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Visualizzazione risultati 1 fino 6 di 6
  1. #1
    Partecipante Affezionato L'avatar di zibboooo
    Data registrazione
    14-09-2005
    Residenza
    roma
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    101

    ...e se lo psicologo non si sente all'altezza?!

    ciao colleghi voglio porvi una domanda :
    vi capita mai, nella vostra attività di psicologo/a , psicoterapeuta di avvertire un senso di inadeguatezza? di non sentirvi sempre all'altezza della situazione? e come riuscite a vincere questa sensazione?
    grazie a chiunque voglia rispondere!!
    "Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori.."(S. Freud, 1905)

  2. #2
    Partecipante Super Figo L'avatar di ikaro78
    Data registrazione
    06-07-2004
    Residenza
    Milano
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    1,975

    Re: ...e se lo psicologo non si sente all'altezza?!

    Originariamente postato da zibboooo
    ciao colleghi voglio porvi una domanda :
    vi capita mai, nella vostra attività di psicologo/a , psicoterapeuta di avvertire un senso di inadeguatezza? di non sentirvi sempre all'altezza della situazione? e come riuscite a vincere questa sensazione?
    grazie a chiunque voglia rispondere!!
    Direi che è 1 sensazione pressoché quotidiana! :-)
    Conosco solo 2 antidoti: lavoro continuo su di sé e supervisione clinica con colleghi più esperti.

    Saluti,
    ikaro

  3. #3
    Partecipante Affezionato L'avatar di zibboooo
    Data registrazione
    14-09-2005
    Residenza
    roma
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    101
    grazie ikaro! sono d'accordo con te...anche io credo sia una sensazione quotidiana ed è proprio grazie a questa che siamo costretti a metterci in discussione...unica premessa per poter migliorare nella nostra professione e nella vita!
    "Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori.."(S. Freud, 1905)

  4. #4
    io vivo quotidianamente un senso di insicurezza nella professione ma, ti dirò, questa sensazione che all'inizio mi allarmava mi ha portato ancora di più ad amare questo lavoro e a notare come la teoria ti può insegnare tanto ma è l'incontro con l'umanità e la sofferenza della persona che ti fa sentire vulnerabile ma che allo stesso tempo, se non rifiutata, ti fa avvicinare attraverso la pura e semplice empatia al suo mondo..
    all'inizio ero angosciato ed ancora oggi con diversi pazienti quando vi sono quei drammatici momenti di vuoto, o quando esplicitamente mi chiedono cosa fare, mi sale un pò d'ansia ma che fa i conti con ciò che più di ogni altra cosa penso sia importante in questo lavoro: la relazione.
    saluti
    lu
    "c'è gente che dice che vuol lottare e poi confonde il fischio d'inizio della partita con quello dell'ultimo minuto, e va a casa" (S. Benni)

  5. #5
    Partecipante Affezionato L'avatar di zibboooo
    Data registrazione
    14-09-2005
    Residenza
    roma
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    101
    grazie saltatatempo...quello che hai descritto è esattamente quello che provo anche io quando ogni giorno mi ritrovo dei pazienti davanti....inoltre imparare a convivere con l'ansia da prestazione credo sia il prossimo punto su cui dovrò lavorare e imparare a gestire....
    anche a voi capita di avvertire l'ansia della prestazione? l'ansia del dover a tutti i costi mandare via il paziente contento? ....alla scuola di specializzazione ci stanno seriamente mettendo in guardia da questo atteggiamento che dicono essere tipico di ogni terapeuta...specie se agli inizi..come me!
    "Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori.."(S. Freud, 1905)

  6. #6
    Partecipante Figo L'avatar di tata_moni
    Data registrazione
    21-02-2006
    Residenza
    Bologna
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    974
    Mi ritrovo nella vostra descrizione. L'ansia da prestazione la sperimento spesso, ma sto cercando di non cadere in questa trappola! Sì, perchè è una vera e propria trappola: davanti ad un paziente che ti chiede cosa fare io cerco di dare il miglior consiglio che mi viene in mente, cosa sbagliatissima, perchè lui in verità la domanda la sta facendo a sè stesso e non a me, quindi il mio compito è quello di facilitarlo a trovare la propria soluzione, non a fornirgliene una io, che comunque si rivelerà non del tutto soddisfacente.

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