Tina una bambina di 10 anni, piccola, carina, lentigginosa, viene inviata per una visita da un pediatra che non era riuscito a risolvere il suo rifiuto di andare a scuola. Le sue difficoltà erano iniziate il primo giorno di scuola, un anno prima, quando si nascose nello scantinato piangendo. Accondiscese ad andare a scuola solo quando sua madre le promise di andare con lei e di rimanere a mangiare con lei. Nei successivi tre mesi, nei giorni di scuola, Tina lamentava diversi sintomi somatici, quali cefalea e “dolori di pancia”, ed ogni giorno andava a scuola molto a malincuore, dopo che i suoi genitori l’avevano convinta a lungo e pazientemente. Di lì a breve poté essere portata a scuola solo se i genitori la tiravano fuori dal letto, la vestivano, la facevano mangiare e la trascinavano a scuola. Infine, a primavera, l’assistente sociale della scuola consultò il pediatra di Tina, che istituì un programma di modificazione comportamentale con l’aiuto dei suoi genitori. Poiché questo programma diede risultati limitati, il pediatra aveva, all’inizio dell’anno scolastico, inviato Tina da uno psichiatra.
Secondo sua madre, nonostante le numerose assenze nell’ultimo anno, il profitto scolastico di Tina era buono. A quell’epoca partecipava felicemente anche a tutte le altre attività, cioè gli incontri degli Scout, dormire fuori casa (di solito con sua sorella), e le gite familiari. Sua madre si chiedeva se l’essersi impiegata come contabile part-time due anni prima e l’improvvisa morte della nonna materna, alla quale Tina era particolarmente legata, potessero essere state la causa delle difficoltà della bambina.
Quando Tina fu intervistata, inizialmente minimizzò ogni problema riguardo alla scuola, insistendo che tutto era “OK”, che prendeva buoni voti e che le piacevano tutti gli insegnanti. Quando questo argomento fu approfondito, si arrabbiò e molte volte rispose “non so” quando le venne chiesto perché, allora, si rifiutasse spesso di andare a scuola. Alla fine disse che i ragazzini la prendevano in giro riguardo alle sue dimensioni, chiamandola “Scricciolo” e “Piccoletta”; ma dava l’impressione, come pure in realtà affermava, che la scuola ed i suoi insegnanti le piacessero. Alla fine ammise che ciò che la seccava era lasciare la casa. Non poteva dire specificatamente perché, ma lasciava capire che temeva che potesse accadere qualcosa, sebbene non dicesse a chi o a che cosa; confessava di sentirsi a disagio quando tutti i membri della sua famiglia erano lontani.
Al Rorschach (1921) vennero evidenziati la ruminazione ossessiva riguardante eventi catastrofici che implicassero un danno ai membri della sua famiglia e temi concernenti la distruzione della famiglia.
Tratto dal manuale DSM - IV
Proviamo a capire insieme che patologia o disturbo possa sottostare a queste manifestazioni?