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  1. #1

    Cos'è la malattia mentale?

    Cos'è la malattia mentale?
    Da quando ho iniziato il corso di Psicopatologia dello sviluppo questa domanda mi gironzola in testa, e per ora non sono riuscito a trovare una risposta soddisfacente neanche sui libri di studio.

    Su Introduzione alla Psicopatologia Descrittiva di Sims è scritto che la malatta può essere definita in 5 modi (a mio parere nessuno valido):

    1) "L'OMS ci dice che la salute è una piena condizione di benessere fisico, psichico e sociale, e non semplicemente assenza di malattia o infermità." Si intuisce che la malattia sta un gradino sotto questa piena condizione, e quindi quasi tutti siamo malati. ( vedi ---> commercio )
    2)La malattia può essere pensata in termini fisici, come nell'affermazione di Griesenger che ke malattie mentali sono malattie del cervello. Benchè questa concettualizzazione si adatti ragionevolmente ai disturbi mentali organici, e possa essere allargata a includere l'area della subnormalità mentale, è meno agevole l'inclusione delle psicosi funzionali e delle nevrosi; e i disturbi di personalità verrebbero totalmente esclusi.
    3) Le malattie possono essere descritte come ciò che i medici curano. ( !!! ) Le malattie mentali diventano allora un termine per descrivere i sintomi e la condizione di coloro che vengono indirizzati dello psichiatra. [...]
    4) La malattia mentale può essere considerata come una variazione statistica dalla norma che comporta uno svantaggio biologico, come nella formilazione di Scadding per le malattie fisiche, sviluppata poi per le malattie mentali da Kendell. Lo svantaggio biologico implica una ridotta fecondità e un accorciamento alla vita.
    5) La malattia ha implicazioni legali, può giustificare la reclusione forzata in ospedale e i malati mentali che compiono reati sono trattati dalle legge in modo diverso dagli altri criminali.

    Non seguono considerazioni approfondite.

    Per Scharfetter, in Psicopatologia generale un' introduzione, è da considerare che ( enumero i punti più importanti ):
    -la coppia sano/malato è un punto di riferimento pragmatico per una determinata linea di azione
    -sano indica lo stato complessivo dell'individuo e non solo certi aspetti del comportamento come vogliono le norme
    -MALATO è : nell'autoconsapevolezza del paziente e nel giudizio del suo ambiente, chi, per qualsiasi ragione, propria o del mondo, soffre qualitativamente e / o quantitivamente al di sopra della misura consueta per il luogo o per il gruppo di appartenenza ( norma ) ( Aspetto di sofferenza ); chi pur partendo da condizioni non estreme non riesce a venire a capo di problemi fino a creare situazioni pregiudizievoli per l'esistenza; chi non riesce ad affermarsi nella vita e nel mondo ( Aspetto di fallimento ); chi infine, a causa della sua elevata altrerità, non riesce a stabilire contatti vitali con gli altri esseri umani ( Aspetto di relazione ). ---> concetti base: Sofferenza, Fallimento ed Alienazione.



    Le definizioni del Sims mi sembrano assolutamente inadatte.
    1) Non prendono in considerazione l'aspetto di sofferenza, disumanizzando la "malattia". Come se fare lo psicopatologo possa essere paragonato al lavoro di un operaio davanti ad un rullo, che lascia passare i prodotti buoni e butta nel cestino quelli fatti male.
    2) Uno psicoterapeuta psicologo, come può pensare alla malattia in termini fisici??? Siamo proprio sicuri che certe malattie siano dovute a "malattie del cervello"? Che cos'è una malattia del cervello? Siamo sicuri che in questa ottica non discrimineremo ancora di più, disumanizzando fino al limite?
    3) La terza definizione è assurda, ma proprio assurda!!! Ci rendiamo conto della confusione che scienza e mass media avrebbero?
    4) La quarta è forse quella migliore. Però mi viene da pensare che questa definizione non si toglie il problema dell'influenza sociale, delle norme, e di tutti i problemi che ne conseguono. Ad esempio l'omosessualità potrebbe essere vista come una malattia. Nella nostra società è abbastanza accettata ( credo ), ma a sentire queste definizioni verrebbe da chiedersi se fra 100 anni i gay non ritornino dallo psichiatra.

    La definizione di Scharfetter è sicuramente più accettabile, ma anche molto ampia e poco precisa. La mia opinione è, però, che i "malati mentali" sono una creazione della società ( sia a livello di concetto, sia a livello di comportamento che poi questi assumono ), come nella definizione di Laing: "Ciò che noi definiamo come normale è un prodotto della repressione, della negazione, dell'isolamento, della proiezione, dell'introiezione e di altre forme di azione distruttiva nei confronti dell'esperienza." E ancora: " Le forme dell'estraneazione che esulano dalle norme previste per l'estraniazione vengono investite dalla maggioranza 'normale' dell'etichetta di oppositore e pazzo."

    I pazzi sono scomodi e noi li mandiamo dallo psichiatra. Sono scomodo perchè sono il frutto marcio della nostra società che non li accetta. Le persone ben socializzate hanno interiorizzato questi modelli e li applicano con naturalezza, spesso senza andare incontro alla sofferenza portata dalla persona.

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  2. #2
    un paio di riflessioni.
    primo: a me la definizione dell'oms non dispiace. non si riferisce direttamente alla malattia mentale, e non capisco perché disumanizzi la malattia, visto che lo "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale" viene considerato come un diritto (infatti non capisco neanche la tua metafora dell'operaio). l'unica obiezione, al massimo, può essere rivolta al fatto che è utopistico pensarla così.
    secondo: dici che "i pazzi sono scomodi e noi li mandiamo dallo psichiatra". a dire il vero non siamo noi a mandarli dallo psichiatra, ma salvo il caso di un tso è la persona a rivolgersi allo psichiatra/psicologo, eccetera. quello che voglio dire è che la tua affermazione, secondo me, non tiene conto di tutti quei casi in cui il tratto patologico è egodistonico. io non nego il ruolo della società nell'eziopatogenesi della malattia, ma queste posizioni da antipsichiatria mi paiono riduttive come l'appellarsi solo ai neurotrasmettitori o a chi per loro
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  3. #3
    Johnny
    Ospite non registrato
    secondo me la risposta alla domanda "cos'è la malattia mentale?" nn può essere uinca e dipende da tanti fattori fra cui: la cultura di appartenenza, l'epoca storica, l'orientamento teorico e metodologico.

    E poi il termine malattia è usato nella medicina, trasportato nell'ambito della psicologia dalla psichiatra, secondo me sarebbe più corretto parlare di "disturbi" o "disagio"o "comportamento disfunzionale", dà una visione meno reificata

    Io sono più per l'idea che ci sia un continuum che va dalla normalità alla patologia, a cui quest'ultima si giunge uan volta superata una certa soglia e si vive con disagio un certo comportamento, o altro.
    Quindi nn ha più senso saper "cosa" è la malattia, dato ke qualsiasi dimensione della personalità può dicentare patologia una volta superata quella soglia.
    Ultima modifica di Johnny : 01-09-2008 alle ore 10.27.53

  4. #4
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    La malattia mentale (ma io parlerei + di disagio) è per me uno stato comportamentale, sociale, affettivo, biologico, per cui il soggetto ha difficoltà di adattamento all'ambiente, con conseguenze negative sul piano personale, relazionale, lavorativo/scolastico tali per cui si differenzia dalla norma e subisce una certa sofferenza o crea sofferenza/ pericolo per le altre persone.
    Il fatto che il disturbo crei sofferenza e problemi è condizione necessaria perchè si tratti di disagio mentale.

    Mi sa che ora come ora la definizione che ho inventato non sia particolarmente accurata.
    Ora devo uscire, più tardi vi riporto la definizione che ha dato la mia docente sul suo libro di tecniche del colloquio..
    Ciao!!!
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  5. #5
    Originariamente postato da Mia_Wallace
    un paio di riflessioni.
    primo: a me la definizione dell'oms non dispiace. non si riferisce direttamente alla malattia mentale, e non capisco perché disumanizzi la malattia, visto che lo "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale" viene considerato come un diritto (infatti non capisco neanche la tua metafora dell'operaio). l'unica obiezione, al massimo, può essere rivolta al fatto che è utopistico pensarla così.
    secondo: dici che "i pazzi sono scomodi e noi li mandiamo dallo psichiatra". a dire il vero non siamo noi a mandarli dallo psichiatra, ma salvo il caso di un tso è la persona a rivolgersi allo psichiatra/psicologo, eccetera. quello che voglio dire è che la tua affermazione, secondo me, non tiene conto di tutti quei casi in cui il tratto patologico è egodistonico. io non nego il ruolo della società nell'eziopatogenesi della malattia, ma queste posizioni da antipsichiatria mi paiono riduttive come l'appellarsi solo ai neurotrasmettitori o a chi per loro
    Forse mi sono espresso male, per quanto riguarda il primo punto, mi riferivo a tutte le definizioni del Sims in generale, e non a quella dell'oms. Per la tua seconda obiezione, sei sicura che non sia la società a costruire i malati? Se sono le relazioni, le norme sociali, la cultura che ci tramandiamo, le nostre esperienze sociali ad indirizzarci verso una patologia, Oltre al chiedersi se un "malato" non assume certe caratteristiche proprio per conformarsi alle norme (come chiede Scharfetter!), possiamo veramente chiederci se è "la società ad essere malata", o perlomeno certi gruppi come la famiglia. Se è quindi la società a creare i malati non possiamo certo dire che non vi sia una forzatura ad andare da uno psichiatra. Mi sembra piuttosto una visione più ingenua quella di credere che senza TSO non vi sia forzatura. La sottile forzatura sta nell'adeguamento alle norme. Sappiamo che una certa serie di problemi sono patologici e ci comportiamo di conseguenza, e questa serie è imposta dalla parte "normale" della società. Per questo credo che guardare alla malattia sia un punto di vista sbagliato. Dovremmo guardare alla sofferenza.
    Ad es. Freud diceva che la socializzazione va inevitabilmente a scontrarsi alle pulsioni naturali umane, portando quindi ai disturbi, e Laing in "L'io diviso" lo riprende da un punto di vista diverso.

    Sono daccordo con Rasputin, ma cos'è questa soglia?

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  6. #6
    non ho escluso il ruolo della società: ho obiettato al suo diventare unica e/o principale causa, il tuo ragionamento mi sembra riduttivo.
    (l'esempio del tso era ovviamente paradossale, il fulcro della mia obiezione stava semmai nella dicotomia egosintonico/egodistonico)


    Sappiamo che una certa serie di problemi sono patologici e ci comportiamo di conseguenza, e questa serie è imposta dalla parte "normale" della società.
    cioè, per esempio, io che sono depressa non sto male perché sono depressa, ma sto male perché la società mi dice che essere depresso equivale a dover stare male? non capisco, davvero.
    e se non esiste la malattia (anche come parte di un continuum, eh? ché mi pare un punto di vista assodato: tra l'altro, la definizione dell'oms secondo me è riconducibile a questo, attraverso il concetto di promozione della salute, quindi il tentativo di facilitare l'individuo nell'avvicinarsi al benessere), come può esistere la sofferenza? è ovvio che nel momento in cui ci troviamo di fronte al paziente non lo guardiamo come "malattia" ma come persona che soffre. poi insomma, le definizioni sono definizioni operazionali, non credo possano davvero descrivere con precisione concetti come quello di salute/malattia e benessere/sofferenza, ma limitarsi a indicare dei modi di guardare a questi concetti.
    non credo che la via per "comprendere" la complessità passi attraverso il relativismo.
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  7. #7
    Non mi prendere come un antipsichiatra convinto e accanito.
    Non ho capito cosa intendi dire con "la dicotomia egostintonico / egodistonico"...
    Non ho detto che la società è causa della malattia, ho detto che la società riconosce la malattia come diversità, ed in questo senso la "costruisce". Tuttavia la mia opinione è molto più a favore delle cause sociopsicologiche che organiche.
    Se sei depressa stai male per la tua depressione, ma le norme interiorizzate ti dicono anche quel soffrire non è "normale", che uno psicologo o psichitra si può occupare di te. Se nella nostra società la condizione normale fosse essere depressi, molto probabilmente non considereremmo più la depressione come un fatto anormale, molto probabilmente non lo noteremmo neanche.
    Hai ragione a vedere la persona che hai davanti come una Persona che soffre ( forse! ), ma purtroppo non è sempre così. Ci sono molti altri modi di vedere, che sono incentrati sui sintomi, le sindromi e le malattie, e sulla cura di questi. Concordo anche nel dire che queste definizioni sono sempre create a fine operazionale, la psicopatologia si occupa proprio di riconoscere le malattie mentale per poi tentare di curarle, ma credo anche che sia possibile una definizione migliore di quelle date dai miei manuali.

    " CONOSCI TE STESSO - Γνωθι Σεαυτον " Oracolo di Delfi, Socrate.

  8. #8
    alberag
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da Mia_Wallace
    non ho escluso il ruolo della società: ho obiettato al suo diventare unica e/o principale causa, il tuo ragionamento mi sembra riduttivo.
    (l'esempio del tso era ovviamente paradossale, il fulcro della mia obiezione stava semmai nella dicotomia egosintonico/egodistonico)




    cioè, per esempio, io che sono depressa non sto male perché sono depressa, ma sto male perché la società mi dice che essere depresso equivale a dover stare male? non capisco, davvero.
    e se non esiste la malattia (anche come parte di un continuum, eh? ché mi pare un punto di vista assodato: tra l'altro, la definizione dell'oms secondo me è riconducibile a questo, attraverso il concetto di promozione della salute, quindi il tentativo di facilitare l'individuo nell'avvicinarsi al benessere), come può esistere la sofferenza? è ovvio che nel momento in cui ci troviamo di fronte al paziente non lo guardiamo come "malattia" ma come persona che soffre. poi insomma, le definizioni sono definizioni operazionali, non credo possano davvero descrivere con precisione concetti come quello di salute/malattia e benessere/sofferenza, ma limitarsi a indicare dei modi di guardare a questi concetti.
    non credo che la via per "comprendere" la complessità passi attraverso il relativismo.
    Mannaggia due volte, volevo dire io questa cosa.
    Cmq, nella definizione OMS la tensione verso un pieno benessere fisico, psicologico, sociale e spirituale è data non tanto come definizione teorica, ma più che altro pratica. In essa è insita non tanto una possibilità commerciale, ma la base per ampliare il concetto in fase di ricerca e pratica clinica: ovvero, se la definizione di salute è tensione verso e, in quanto tale non può essere raggiunta del tutto, resta la dimensione concettuale del miglioramento dello stato di salute.
    Quanto alla questione che tu poni, su cos'è la salute mentale, non credo che sia una domanda attuale, perchè non credo che ci sia una differenza "di merito" fra la malattia fisica e quella mentale. Le differenze stanno più che altro in come si approccia questo ambito, e non solo da parte degli opratori sanitari, ma anche da parte dei pazienti: esistono associazioni di pazienti per ogni malattia (neurologiche, cardiologiche, muscoloscheletriche, neoplastiche...), tranne che per quella psichiatrica. In quest'ambito si trovano solo delle - sparute - associazioni di famigliari di pazienti. Come mai?

  9. #9
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    Originariamente postato da Darkgianlu85

    Se sei depressa stai male per la tua depressione, ma le norme interiorizzate ti dicono anche quel soffrire non è "normale", che uno psicologo o psichitra si può occupare di te. Se nella nostra società la condizione normale fosse essere depressi, molto probabilmente non considereremmo più la depressione come un fatto anormale, molto probabilmente non lo noteremmo neanche.
    Va bè ma questo è abbastanza ovvio..

    Secondo me la malattia è tale quando impedisce all'individuo di vivere al meglio delle sue potenzialità e questo gli crea sofferenza.
    Uno può anche avere una fobia sociale ma riparare a questa sofferenza andando a vivere come eremita sull'Himalaya e lì stare benissimo...in tal caso è corretto parlare di psicopatologia?
    Certo, l'esempio è un po' riduttivo, ma alla fine il mondo è pieno di persone che soffrono di disturbi di vario genere e trovano strategie di coping che permettono loro di fare una vita tuttosommato soddisfacente...

    Forse era questo che volevi dire..
    Se uno è depresso ma usa la sua depressione x scrivere poesie, si dà all'arte e non sente il bisogno di curarsi, può benissimo farne a meno.
    Il problema sorge quando la malattia viene percepita come soggettivamente limitante x le aspirazioni di vita del soggetto e il soggetto stesso decide di intervenire x modificare la situazione..

    In caso contrario, se il soggetto è adeguatamente informato sulle possibilità di cura e decide di sua spontanea volontà di non usufruirne, è "malato" ma non percepisce il desiderio di "curarsi" quindi..che fare?
    Nulla.

    C'è libertà e la società non impone di curarsi se non si è un pericolo x sè stessi e x gli altri...

    La società mette etichette, è vero, ma non crea disagi che non esistono...
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  10. #10
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    Originariamente postato da TheGathering

    La società mette etichette, è vero, ma non crea disagi che non esistono...

  11. #11
    Originariamente postato da TheGathering
    Va bè ma questo è abbastanza ovvio..
    Ovvio ma non proprio ininfluente. Ad esempio potremmo chiederci quanto c'è di patologico nella nostra società che noi, essere socializzati, non vediamo.
    Forse era questo che volevi dire..
    Se uno è depresso ma usa la sua depressione x scrivere poesie, si dà all'arte e non sente il bisogno di curarsi, può benissimo farne a meno.
    Non credo che può farne a meno se scrive poesie... Mi chiedo se ciò non continui a ritardare un'operazione che potrebbe essere fatta precocemente, con molti meno problemi. Sims cita proprio il caso dei malati gravi che spesso non vanno in terapia ed aggravano enormemente la loro condizione.
    [QUOTEIl problema sorge quando la malattia viene percepita come soggettivamente limitante x le aspirazioni di vita del soggetto e il soggetto stesso decide di intervenire x modificare la situazione..
    In caso contrario, se il soggetto è adeguatamente informato sulle possibilità di cura e decide di sua spontanea volontà di non usufruirne, è "malato" ma non percepisce il desiderio di "curarsi" quindi..che fare?
    Nulla.[/QUOTE]
    Qui sorgono i problemi a cui prima accennavo. Prima di tutto, il percepire che il disturbo è limitante per se stessi non significa soltanto autoanalizzarsi e decidere di andare in terapia. Potrebbe forse essere un compito che una persona che si conosce bene può fare, ma non la maggior parte delle persone. Sappiamo cos'è una malattia mentale in base anche e soprattutto alla nostra socializzazione e alla nostra cultura. Quindi, la psicopatologia, come diceva Laing, dovrebbe occuparsi di ampliare il più possibile il suo spettro culturale e di analisi, ed il nostro stato, a mio avviso, dovrebbe promuovere una migliore conoscenza della materia, visto che ci riguarda tutti!

    C'è libertà e la società non impone di curarsi se non si è un pericolo x sè stessi e x gli altri...

    La società mette etichette, è vero, ma non crea disagi che non esistono...
    La società crea disagi. è proprio così, gli studi interculturali lo dimostrano. Inoltre, nella nostra società è possibilissimo che vengano veicolati false informazioni, che hanno l'unico scopo di far soldi. Un caso è questo: Giù le mani dai bambini
    Inoltre la libertà è limitata dalla nostra società. Chi può dire di essere pazzo in mondo dove ti rinchiudono se sei psicotico e non se pensi all'uomo come ad una macchina?

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  12. #12
    Partecipante Esperto L'avatar di TheGathering
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    Mmm..
    Io credo che la società siamo noi, non un ente astratto e seprato...
    La cultura o subcultura che ci ritroviamo l'abbiamo creta noi in quanto esseri imperfetti...
    Spesso si vuole uccidere l'imperfezione, la diversità..
    Io credo che ognuno abbia il diritto di vivere la sua diversità se l'ha accettata (vedi gli omosessuali x esempio...).
    Perchè costringersi a curare qualcuno che non vuole essere curato?

    Sia chiaro che io non sono ASSOLUTAMENTE fautrice del modello medico/meccanico/organicista che sia..

    Credo che buona parte dei disturbi nascano in famiglia, che spesso c'è una componente biologica e che un'adeguata formazione dei neo-genitori potrebbe già fare molto..
    Un bambino con l'ADHD avrà molte + difficoltà in una famiglia che non riesce a essere positiva e tranquilla nei suoi confronti, d'altronde, gli sarà molto + facile fare dei progressi se si trova in un ambiente accogliente e contenitivo...


    "La società", questa incriminata, cos'è x voi, se non la proiezione all'esterno delle nostre dinamiche interne, dei conflitti e delle nevrosi (se non psicosi) degli individui?

    Come si può modificare la società se non cambiamo prima noi?
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  13. #13
    Beh, la società è formata dagli uomini, ma non è l'insieme degli uomini, è qualcosa di diverso e più complesso che la società pensata da un uomo, non credi?
    Io non penso che tu credi al diritto di vivere la propria diversità perchè l'hai capito con la vita, è molto più probabile, e non è un offesa, che questa idea fa parte della tua coscienza storico / culturale che ti è stata trasmessa e che normalmente prendiamo per buona, fino a quando non analizziamo personalmente i quesiti.
    Forse è intrinseco di tutti i gruppi e sistemi sociali escludere i "malati", forse si tratta di un processo comune e normale che tende ad emarginare la diversità per mantenere coesione, unità e personalità al gruppo. In Italia è previsto il TSO ( credo si chiami così ) che permette un trattamento terapeutico "forzato" per persone che, a giudizio dei medici, ne hanno bisogno, spesso per prevenire futuri problemi.
    Io non voglio eliminare la diversità, forse hai frainteso pensando che dicessi che la società ci rinchiude in gabbia.

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  14. #14
    alberag
    Ospite non registrato
    La società non crea disagi, in senso stretto, ma è assolutamente vero che in società differenti ci sono malattie con diversa prevalenza: di anoressiche non se ne vedono fra gli indù e ce ne sono molte di meno in Cina ed in Giappone. Ci sono proprio malattie differenti: gli studi interculturali dicono questo. Poi possiamo fare letture diverse fra loro.

  15. #15
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    Re: Cos'è la malattia mentale?

    Originariamente postato da Darkgianlu85
    La mia opinione è, però, che i "malati mentali" sono una creazione della società ( sia a livello di concetto, sia a livello di comportamento che poi questi assumono ), come nella definizione di Laing: "Ciò che noi definiamo come normale è un prodotto della repressione, della negazione, dell'isolamento, della proiezione, dell'introiezione e di altre forme di azione distruttiva nei confronti dell'esperienza." E ancora: " Le forme dell'estraneazione che esulano dalle norme previste per l'estraniazione vengono investite dalla maggioranza 'normale' dell'etichetta di oppositore e pazzo."

    I pazzi sono scomodi e noi li mandiamo dallo psichiatra. Sono scomodo perchè sono il frutto marcio della nostra società che non li accetta. Le persone ben socializzate hanno interiorizzato questi modelli e li applicano con naturalezza, spesso senza andare incontro alla sofferenza portata dalla persona.
    Ci stai quindi dicendo che tutti i "normali" sono in realtà dei repressi?

    I pazzi secondo me non sono affatto scomodi, sono scomodi a sè stessi quando stanno male semmai...

    Ma poi "pazzi" cosa vuol dire?
    Pazzo è lo psicotico, o pazzo è il nevrotico, l'ossessivo-compulsivo, l'anoressica??

    Io credo che chiunque prima di essere un "pazzo" è una persona.
    E si trova all'estremo di un continuum, ma può benissimo spostarsi su quella linea e tornare nella parte centrale della normale..
    Ognuno di noi può "impazzire" da un momento all'altro, avere un raptus, cadere in depressione, non riuscire a dormire.
    Il punto è che questi comportamenti sono disadattivi.

    La società limita la libertà personale quando è disadattiva..
    Se la depressione ti porta a suicidarti..è x te disadattiva, se hai una dipendenza da cocaina, questa cosa è x te disadattiva...

    Non capisco esattamente dove vuoi arrivare gianlu

    (cmq bel topic )
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