Mi permetto di iniziare la discussione a cui si è accennato sulle diverse posizioni assunte dalle neuroscienze e dalle scienze cognitive nei confronti della definizione di "mente".
Premetto di avere interessi più clinici ma di essere interessato alle neuroscienze e alle scienze cognitive, quindi spero che perdonerete qualche mio strafalcione.
Data l'ampiezza del discorso, mi sento di fare una scelta arbitraria, ma sono sicuro che le idee emergeranno durante la discussione. Sceglierei, per incominciare, il tema del rapporto tra mente e corpo emerso in particolare dagli ultimi post di willy e korianor. In particolare sarei interessato a conoscere la vostra opinione sul primo "pilastro" proposto da Varela nell'articolo che willy ha postato: l'embodiment.
Dal mio punto di vista la proposta di Varela mi sembra molto interessante e si collega ad altre teorie, in particolare alla concezione di sistema vivente di Louis Sander (vd. I sistemi viventi, Cortina, 2007). Ritengo che Varela sottolinei in modo convincente l'idea che la mente debba essere incarnata nel corpo per costituire un unità necessaria, e non rappresentare così l'altro polo della dicotomia rispetto al corpo. Tale concezione, sostiene Varela, è in contrasto con la teoria dominante, di tipo computazionale, che vede "la mente come il software e
il cervello, insieme con il corpo, come hardware". L'autore parte dalla considerazione che "Tutto ciò che definiamo
un oggetto, una cosa nel mondo, sedie e tavoli, persone e visi e così via, dipende completamente da questa costante manipolazione senso-motoria". Di conseguenza "la cognizione è enattivamente incarnata. Il termine 'enattivo' vuole trasmettere l'idea che la cognizione è qualcosa che si produce attraverso l'atto della manipolazione, di fare qualcosa attivamente".
Varela trae due conclusioni. Sulla prima, la co-determinazione di interno ed esterno, per il momento non mi soffermo, vorrei trattarla più avanti perchè ricca di implicazioni anche cliniche. La seconda è che "la mente non può essere separata dall'organismo inteso nella sua totalità" e ciò "rende il tutto un'unità estremamente salda".
Penso che questa posizione abbia il vantaggio di poter contemplare una strutturazione a diversi livelli dell'essere umano, livelli dotati di caratteristiche proprie ma rappresentanti diversi aspetti di organizzazione dell'essere umano visto come un sistema vivente complesso ma dotato di organizzazione.
A mio modo di vedere tale posizione permette inoltre di non assolutizzare l'importanza di alcuni singoli livelli di organizzazione del sistema, come ad es le capacità cognitive, e di considerare quindi la presenza di una unitarietà dell'essere umano.
Per il momento mi sembra abbastanza, mi auguro che chi desidera contribuisca alla discussione arricchendo ed articolando il discorso.
Un saluto