Sei stata chiarissima Paky. Ovviamente NON penso che "che ognuno faccia le proprie ricerche prescindendo dal punto di vista dell'altro" (sfido a trovare qualcuno che si sia laureato in psi generale e sperimentale che pensi questo!).Originariamente postato da paky
allora, fermo restando che il mio punto di vista ormai è chiaro mi chiedi se gli psicologi sperimentali non si dedichino un po' troppo alle neuroscienze... bè se devo essere sincera non so risponderti a questa domanda, forse perchè per quella che è la mia formazione vedo abbastanza "normale" occuparsi di neuroscienze... forse hai ragione tu, la psicologia dovrebbe mantenere una sua autonomia, fermo restando la necessità di una sana collaborazione interdisciplinare...
Il fatto che a Padova si sia istituita una laurea specialistica in "Psicologia sperimentale e neuroscienze" forse la dice tutta...
Il mio punto di vista, lo ripeto, è che come dice anche Itsuki "parlare di memoria senza considerare i meccanismi del processo nè i circuiti neurali implicati non sia un grande traguardo"... cioè studiare i processi cognitivi prescindendo totalmente dal substrato neurofisiologico per me non ha grossissimo senso... così come non ha senso il contrario... se però vogliamo dire che gli psicologi sperimentali e i neuroscienziati dovrebbero fare ognuno la loro parte e successivamente aprire un dialogo di integrazione, allora sono d'accordo che ognuno faccia le proprie ricerche prescindendo dal punto di vista dell'altro però no!
non so se mi sono spiegata, come al solito sono di corsa a domani
Il problema è che ci sono eserciti di neuroscienziati che si occupano di aspetti biologici con riferimenti marginali alla psicologia (pensa ai canali proteici, etc), ma quanti psicologi sperimentali oggi in Italia fanno ricerca psicologica con riferimenti marginali alle neuroscienze (analogamente alle ricerche riportate dal link di Maurizio)?
A mio parere non è un problema da sottovalutare per la psicologia italiana.