuto al nostro "saper fare". Voglio dire che, se non sappiamo nemmeno essere aderenti al codice che ci siamo dati (e questo vale anche per l'aspetto fiscale - non me ne vogliate, ma è un aspetto tranquillamente ignorato da tutti i neopsicologi), cioè se non sappiamo "fare" le cose come si deve, credo ci sarà difficile "essere" come si deve.
    A risentirci, il tema è interessante.
    Dott. Guglielmo Rottigni
    Ordine Psicologi Lombardia n° 10126

  8. #8
    istintilatenti
    Ospite non registrato
    Grazie per i libri consigliati, li leggerò senz'altro.
    Riguardo al tema ai decisamente ragione, ma ciò che voglio dire è che forse nella nostra professione( o meglio nella vostra, visto che non sono ancora laureato) forse il saper fare è solo il corollario di partenza.
    Senza una disposizione intrinseca possiamo benissimo, in presenza di capacità e conoscenze, svolgere la parte "gestionale" del lavoro, ma si può essere praticamente terapeutici???
    Ciò che favorisce la cura è solo frutto di apprendimenti??

  9. #9
    Giurato di Miss & Mister OPs L'avatar di Parsifal
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    Ciao

    Prova a chiarire meglio la domanda: ti stai chiedendo se occorrano particolari capacità per fare questo lavoro (non so,intelligenza,intuizione,empatia ecc..) o se occorra un particolare tipo di struttura psicologica o se più precisamente non si debbano avere certi tipi di caratteri-problemi-istinti latenti?

    Cioè ti chiedi se occorrano certe qualità o se occorra essere sani? (te lo chiedo perchè di solito questa domanda se la fanno tutti gli psicologi-psicoterapeuti mentre studiano e se ne preoccupano molto,e la risposta giusta è che per fare gli psicoterapeuti è meglio avere qualche problemino naturalmente lo può fare anche una persona completamente sana,ma in querl caso fa molta più fatica )

  10. #10
    Postatore Compulsivo L'avatar di ghiretto
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    nell'orbita di Anarres
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    questa teoria di Parsifal mi pare degna di riflessione, ci mediterò su....
    " E se scruti a lungo un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te" Nietzsche


    dai un'occhiata a questo sito www.altrapsicologia.it

    per usufruire del servizio contattare la scrivente per pattuire il compenso

  11. #11
    istintilatenti
    Ospite non registrato
    La mia è una domanda, posta a voi, per confrontarmi circa le "caratteristiche" che mettono lo psicologo in grado di "ascoltare e capire" e lo psicoterapeuta in grado di " trasformare", circa i requisiti per rispettare il codice deontologico senza fare danni.Se esiste una dicotomizzazione della questione è tra "saper fare" e "saper fare essendo in un determinato modo";se si sostiene quest'ultima, qual'è questo modo?
    Tra l'altro non credo che le "qualità-caratteristiche" siano imprescindibili da certa strutture di personalità...
    Riguardo l'essere sano non so cosa intedi, cioè parli della assenza di patogia o della normalità?
    Il primo caso mi sembra utopico, nel secondo è comunque presente un grado di "sana" patologia.

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