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  1. #46
    Partecipante Esperto L'avatar di korianor
    Data registrazione
    30-06-2005
    Messaggi
    335
    Originariamente postato da paky
    allora, fermo restando che il mio punto di vista ormai è chiaro mi chiedi se gli psicologi sperimentali non si dedichino un po' troppo alle neuroscienze... bè se devo essere sincera non so risponderti a questa domanda, forse perchè per quella che è la mia formazione vedo abbastanza "normale" occuparsi di neuroscienze... forse hai ragione tu, la psicologia dovrebbe mantenere una sua autonomia, fermo restando la necessità di una sana collaborazione interdisciplinare...
    Il fatto che a Padova si sia istituita una laurea specialistica in "Psicologia sperimentale e neuroscienze" forse la dice tutta...
    Il mio punto di vista, lo ripeto, è che come dice anche Itsuki "parlare di memoria senza considerare i meccanismi del processo nè i circuiti neurali implicati non sia un grande traguardo"... cioè studiare i processi cognitivi prescindendo totalmente dal substrato neurofisiologico per me non ha grossissimo senso... così come non ha senso il contrario... se però vogliamo dire che gli psicologi sperimentali e i neuroscienziati dovrebbero fare ognuno la loro parte e successivamente aprire un dialogo di integrazione, allora sono d'accordo che ognuno faccia le proprie ricerche prescindendo dal punto di vista dell'altro però no!

    non so se mi sono spiegata, come al solito sono di corsa a domani
    Sei stata chiarissima Paky. Ovviamente NON penso che "che ognuno faccia le proprie ricerche prescindendo dal punto di vista dell'altro" (sfido a trovare qualcuno che si sia laureato in psi generale e sperimentale che pensi questo!).

    Il problema è che ci sono eserciti di neuroscienziati che si occupano di aspetti biologici con riferimenti marginali alla psicologia (pensa ai canali proteici, etc), ma quanti psicologi sperimentali oggi in Italia fanno ricerca psicologica con riferimenti marginali alle neuroscienze (analogamente alle ricerche riportate dal link di Maurizio)?

    A mio parere non è un problema da sottovalutare per la psicologia italiana.
    "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" (L. Wittgenstein)

  2. #47
    Daidaidaidai
    Ospite non registrato
    Vorrei dare il mio contributo al dibattito anche se non sono riuscito a legere tutti i post e non vorrei ripetere punti di vista espressi o criticati in precedenza.
    Ad ogni modo io sostengo l'approccio di Maffei, però bisogna fare una precisazione fondamentale di tipo concettuale:
    se usiamo una metafora spaziale (le neuroscienze si allargano sottraendo spazio alla psicologia) va tuttavia detto che l'aumento del range di problemi studiati dagli neuroscienziati implica una 'diluizione' delle neuroscienze che non mi sembra danneggi la nostra disciplina più di tanto dal momento che oggi non esistono strumenti che possano farci parlare di un riduzionismo biologico per problemi relativi alla coscienza, all'esperienza soggettiva ma anche in compiti più semplici quali il riconoscimento di fonemi o quello di volti.
    Si è parlato di Edelman o di altri autori che 'fagociterebbero' la psicologia ma ci terrei a precisare che Edelman, per un neuroscieziato serio è uno scienziato 'annaquato' e non viene guardato in modo molto diverso da come uno psicologo cognitivo guarda alle 'panzane' di Freud... In questo senso l'avvicinarsi delle neuroscienze ai problemi indagati in psicologia (ma non solo) a livello di moduli, di organizzazione della coscienza e di scomposizione del comportamento produce un apparente invasione di campo perchè nel momento in cui un neuroscienziato 'sconfina' e smette di produrre delle solide evidenze empiriche per ciò che afferma perde automaticamente rigore scientifico... come dire fanno un salto più lungo della gamba. Questo dovrebbe ribadire come il livello di spiegazione proposto dalla psicologia scientifica è a sè stante e sono numerosi i neurobiologi e i neuroscienziati che ammettono serenamente che le attuali conoscenze sul cervello (pur dopo il 'decennio del cervello') non ci consentono affatto di spiegare la complessità e la ricchezza dei processi mentali o emotivi anche se a differenza di molti anni fa oggi iniziamo 'vagamente' a intravvedere delle connessioni tra le due sfere e si fanno i primi 'timidi' tentativi da ambo i lati di provvedere ad una integrazione delle conoscenze sui due livelli. Chiunque opera come ricercatore in queste aree di ricerca è probabilmente consapevole dei limiti che questi approcci interdisciplinari hanno sul piano teorico o su quello metodologico e mi restituiscono un'immagine della psicologia o dei 'segreti della mente' come tutto tranne che una facile vittima delle neuroscienze. Piuttosto non dimenticherei l'influenza dei mass media e delle mode nell'assegnazione delle ricerche o nel ritenere che cosa sia 'giusto' o 'importante' in un dato momento: inutile negarlo: accanto a serie motivazioni scientifiche le neuroscienze sono anche un moda che appassiona riviste di divulgazione se non l'informazione non settoriale (tutte le riviste hanno una sezione con articoli del tipo 'Ecco la pillola che fa ringiovanire il cervello'; oppure 'Di Parkinson si vive ecc...). Rimaniamo aderenti ai fatti sperimentali e al nostro settore disciplinare e credo sinceramente che ci sarà spazio per tutti; le neuroscienze sono ben lungi dal realizzare scientificamente il 'progetto' di Maffei quantunque io la ritengo una meta assolutamente auspicabile e per allora la psicologia generale e i contributi delle neuroscienze potranno veramente integrarsi e non semplicemente giustapporsi come accade nella moderna manualistica che correttamente parla ad es. di ' basi biologiche della memoria semantica' e non di 'come funziona la memoria semantica' nei capitoli relativi alle neuroscienze. Direi che bisognerebbe guardare a questo approccio - l'integrazione mente-cervello . come un modello generale di riferimento con la stessa portata generale della teoria dell'evoluzione in biologia; una sorta di cornice teorica all'interno della quale il lavoro settoriale di ricercatori di una data area assume un significato più pieno risolvendo un problema di organizzazione e orchestrazione della conoscenze scientifica prima ancora di fare affermazioni sulla mente o sul mondo. Questo modello subirà delle modifiche con l'aumentare dell'esperienza interdisciplinare assumendo sempre nuove forme in modo non molto diverso dai dubbi e dai ripensamenti che hanno costellato il ripensamento della teoria evoluzionistica in biologia a partire dalla prima formulazione Darwiniana. Non penso però che questo processo scientifico ci renderà meno psicologi, oblitererà il livello di spiegazione della psicologia scientifica o si sostituirà ad essa. Al contrario più lo sforzo interdisciplinare sarà concreto (cioè sarà fianco a fianco in laboratorio) più sarà necessario affinare i nostri strumenti sperimentali lavorando ad esempio sulle variabili di disturbo o sulla diminuizione dell'errore di misura per iniziare a confrontare i diversi dati tra le discipline: dal confronto scientifico si passerà al confronto tecnico-tecnologico e allora sì che le cose si faranno serie !!!
    N.B. Io SBAVO per l'arrivo di quel momento

    A presto,

    Fabrizio

  3. #48
    Postatore Compulsivo L'avatar di Itsuki
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    10-12-2004
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    ROMA
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    io sbavo per il corso di reti che inizierò a gennaio con londei , invece!!
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