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  1. #1
    Postatore Epico L'avatar di MEMOLEMEMOLE
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    18-02-2005
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    "ci sono persone che nonVOGLIONO farsi aiutare"!

    ...ciao a tutti..questa "ci sono persone che non VOGLIONO farsi aiutare e noi dobbiamo rispettare la loro volontà"!è una frase che mi è stata detta da una psicologa e psicoterapeuta.. secondo lei un professionista dovrebbe saper capire se e quando un persona è disposta a farsi aiutare..ora il problema è: come si fa a capirlo?(ovviamente non si puo' pensara di prendere una decisione simile da rifiuti, negazioni e cose del genere..anche perchè..lo sappiamo bene quanto siano significative in terapia... e soprattutto non potrebbe essere invece un modo carino per ammettere (sia pur inconsciamente) di non riuscire a "gestire" una situazione?... ..non so se mi sono spiegata..comunque vorrei ascoltare i vostri parerei..vi aspetto! grazie!!
    ." all'origine gli esseri umani erano doppi:possedevano 2 teste, 4gambe, 2 sessi uguali o diversi.Questa condizione cionferivaloro una grande forza e un ambizione tale che un giorno si lanciarono all'assalto del cielo.Allora zeus infuriato tagliò in due ciascuno di loro e da qual giorno ognuno è alla ricerca della sua metà!"
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  2. #2
    Partecipante Figo L'avatar di tata_moni
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    21-02-2006
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    Ciao!
    Secondo me ci sono persone che non sono ancora pronte per essere aiutate, ma in genere chi si rivolge allo psicologo è motivato, anche se non lo ammette esplicitamente... Non so cosa significhi la frase che ti è stata detta, forse voi lavorate in un posto in cui le persone entrano in contatto con lo psicologo in maniera obbligatoria?

  3. #3
    Postatore Compulsivo L'avatar di riversky
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    1
    A me è venuto da pensare agli adolescenti o a qualsiasi persona inviata dai genitori o da qualche altro specialista(per es. un medico). Durante il tirocinio mi è capitato di assistere ai colloqui con una coppia di genitori di un ragazzino che era stato "inviato" da un ospedale. I genitori si erano rivolti al C.A. perchè gliel'aveva "ordinato il medico". Per di più, loro pensavano di affidare il figlio, non di dover sostenere dei colloqui a loro volta!(in CA si tende a prendere in carico anche(alle volte solo) la persona(molto spesso i genitori)che ha formulato la richiesta di aiuto. Solo che in questo caso la richiesta era motivata da esigenze "mediche" (presunto dca del ragazzino, in realtà credo si trattasse di un minimo di insicurezza dovuta ad una madre leggermente apprensiva reduce da un periodo di forte stress). Lavorare con i genitori è stato impossibile: il padre vedeva gli psicologi come venditori di fumo, la madre accettava di partecipare ai colloqui solo per "proteggere" il figlio da questa esperienza. Forse costruendo un alleanza terapeutica migliore... In sei mesi di centro adolescenti ho "visto"numerosi casi di adolescenti che tendevano a non vedere i loro problemi(es.:un ragazzino post TS che sosteneva di stare benissimo) In questi casi è importantissimo cercare di costruire una relazione di fiducia con il paziente, magari spingendolo a riflettere sugli aspetti che gli stanno oggettivamente rendendo la vita difficile. Se questo non è possibile(credimi, è accaduto ad una professionista con esperienza ventennale) è inutile cercare di convincere una persona che noi abbiamo la soluzione ai suoi problemi. Ricordati che qualche anno fa si parlava di "lavaggio del cervello". Come può una persona lasciarsi aiutare da qualcuno che gli è stato imposto da un medico, che pretende di dare ordini solo in virtù del titolo di studio che ha conseguito?(non è proprio così, ho reso la cosa più drastica per esigenze di spazio). Non ti è mai capitato di avere un amico che si stava rovinando con le sue mani e che non voleva accettare i tuoi consigli o le interpretazioni che avevi formulato in merito al suo dolore? Nella psicoterapia ci sono momenti precisi in cui "far passare" un messaggio al paziente, lo stesso che in un momento precedente non sarebbe stato percepito. Rispettare la decisione di un paziente vuol dire lasciare la porta aperta per quando si sentirà pronto ad ascoltare, imporsi accusandolo di non capire la natura del suo disagio vorrebbe dire lasciarlo ancora più solo. D'altronde, una consultazione psicologica è un processo di interazione fra DUE persone, se una di queste non vuole partecipare...
    "The road of excess leads to the palace of Wisdom..." W. Blake



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  4. #4
    Postatore Epico L'avatar di MEMOLEMEMOLE
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    18-02-2005
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    ..credo infatti sia proprio questione di fiducia..
    ma se non si riuscisse a migliorare tale relazione e la persona isistesse comunque a dire bugie, scappare, trovare escamotage ai suoi comportamenti...cosa si dovrebbe fare? Premetto (è una cosa importante!!) la persona di cui sto parlando non è in terapia.. ed io non sono ancora una psicologa, lavoro a casa come educatrice anche se sanno benissimo che presto sarò psicologa!!! ho chiesto consiglio ad una persona esperta in quanto non riuscivo a gestire più una situazione così complicata! La persona di cui parlo si rende conto dei suoi problemi (nè parla!!) ma non riesce a fidarsi di nessuno (ha avuto esperienze negative fin dalla sua infanzia!!), ha provato la terapia con scarsissimi risultati(il terapeuta si è reso conto che non era pronta per quella esperienza!!)e ciò ha influito ancora di più ("non è riuscito ad aiutarmi neanche lui!!!).E' una situazione che mi sta assillando perchè purtroppo come di solito succede in questi casi, c'è di mezzo una bambina (autistica!!) e i suoi problemi, la sua modalità di relazione (e quella del padre!!!) influiscono parecchio sulla terapia della bambina!!! insomma...sono davvero giù, non so più che pesci pigliare!!!
    ." all'origine gli esseri umani erano doppi:possedevano 2 teste, 4gambe, 2 sessi uguali o diversi.Questa condizione cionferivaloro una grande forza e un ambizione tale che un giorno si lanciarono all'assalto del cielo.Allora zeus infuriato tagliò in due ciascuno di loro e da qual giorno ognuno è alla ricerca della sua metà!"
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  5. #5
    Postatore Compulsivo L'avatar di LuisaMiao
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    07-02-2005
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    credo che i fattori sian tanti.
    in primo luogo, se è o no il momento giusto per quella persona: a volte sappiamo bene che c'è un problema, ma non lo vogliamo/possiamo affrontare... (magari sarebbe troppo rischioso mettere tutto in discussione).
    poi bisogna trovare la persona giusta: è un fatto di relazione, se non ci "piace"il terapeuta non saremo mai coinvolti e aperti a lavorare con lui su noi stessi. e a volte per trovarlo ci vuol tempo. forse puoi lavorare su questo aspetto: farle capire che il fallimento non era suo, ma che non era la persona giusta per aiutarla. ed essere empatica sul fatto che è difficile, fa paura, è doloroso. Insomma farle capire che lo sai bene che non è un passo facile.
    però io cerchereri anche di avere un nome da cui mandarla nel caso, a un dato punto, si sentisse pronta a buttarsi; una persona fidata, conosciuta e che secondo te, possa andare bene.

    spero che questi spunti ti possan essere utili :-)
    Ciao
    Não sei o motivo pra ir
    só sei que não posso ficar
    não sei o que vem a seguir
    mas quero procurar.
    (Mafalda Veiga)

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  6. #6
    Postatore Epico L'avatar di MEMOLEMEMOLE
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    18-02-2005
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    Grazie tanto a tutti...spero davevro che anche con l'aiuto dei vostri consigli questa persona riesca a superare ( almeno a d affrontare) questa situazione!!
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