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  1. #46
    carlotta84
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da gieko
    PS: . sapendo che sbaglieremo - perchè sbagliamo sempre -, di non colludere con la sua idea pensando che dovremmo fare tutto il possibile per salvarlo, ma piuttosto di rimandargli ciò che sta avvenendo. (E in caso di avvertire chi ha altri mezzi di intervento)
    sbagliamo sempre??? e che ci stiamo a fare allora????!???

    non dobbiamo salvarlo?? ma cosa ci stiamo a fare??
    spiegatemi

  2. #47
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    TSO: trattamento sanitario obbligatorio, ovvero la procedura di ricovero non volontario di una persona.

    Per il resto, mi sento di risponderti appunto che il suicidio è un caso estremo ma che, come dici tu, il discorso è applicabile a qualsiasi paziente e situazione. Il che non vuol dire "fai come ti pare", bensì ad es. interpretare ciò che viene agito in modo da porlo su un livello differente, e credo che questo sia uno degli strumenti che, almeno alcuni orientamenti, reputano alla base del cambiamento.
    gieko

  3. #48
    carlotta84
    Ospite non registrato
    scusatemi..ma a se sembra tanto che voi rigiriate tutte le frasi.. ma la sostanza temo proprio, a mio dispiacere, che sia quella che temevo io..

  4. #49
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    Originariamente postato da carlotta84
    bè insomma... non sono molto d'accordo sai.. se è come dici tu, allora scusami ma: gli psicologi a cosa servono? i medici servono per curare le malattie fisiche, gli psicologi quelle psicologiche.. non per dire "se vuole lo faccia" si certo c'è libertà, ma lo psicologo dovrebbe riuscire a curare la malattia che c'è dietro (chiamalo malessere, come vuoi) come il medico dovrebbe indagare tutti gli esami per capire cosa ha una persona e curarla, non lasciarla nella disperazione e dire "tanto se voleva, lo fa".. non mi pare molto coerente con lo scopo che lo psicologo persegue. so bene che c'è anche il sostegno, l'ascolto..ma non c'è solo questo: è questo il punto! Il medico che ha tolto il casco capisco il suo enorme dispiacere ma, come ha detto lui "non c'era altro modo che io potessi fare perche non potevo fare la radiografia con il casco" mentre, ed è questo il nocciolo della questione, LO PSICOLOGO NON PUO DIRE ALTRETTANTO!! è tutto qua il problema...
    chi ha qualcosa da dire, sarebbe bello! :-) grazie
    Il medico cura. Lo psicoterapeuta, secondo me, no. Intanto perché, dal mio punto di vista, non esiste una cosa come la "malattia mentale" (perché si curano le malattie). Esistono gli esseri umani, con il loro modo di stare nel mondo che, in alcuni casi e in determinate culture, viene definito malattia. Ma si tratta di una definizione, non di un'essenza.

    Capisco che sia difficile, questo passaggio. Ma è essenziale, a mio parere. Altrimenti confondiamo i nomi con le cose. E questo non fa bene né ai pazienti né ai terapeuti.

    Buona vita

    Guglielmo
    Dott. Guglielmo Rottigni
    Ordine Psicologi Lombardia n° 10126

  5. #50
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Se riteniamo che sia impossibile considerare ancora il processo terapeutico come un causalità lineare, non possiamo non pensarlo come un processo complesso, continuamente costellato di rotture e riparazioni che avvengono tra paziente e terapeuta. Uno dei nostri compiti, almeno dal mio punto di vista, è stare in questo processo, cogliere questi momenti, riportarli al paziente. Altrimenti cadiamo nella collusione che è ciò che tutti noi sperimentiamo in un relazione quotidiana.
    Penso che è questo che siamo chiamati principalmente a fare, ed è già molto.

    Quale sarebbe la sostanza, carlotta? Che la psicologia non è una scienza certa? Come dicevo, dipende molto dall'idea di scienza che hai.
    Ultima modifica di gieko : 25-05-2007 alle ore 16.02.40
    gieko

  6. #51
    carlotta84
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da willy61
    Il medico cura. Lo psicoterapeuta, secondo me, no. Intanto perché, dal mio punto di vista, non esiste una cosa come la "malattia mentale" (perché si curano le malattie). Esistono gli esseri umani, con il loro modo di stare nel mondo che, in alcuni casi e in determinate culture, viene definito malattia. Ma si tratta di una definizione, non di un'essenza.

    Capisco che sia difficile, questo passaggio. Ma è essenziale, a mio parere. Altrimenti confondiamo i nomi con le cose. E questo non fa bene né ai pazienti né ai terapeuti.

    Buona vita

    Guglielmo
    ma questo lo sapevo anch'io! infatti avevo detto malessere, o disagio..chiamalo come vuoi, non stiamo facendo una discussione su questo, so benissimo cosa intendi e lo condivido pienamente.. ma mi ero servita della parola "malattia" solo per abbreviare il discorso perchè parlavo d'altro

  7. #52
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    Ancora una volta sono d'accordo con Guglielmo. Aggiungo che a mio parere noi noon dobbiamo cambiare le persone, ma per lo più, far loro accettare tutte le sfaccettature con cui si pongono nel mondo siano esse buone o cattive. Poi se qualcuno di loro, una volta guardatosi nello specchio del percorso psicologico vuole cambiare degli aspetti che non gli piacciono lo farà a prescindere da noi..
    lella

  8. #53
    carlotta84
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da lelluzza
    Ancora una volta sono d'accordo con Guglielmo. Aggiungo che a mio parere noi noon dobbiamo cambiare le persone, ma per lo più, far loro accettare tutte le sfaccettature con cui si pongono nel mondo siano esse buone o cattive. Poi se qualcuno di loro, una volta guardatosi nello specchio del percorso psicologico vuole cambiare degli aspetti che non gli piacciono lo farà a prescindere da noi..
    interessante prospettiva.. questo mi ha colpito.. vorrei saperne di più

  9. #54
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    Ok. sarò ancora più chiaro, allora.

    1) Non abbiamo idea di cosa faccia sì che le persone si comportino in un modo o in un altro. Detto in altri termini, non conosciamo (a differenza dei medici) l'agente eziologico. Di norma conosciamo solo, e imperfettamente, i fattori patogeni.

    2) Non sappiamo se i comportamenti che giudichiamo anomali siano semplici variazioni di un comportamento normale su una scala lineare oppure presentino differenze qualitative rispetto a quella condizione che valutiamo come "normalità".

    3) Di conseguenza non abbiamo procedure certe, metodi di calcolo e sicurezze pronte all'uso da dispensare ai pazienti.

    Dopodiché, la scienza è qualcosa che va un po' oltre alla semplice possibilità di calcolare un risultato.

    Buona vita

    Guglielmo
    Dott. Guglielmo Rottigni
    Ordine Psicologi Lombardia n° 10126

  10. #55
    carlotta84
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da willy61
    Ok. sarò ancora più chiaro, allora.

    1) Non abbiamo idea di cosa faccia sì che le persone si comportino in un modo o in un altro. Detto in altri termini, non conosciamo (a differenza dei medici) l'agente eziologico. Di norma conosciamo solo, e imperfettamente, i fattori patogeni.

    2) Non sappiamo se i comportamenti che giudichiamo anomali siano semplici variazioni di un comportamento normale su una scala lineare oppure presentino differenze qualitative rispetto a quella condizione che valutiamo come "normalità".

    3) Di conseguenza non abbiamo procedure certe, metodi di calcolo e sicurezze pronte all'uso da dispensare ai pazienti.

    Dopodiché, la scienza è qualcosa che va un po' oltre alla semplice possibilità di calcolare un risultato.

    Buona vita

    Guglielmo
    ottimo..ottimo davvero.. stiamo centrando il problema...
    quindi te come fai a fare questo lavoro?

  11. #56
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Assolutamente d'accordo anch'io: al terapeuta sta il processo di analisi, al paziente il processo di sintesi. Sarà il paziente a trovare nuovi modi di essere che gli sono più congeniali.
    E questo ha proprio a che vedere con una visione della psicologia come di una "scienza della complessità".
    gieko

  12. #57
    carlotta84
    Ospite non registrato
    Originariamente postato da gieko
    Assolutamente d'accordo anch'io: al terapeuta sta il processo di analisi, al paziente il processo di sintesi. Sarà il paziente a trovare nuovi modi di essere che gli sono più congeniali.
    E questo ha proprio a che vedere con una visione della psicologia come di una "scienza della complessità".
    uuhh..interessante... mi state aprendo una nuova finestra.. fatemi capire di piu..

  13. #58
    Partecipante Assiduo
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    per quel che mi riguarda quando parlavo dello specchio non lo facevo a caso, io mi limito ad offrire angolature che dal punto di vista del paziente non sono molto visibili e a sostenerne il riconoscimento e l'accettazione. per esemplificare è come se un paziente/cliente abbia la forma di un cubo, se si guarda allo specchio ne percepisce chiaramente una parte, bene noi facciamo sì che la percezione di sè si allarghi. cosa l'individuo se ne fa poi in termini di sintesi chi può dirlo....
    lella

  14. #59
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    Originariamente postato da carlotta84
    ottimo..ottimo davvero.. stiamo centrando il problema...
    quindi te come fai a fare questo lavoro?
    Vedi, il mio vicino di casa è un bravo contadino. Giuro, non sa nulla del ciclo di Krebs, ma il suo vino è ottimo.

    Io sto imparando.

    Buona vita

    Guglielmo
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  15. #60
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    Originariamente postato da lelluzza
    per quel che mi riguarda quando parlavo dello specchio non lo facevo a caso, io mi limito ad offrire angolature che dal punto di vista del paziente non sono molto visibili e a sostenerne il riconoscimento e l'accettazione. per esemplificare è come se un paziente/cliente abbia la forma di un cubo, se si guarda allo specchio ne percepisce chiaramente una parte, bene noi facciamo sì che la percezione di sè si allarghi. cosa l'individuo se ne fa poi in termini di sintesi chi può dirlo....
    Facciamo un esempio pratico (che, peraltro, qualunque psicologo vede quasi quotidianamente).
    Ho di fronte un paziente che mi parla della possibilità che il padre muoia, a causa di una malattia. Il tono di voce è triste, e si dichiara profondamente addolorato e perso. Però sorride. E non sa assolutamente che sta sorridendo.

    Io ho diverse scelte:

    a) Pensare che è una cosa che non si dovrebbe fare e dirgli "La smetta immediatamente!".

    b) Dirgli che, secondo me, lui vorrebbe che suo padre tirasse le cuoia.

    c) Fargli notare quel che succede, quel che vedo. E chiedergli come si sente al riguardo.

    Io scelgo di fare "c". Il resto è lavoro suo. Non mio.

    Buona vita

    Guglielmo
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