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Discussione: Effetto Drop out

  1. #16
    Partecipante Figo L'avatar di Pandora
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    Bravo Accadueo hai centrato il problema
    quello che tu esponi non è un pregiudizio, è esattamente ciò che accade: la sostanza spesso ha una potenza dirompente, come tu dici, autoritaria; è per questo che il terapeuta a volte deve assumere un atteggiamento fermo e direttivo, ma senza essere autoritario, perchè rischierebbe di entrare in competizione con qualcosa che soprattutto nelle fasi iniziali della terapia irrompe prepotentemente nel setting facilitando un possibile drop out....il problema è sempre trovare il giusto equilibrio tra una messa in gioco necessaria ad ottenere la fiducia dell'impaziente e un sano distacco.
    Purtoppo spesso il tossicodipendente agisce dinamiche fortemente manipolatorie e seduttive con le quali mira ad impietosire l'operatore mostrandosi completamente succube della sostanza e, di conseguenza, non responsabile delle proprie azioni; chiaramente non tutti sono così ma di fatto il problema della collusione è uno dei più spinosi riguardo al trattamento dei tossicodipendenti.

    In sostanza (tanto per rimanere in tema ) anche la collusione può diventare l'anticamera del drop out.

    Dove c'è la Ragione c'è il dispotismo, dove ci sono le ragioni c'è la libertà.
    (P. Martinetti)

    Giace l'alta Cartago, appena i segni
    dell'alte sue ruine il lito serba.
    Muoiono le città, muoiono i regni
    copre i fasti e le pompe arena et erba...

    (T. Tasso)

    -Membro del Club Del Giallo - tessera n°6-SEGRETARIA DI REDAZIONE

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  2. #17
    Super Postatore Spaziale L'avatar di Accadueo
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    piccola parentesi:
    ho trovato nel dizionario di inglese che ho a casa (senza copertina) che fra i fignificati "drop out" sarebbe anche "calcio di rimessa in gioco della palla" ... interessante

  3. #18
    Ops... io evidentemente parlavo di un setting molto diverso e non mi intendo molto di dipendenze... cmq molto interessante il discorso...
    son d'accordo sul fatto che se il paziente droppa il terapeuta qualche domandina se la deve fare...
    Sul discorso di nuvolina sulla ricerca... basta intendersi... se uno vuol fare psicologia si inciucia anche la difficoltà di far ricerca e di "misurare" le persone... se no si fa altre cose ma non si fa scienza... se poi non interessa fare scienze... opinione rispettabilissima ma basta essere consapevoli.
    Su Di Clemente & c. in relatà non si tratta nemmeno di misurare le persone perchè il modello si rivela di poca utilità nella pratica clinica secondo me... grazie che bisogna aspettare che il pz. decida di cambiare... la vera difficoltà è ingaggiarlo soprattutto quando il disturbo è egosintonico...

  4. #19
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    ciao pandora a dire il vero mi incute un pò di terrore quando dici "nel momento in cui non lo fa rischia di soggiacere alle manovre seduttive e manipolatorie dell'utente o attraverso un'atteggiamento collusivo, o attraverso un irrigidimento difensivo" non è un pò troppo rigida questa posizione? io penso che bisogna essere un pò fluidi nell'approcciarsi e sentire quale può essere il bisogno dell'impaziente, è necessario sapersi modellare su di lui e non imporgli la rigidità ma piuttosto dare calore! Penso sia superata quest'idea del tossico manipolatore seduttivo, non che non lo sia ma nella società in cui viviamo chi non lo è?
    Tra l'altro parlavo pochi giorni fa con il primario del sert e lui mi diceva che la sua impressione era che si fosse in tre nella relazione ma non terapeuta-impaziente-sostanza-, lui sostiene che si è in tre perchè nella relazione emerge il "lato nero" dell'impaziente, per cui se oggi lo vedo ed è collaborativo o comunque sta bene, potrebbe essere che domani io non lo veda affatto o possa essere distruttivo! tutti noi abbiamo un lato oscuro ma in loro forse è più facile che emerga forse anche perchè stanno cercando di mollare la sostanza!
    H2O scusa ma non mi è chiaro quale sia il tuo pregiudizio nei confronti della relazione, magari se mi spieghi meglio.. e poi mi interessa anche l'idea del tempo, dai che poi ne discutiamo ciao a tutti comunque e felice anno nuovo nuvolina!

  5. #20
    Partecipante Figo L'avatar di Pandora
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    Originariamente postato da nuvolina
    ciao pandora a dire il vero mi incute un pò di terrore quando dici "nel momento in cui non lo fa rischia di soggiacere alle manovre seduttive e manipolatorie dell'utente o attraverso un'atteggiamento collusivo, o attraverso un irrigidimento difensivo" non è un pò troppo rigida questa posizione? io penso che bisogna essere un pò fluidi nell'approcciarsi e sentire quale può essere il bisogno dell'impaziente, è necessario sapersi modellare su di lui e non imporgli la rigidità ma piuttosto dare calore! Penso sia superata quest'idea del tossico manipolatore seduttivo, non che non lo sia ma nella società in cui viviamo chi non lo è?
    Ciao Nuvolina
    mi sembra di capire che tu più che in una comunità lavori in un Eden !
    Per quel che mi riguarda ho collaborato con diverse strutture e la prima cosa da cui mi hanno messo in guardia ovunque è il rischio di colludere con questi pazienti a causa dei loro atteggiamenti seduttivi e manipolatori che se non vengono identificati rischiano di far fallire l'analisi della domanda e, di conseguenza l'intervento.

    Dire che siamo tutti seduttivi è una forma di qualunquismo, è un pò come dire che tutti i politici rubano; prova a lavorare in carcere e vedrai quanti psicologi si lasciano rigirare come calzini da tossicodipendenti profondamente addolorati e piangenti che brandiscono le foto dei loro figli come santini giurando su di loro che darebbero qualsiasi cosa pur di poter cambiare vita e dopo che hanno avuto le misure alternative te li ritrovi dopo un mese con condanne dai 10 anni in su per traffico internazionale di stupefacenti!
    Ti assicuro che non sono pochi e se le lacrime e l'autocommiserazione non sono smaccati -e spesso riusciti- tentativi di manipolazione, puoi trovare tu un altra definizione ma la sostanza rimane la stessa...

    Come dire? A me incutono più terrore gli psicologi troppo ingenui che per paura di abbracciare degli stereotipi mettono in ombra una parte fondamentale del problema, sulla quale tra l'altro esiste una letteratura sterminata e decisamente più illustre della mia esperienza personale.

    Quanto alla rigidità che hai ravvisato, forse non mi sono espressa bene, ma in un precedente post ho parlato di giusto equilibrio da parte del terapeuta; sono d'accordo che il calore è fondamentale, ma lo è altrettanto un atteggiamento fermo e direttivo nei confronti di quei pazienti che non hanno interiorizzato l'autorità e le regole.
    Se vuoi possiamo continuare a parlarne....per ora ricambio gli auguri di buon anno estendendoli ai nostri interlocutori.

    A presto,
    Pandora

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  6. #21
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    Auguri anche a voi

    H2O scusa ma non mi è chiaro quale sia il tuo pregiudizio nei confronti della relazione, magari se mi spieghi meglio.. e poi mi interessa anche l'idea del tempo, dai che poi ne discutiamo
    Dunque, partendo dalla premessa che ogni figura dentro la stanza di terapia abbia un suo tempo di pazienza e impazienza (prendo in causa queste dimensioni per adesso), il mio pregiudizio si basa sulla convinzione che, quando inizia una relazione terapeutica dove i partecipanti sono il terapeuta, l' utente e la sostanza, se quest' ultima è la più impaziente allora si avranno maggiori probabilità di drop out. Detto con un esempio: in stanza ci sono tre impazienti, il terapeuta, l' utente e la sostanza. Il primo è impaziente perchè vorrebbe aiutare "al più presto" l' utente a svincolarsi dalla sostanza; l' utente è impaziente con il terapeuta perchè vorrebbe liberarsi "al più presto" dalla sostanza; la sostanza è impaziente con l' utente e con il terapeuta perchè vuole al più presto circolare nelle vene dell' utente. Nel momento in cui, l'impazienza della sostanza è maggiore di quella del terapeuta e dell' utente allora si potrà ipotizzare che la "causa" di un drop out può essere "legata" alla forza, prepotenza di questa impazienza.
    Stesso discorso se facessi un esempio con le varie combinazioni di pazienza e impazienza tra terapeuta e utente lasciando inalterata l' impazienza della sostanza... tipo: terapeuta paziente, utente paziente e sostanza impaziente; terapeuta impaziente, utente paziente e sostanza impaziente; ecc..
    Mi viene difficile al momento raccontare questo mio pregiudizio meglio di così.. però allo stesso tempo facendolo mi sono posto delle domande, una di queste è: se la sostanza dovesse diventare paziente(nel senso temporale), l' utente può definirsi "pulito" dalla sostanza? E poi: è possibile che un utente sia paziente mentre la sostanza non lo è?

    Naturalmente le mie, sono delle semplificazioni di situazioni tutt' altro che semplici e che necessitano della complessità che meritano. Questo mio ridurre i fenomeni a poche variabili (per adesso) ha come effetto (in me) quello di comprendere come la realtà sia splendidamente complessa ma complicata da descrivere e che comunque, aggiungere di volta in volta "pizzichi" di complessità facciano bene alla mente e alla conoscenza.
    (pare uno slogan elettorale )

  7. #22
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    il problema a cui mi riferivo Pandora è che nel momento in cui un utente mi entra nello studio o mi ferma in corridoio non me la sento di pormi nei suoi confronti come quella che sa tutto perchè ha studiato tanto e letto moltissima letteratura, non me la sento di pormi nei suoi confronti come quella direttiva che impone le cose senza concordarle con lui, non me la sento neppure di appioppargli una di quelle belle interpretazioni sulla sua malattia, sulle regole e sull'autorità! per l'appunto la comunità dove ho lavorato usa un approccio motivazionale e non confrontazionale come il vecchio progetto uomo (per me disumano); ti assicuro che non è un Eden e di sofferenza ce n'è tanta e forse è più vera e meno manipolatoria! E poi sarà anche un discorso qualunquista il mio ma fino ad un certo punto, vorrei che tutti ci facessimo una bella analisi e capissimo quanto manipolatori e seduttivi siamo per ottenere i nostri fini, cerchiamo di non essere ipocriti, se la manipolazione è del deviante gridiamo al lupo e ci barrichiamo, ma se viene da un personaggio di spicco allora tutto è ok! (ma lasciamo stare perchè non voglio entrare nella politica, e per politica non intendo quella del governo..)
    certo che ci sono persone che si fanno rigirare come calzini, ci mancherebbe, probabilmente anche io in certe occasioni, ma che significa? se c'è relazione se ne può parlare, discutere.. forse partiamo da due punti di vsita differenti: io non me la sento proprio di pormi come quella che riporta sulla retta via il tossico che prima mostra le foto dei suoi figli e poi prende la condanna di 10 anni, probabilmente questa persona ha fatto una scelta e io la rispetto pur non condividendola, quello che posso fare e cercare di farlo sentire meglio ma non di certo posso dirgli questo è bene e questo è male, non sono mica un prete io!! penso che alla base di queste nostre diverse visioni e approcci ci sta l'ETICA, io non voglio assolutamente manipolare il tossico e portarlo sulla retta via perchè può essere che vada bene a me ma a lui? Molto spesso si trattano gli impazienti come se non capissero un cazzo e come se solo noi sapessimo cos'è giusto fare, come è giusto trattarli, e ci si scorda che sono PERSONE! e ogni persona è diversa dall'altra non posso rapportarmi a lei come a tutta la sua categoria! Di che analisi della domanda stai parlando? se la domanda è sua del tossico come può boiccotarla? riguardo alla collusione penso sia molto dannosa per entrambi, terapeuta e impaziente, ma mi chiedo non è che sia più collusivo o comunque più coinvolto quello che se la prende a male perchè l'impaziente gli ha boicottato l'intervento di redenzione che il terapeuta dall'alto dei suoi studi e letteratura letta aveva preconfezionato per lui? (sottolineo pre-confezionato perchè spesso non è concordato con l'impaziente, e nel caso in cui lo sia, non si concede all'impaziente di cambiare idea nel corso delle cose!)

    ho pensato a quello che dici H2O e penso che non ha senso che il terapeuta voglia aiutare al più presto, il tempo sarà quello dell'impaziente, ci sono impazienti che stanno in terapia anni o addirittura una vita, e certi che non lasciano mai la sostanza, ma non è questo il problema, se la persona trova il suo equilibrio così perchè non rispettarlo? che l'utente sia impaziente con il terapeuta perchè vorrebbe liberarsi "al più presto" dalla sostanza è vero e anche no, specie se non si è ricolto di sua spontanea verità ma con un invio forzato; e poi che la sostanza sia impaziente con l' utente e con il terapeuta perchè vuole al più presto circolare nelle vene dell' utente non lo condivido affatto nel senso che non posso paragonarla alla stregua dei primi due perchè è una cosa, senza motivazione è ferma, è morta. Anche relativamente al dorp out, certo questo accade ma bisogna capire cosa si intende: intendi drop out perchè l'impaziente ricade e si fa? intendi drop out perchè l'impaziente sparisce dal servizio e non si fa più vedere? e anche in questo caso se poi ricompare dopo 6 mesi o 3 anni e chiede aiuto?

    ciao!!

  8. #23
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    [QUOTE]Originariamente postato da nuvolina
    il problema a cui mi riferivo Pandora è che nel momento in cui un utente mi entra nello studio o mi ferma in corridoio non me la sento di pormi nei suoi confronti come quella che sa tutto perchè ha studiato tanto e letto moltissima letteratura, non me la sento di pormi nei suoi confronti come quella direttiva che impone le cose senza concordarle con lui, non me la sento neppure di appioppargli una di quelle belle interpretazioni sulla sua malattia, sulle regole e sull'autorità! [QUOTE]

    Io non ho mai detto di fare ciò: dico soltanto che non si possono ignorare tonnellate di studi sul comportamento e la personalità dei tossicodipendenti, ho parlato più di una volta di atteggiemento equilibrato: ho visto la rigidità di cui tu mi parli provocare fuggifuggi e allo stesso modo ho visto il calore a cui ti appelli pervicacemente provocare incendi...non so se mi spiego.

    E poi sarà anche un discorso qualunquista il mio ma fino ad un certo punto, vorrei che tutti ci facessimo una bella analisi e capissimo quanto manipolatori e seduttivi siamo per ottenere i nostri fini, cerchiamo di non essere ipocriti, se la manipolazione è del deviante gridiamo al lupo e ci barrichiamo, ma se viene da un personaggio di spicco allora tutto è ok! (ma lasciamo stare perchè non voglio entrare nella politica, e per politica non intendo quella del governo..)
    Per quel che mi riguarda quando agisco dinamiche manipolatorie cerco di analizzarle, in ogni caso faccio in modo di capirle e lavorarci sopra, magari cercando di trasformarle in risorsa: si presume che io in quanto psicologa ne abbia gli strumenti mentre l'utente magari non li ha e non è in grado di riconoscere tali dinamiche tantomeno di gestirle: che dire? io ho sempre pensato che lo psicologo dovesse aiutare il peziente a trasformare in risorse il suo disagio....di solito il primo passo è permettergli di identificare il disagio, e questo non significa essere direttivi ma nemmeno farsi cojonare!
    Non dirmi che non ti è mai capitato quello che ti ha detto che sono ormai mesi che non si fa più, poi gli fai il test e lo trovi positivo...e ora per carità non dirò certo che i tossicodipendenti sono bugiardi, perchè in fondo chi di noi non è bugiardo?

    certo che ci sono persone che si fanno rigirare come calzini, ci mancherebbe, probabilmente anche io in certe occasioni, ma che significa? se c'è relazione se ne può parlare, discutere.. forse partiamo da due punti di vsita differenti: io non me la sento proprio di pormi come quella che riporta sulla retta via il tossico che prima mostra le foto dei suoi figli e poi prende la condanna di 10 anni, probabilmente questa persona ha fatto una scelta e io la rispetto pur non condividendola, quello che posso fare e cercare di farlo sentire meglio ma non di certo posso dirgli questo è bene e questo è male, non sono mica un prete io!! penso che alla base di queste nostre diverse visioni e approcci ci sta l'ETICA, io non voglio assolutamente manipolare il tossico e portarlo sulla retta via perchè può essere che vada bene a me ma a lui?
    Nuovolina cara il servizio sanitario nazionale spende taaaanti soldi per mettere in atto le misure alternative per i tossicodipendenti detenuti, qua non si tratta di essere missionari, si tratta di dare questa opportunità a persone realmente motivate per fare in modo che escano dalla tossicodipendenza, smettano di fare reati, si trovino un lavoro e non tornino ad inzeppare le patrie galere!
    I tossidipendenti in carcere costano e i soldi non scendono dal cielo, già quelli stanziati sono ridicoli, mettiamoci pure a sprecarli con quelli che non hanno nessuna voglia di fare alcunchè e oltretutto provano pure a prenderti per il culo!
    Ma andiamo...qui non si tratta di quello che voglio io, psicologa o quello che vuole il td, c'è un terzo interlocutore, la società, di cui spesso ci dimentichiamo tutti presi dal nostro orticello, e la società, me compresa, vuole meno rapine e scippi e soprattutto meno spese

    Di che analisi della domanda stai parlando? se la domanda è sua del tossico come può boiccotarla?
    Se torni indietro di una decina di post avrai la risposta...ti aiuto, è l'ultima riga del tuo primo intervento, dove parli della presenza della sostanza nella relazione

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  9. #24
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    Un piccolo inciso: lo psicologo che lavora un carcere ha un mandato istituzionale ben preciso, cioè collaborare con le altre figure professionali al progetto di risocializzazione del detenuto, che consiste appunto nel dare alla persona gli stumenti per effettuare una revisione critica delle proprie condotte e permettergli di agire in maniera egosintonica e soprattutto sociosintonica (che non significa dirgli :"questo è bene, questo è male", semmai :"questo potrebbe essere svantaggioso, questo invece vantaggioso").

    Se questo può essere tradotto come "li mettiamo sulla retta via", si,è quello che facciamo ma è la legge sull'ordinamento penitenziario che lo prevede, noi si è soltanto degli esecutori....

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  10. #25
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    ho pensato a quello che dici H2O e penso che non ha senso che il terapeuta voglia aiutare al più presto, il tempo sarà quello dell'impaziente,
    Ciao Nuvolina, il mio era solo un esempio di terapeuta impaziente e, in questo caso, pensavo al terapeuta fresco di specializzazione che potrebbe avere questo tipo di fretta..
    ci sono impazienti che stanno in terapia anni o addirittura una vita, e certi che non lasciano mai la sostanza, ma non è questo il problema, se la persona trova il suo equilibrio così perchè non rispettarlo?
    se questi ci stanno anni o addirittura una vita allora io tornerei a chiamarli pazienti ; secondo me, a questo punto è meglio chiarire il contesto, nel senso che, se parliamo di Ser.T. e una persona viene di sua volontà in questa struttura per disintossicarsi e ci sta una vita per farlo, allora penso che tale servizio, in questo caso specifico, non abbia funzionato o non sia risultato chiaro il suo ruolo che potrebbe essere stato interpretato tipo come "servizio pro tossicodipendenti".

    Riguardo le persone che non lasciano mai la sostanza e che comunque trovano un equilibrio, io sono perfettemente d' accordo con te.. perchè non rispettarlo? Il problema sorge, come sopra ha ricordato Pandora, che tipo di relazione c'è tra la persona e la sostanza e che effetti ha questa relazione sulle altre persone e società. Si può parlare dell'eroinomane disoccupato che trova un suo equilibrio vendendo orologi e macchine fotografiche rubate in giro per andarsi a comprare la dose giornalmente, però allo stesso tempo abbiamo il vecchietto giapponese ricoverato all'ospedale per infarto..
    Rileggendoti, non capisco se l' equilibrio lo associ al fare terapia per anni, a convivere con la sostanza o a entrambi...
    Piccola parentesi, mi viene in mente il film "Le conseguenze dell'amore" dove c'era il protagonista che faceva uso di eroina solo una volta a settimana (il mercoledi se non ricordo male) da 35 anni (anche questa data non la ricordo bene) e non aveva mai "sgarrato" di un giorno o di una dose in più.

    e poi che la sostanza sia impaziente con l' utente e con il terapeuta perchè vuole al più presto circolare nelle vene dell' utente non lo condivido affatto nel senso che non posso paragonarla alla stregua dei primi due perchè è una cosa, senza motivazione è ferma, è morta.
    Questo non lo so. Che siano eroina, alcol, soldi, queste cose possono prendere "vita" perchè hanno la capacità di influenzare, comunicano, emozionano, l'unica cosa è che non sono auto referenziali, nel senso che non si emozionano da sole, non si influenzano, ecc..


    Anche relativamente al dorp out, certo questo accade ma bisogna capire cosa si intende: intendi drop out perchè l'impaziente ricade e si fa? intendi drop out perchè l'impaziente sparisce dal servizio e non si fa più vedere? e anche in questo caso se poi ricompare dopo 6 mesi o 3 anni e chiede aiuto?

    ciao!!
    Intendevo dire che, nel caso in cui il bisogno (fisico e psichico) di "rifarsi" supera la motivazione dell' utente e, diciamo, la potenziale efficacia di una buona relazione terapeutica, allora si potrebbe azzardare l' ipotesi che il rischio di drop out dell' utente è più alto rispetto ad altre situazioni.
    Per me, il concetto di "drop out" non va riferito soltanto all' abbandono fisico della persona, ma anche all' abbandono relazionale, nel senso che una persona può stare una vita in stanza di terapia senza esserci "realmente" stato nella relazione.

    ciaociao

  11. #26
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    Per me, il concetto di "drop out" non va riferito soltanto all' abbandono fisico della persona, ma anche all' abbandono relazionale, nel senso che una persona può stare una vita in stanza di terapia senza esserci "realmente" stato nella relazione.

    ciaociao


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  12. #27
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    Riguardo le persone che non lasciano mai la sostanza e che comunque trovano un equilibrio, io sono perfettemente d' accordo con te.. perchè non rispettarlo? Il problema sorge, come sopra ha ricordato Pandora, che tipo di relazione c'è tra la persona e la sostanza e che effetti ha questa relazione sulle altre persone e società. Si può parlare dell'eroinomane disoccupato che trova un suo equilibrio vendendo orologi e macchine fotografiche rubate in giro per andarsi a comprare la dose giornalmente, però allo stesso tempo abbiamo il vecchietto giapponese ricoverato all'ospedale per infarto..
    Rileggendoti, non capisco se l' equilibrio lo associ al fare terapia per anni, a convivere con la sostanza o a entrambi...
    Piccola parentesi, mi viene in mente il film "Le conseguenze dell'amore" dove c'era il protagonista che faceva uso di eroina solo una volta a settimana (il mercoledi se non ricordo male) da 35 anni (anche questa data non la ricordo bene) e non aveva mai "sgarrato" di un giorno o di una dose in più.

    ciaociao
    I tossicodipendenti a cui fai riferimento vengono definiti "weekenders", sono una sparuta minoranza, hanno spesso una famiglia ed un lavoro, si fanno solo il fine settimana e non commettono reati: la maggior parte dei tossici di contro entra ed esce dalle galere dove tra l'altro trova un vasto campionario di malattie alle quali attingere, epatite, hiv, meningite, tubercolosi (in carcere esiste ancora!) e fra un pò pure l'aviaria...quando sei sieropositivo e quindi immunodeficiente ti prendi qualsiasi stronzata.
    Non si tratta di redimere (io fra l'altro sono atea ) si tratta di aiutare a stare meglio persone che ti chiedono di metterli nelle condizioni di non fare più reati e di non ammalarsi più.
    Per inciso, le celle contengono fino a sei persone, se circola una malattia contagiosa tempo una settimana se la sono presa tutti.....bisognerebbe più spesso pensare in termini pragmatici piuttosto che etici, in termini di società piuttosto che di individuo, perchè il benessere della società alla fin fine non può prescindere da quello del singolo...credo che il senso della prospettiva biopsicosociale sia proprio questo.

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  13. #28
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    ciao Pandora la rigidità a cui mi riferivo è che molto spesso è lo psicologo quello che sa, quello che fa, che analizza e lavora sulle dinamiche dell'altro (come dici anche tu! "Per quel che mi riguarda quando agisco dinamiche manipolatorie cerco di analizzarle, in ogni caso faccio in modo di capirle e lavorarci sopra, magari cercando di trasformarle in risorsa") senza sforzarsi di capire che cosa significhino per l'altro, l'unica preoccupazione è fornirgli un bel libretto delle istruzioni, anzi libretto delle interpretazioni!

    Nella comunità dove lavoro, come ho già detto utilizziamo un approccio motivazionale che cerca di scardinare tutte quelle dinamiche che il tossico continua a mettere in atto, quando mi rispondi "Non dirmi che non ti è mai capitato quello che ti ha detto che sono ormai mesi che non si fa più, poi gli fai il test e lo trovi positivo...e ora per carità non dirò certo che i tossicodipendenti sono bugiardi, perchè in fondo chi di noi non è bugiardo?" la cosa non può che farmi sorridere, non prenderla a male ma noi cerchiamo di non attivare la dinamica del controllore (spesso i genitori o i partners del tossico)! Che senso ha che io gli chieda se si è fatto e poi gli faccia le analisi? non dirmi che non lo vedi se uno si fa o meno, lo sappiamo entrambi, sia io sia il tossico, magari non è pronto per ammetterlo e presentargli il referto delle analisi a che mi serve? solo a riattivare quella dinamica! a potergli dire tu menti, sai quanti prima di me glielo hanno detto? e a cosa è servito?

    ti chiedo di scusarmi se sono parsa un pò troppo infervorata e non posso che essere d'accordo con te quando dici che " psicologo che lavora un carcere ha un mandato istituzionale ben preciso", io mi riferivo ad una situazione dove il terapeuta avesse meno vincoli esterni che influivano sulla terapia!
    ciao

  14. #29
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    Nella comunità dove lavoro, come ho già detto utilizziamo un approccio motivazionale che cerca di scardinare tutte quelle dinamiche che il tossico continua a mettere in atto, quando mi rispondi "Non dirmi che non ti è mai capitato quello che ti ha detto che sono ormai mesi che non si fa più, poi gli fai il test e lo trovi positivo...e ora per carità non dirò certo che i tossicodipendenti sono bugiardi, perchè in fondo chi di noi non è bugiardo?" la cosa non può che farmi sorridere, non prenderla a male ma noi cerchiamo di non attivare la dinamica del controllore (spesso i genitori o i partners del tossico)! Che senso ha che io gli chieda se si è fatto e poi gli faccia le analisi? non dirmi che non lo vedi se uno si fa o meno, lo sappiamo entrambi, sia io sia il tossico, magari non è pronto per ammetterlo e presentargli il referto delle analisi a che mi serve? solo a riattivare quella dinamica! a potergli dire tu menti, sai quanti prima di me glielo hanno detto? e a cosa è servito?

    ciao
    Nuovolina senza offesa a volte mi sembra che affronti il problema di pancia più che di testa.
    Terrorizzarsi o sorridere senza considerare tutte le sfaccettature del problema rischia di metterne in ombra la complessità.
    Nelle comunità terapeutiche adibite all'esecuzione delle misure alternative alla reclusione il meccanismo è il seguente: tu, tossicodipendente ti impegni a seguire un percorso terapeutico riabilitativo che prevede l'accettazione di un contratto iniziale; tale contratto comporta una serie di regole, alla cui trasgressione corrisponde adeguata sanzione (dalla sospensione dalle attività comuni al ritorno in carcere).
    Regola n. 1: astenersi dalla sostanza.
    Regola n. 2: sincerità.
    E' fondamentale far capire l'importanza di tali regole, perchè spesso il problema del td che fa reati è proprio il non averne; soprattutto è fondamentale che capisca l'importanza di quelle regole non scritte la cui trasgressione comporta l'emarginazione da parte della società: la sincerità è la prima di esse.
    Ho lavorato in passato in una struttura semiresidenziale per td ex detenuti e non puoi capire quanto possa essere difficile per lo psicologo non esporsi al paradosso, dal momento che le funzioni in parte contraddittorie di aiuto e controllo vengono ad essere incarnate dalla stessa persona, a differenza che nel carcere dove il controllo è affidato agli agenti.


    Nuvolina, hai mai avuto amici diventati in seguito tossicodipendenti?
    Io si, ne ho avuto uno ed ho dovuto allontanarmene per via delle menzogne che raccontava, da quelle innocue (tipo occultare la rottura di un posacenere) a quelle meno innocue ( incontrarsi con il suo pusher in casa di amici spacciandolo per un conoscente).
    Non so se mi spiego, so solo che non avevo proprio niente di che sorridere quando mi mentiva guardandomi nelle palle degli occhi e nemmeno lui, quando tutti i suoi amici lo hanno abbandonato, non avendo nessuna intenzione di curarsi.
    Trattare il td da persona significa anche e soprattutto considerare che è responsabile delle proprie azioni proprio come tutti gli altri e come tale, soggetto alle sanzioni che la società ha stabilito in caso di violazione del "contratto socilale".

    Dove c'è la Ragione c'è il dispotismo, dove ci sono le ragioni c'è la libertà.
    (P. Martinetti)

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    (T. Tasso)

    -Membro del Club Del Giallo - tessera n°6-SEGRETARIA DI REDAZIONE

    TUTTO CIO' CHE NON CI UCCIDE CI RENDE PIU' FORTI

  15. #30

    Riferimento: Effetto Drop out

    Ciao a tutti!
    Mi rendo conto che scrivo dopo anni ma ci provo lo stesso. Vorrei fare una tesi sul burn-out negli operatori dei servizi di tossicodipendenza ma non riesco a trovare nessuna ricerca valida che risalga massimo al 2010. Nella ricerca disperata sono finita qui, vi chiedo se sapete consigliarmi qualcosa o dove controllare per trovare ricerche di questo tipo. grazie

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