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  1. #1
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    la mente nelle scienze cognitive

    Mi permetto di iniziare la discussione a cui si è accennato sulle diverse posizioni assunte dalle neuroscienze e dalle scienze cognitive nei confronti della definizione di "mente".
    Premetto di avere interessi più clinici ma di essere interessato alle neuroscienze e alle scienze cognitive, quindi spero che perdonerete qualche mio strafalcione.

    Data l'ampiezza del discorso, mi sento di fare una scelta arbitraria, ma sono sicuro che le idee emergeranno durante la discussione. Sceglierei, per incominciare, il tema del rapporto tra mente e corpo emerso in particolare dagli ultimi post di willy e korianor. In particolare sarei interessato a conoscere la vostra opinione sul primo "pilastro" proposto da Varela nell'articolo che willy ha postato: l'embodiment.

    Dal mio punto di vista la proposta di Varela mi sembra molto interessante e si collega ad altre teorie, in particolare alla concezione di sistema vivente di Louis Sander (vd. I sistemi viventi, Cortina, 2007). Ritengo che Varela sottolinei in modo convincente l'idea che la mente debba essere incarnata nel corpo per costituire un unità necessaria, e non rappresentare così l'altro polo della dicotomia rispetto al corpo. Tale concezione, sostiene Varela, è in contrasto con la teoria dominante, di tipo computazionale, che vede "la mente come il software e
    il cervello, insieme con il corpo, come hardware". L'autore parte dalla considerazione che "Tutto ciò che definiamo
    un oggetto, una cosa nel mondo, sedie e tavoli, persone e visi e così via, dipende completamente da questa costante manipolazione senso-motoria". Di conseguenza "la cognizione è enattivamente incarnata. Il termine 'enattivo' vuole trasmettere l'idea che la cognizione è qualcosa che si produce attraverso l'atto della manipolazione, di fare qualcosa attivamente".
    Varela trae due conclusioni. Sulla prima, la co-determinazione di interno ed esterno, per il momento non mi soffermo, vorrei trattarla più avanti perchè ricca di implicazioni anche cliniche. La seconda è che "la mente non può essere separata dall'organismo inteso nella sua totalità" e ciò "rende il tutto un'unità estremamente salda".

    Penso che questa posizione abbia il vantaggio di poter contemplare una strutturazione a diversi livelli dell'essere umano, livelli dotati di caratteristiche proprie ma rappresentanti diversi aspetti di organizzazione dell'essere umano visto come un sistema vivente complesso ma dotato di organizzazione.
    A mio modo di vedere tale posizione permette inoltre di non assolutizzare l'importanza di alcuni singoli livelli di organizzazione del sistema, come ad es le capacità cognitive, e di considerare quindi la presenza di una unitarietà dell'essere umano.

    Per il momento mi sembra abbastanza, mi auguro che chi desidera contribuisca alla discussione arricchendo ed articolando il discorso.

    Un saluto
    Ultima modifica di gieko : 27-06-2007 alle ore 01.39.51
    gieko

  2. #2
    Partecipante Esperto L'avatar di korianor
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    Bene bene… in questi giorni ho parecchie cose da fare, ma non posso certo sottrarmi a questa impegnativa discussione

    Premesso che anche secondo me il corpo è fondamentale da moltissimi punti di vista (ci impone vincoli sugli ‘input’ e gli ‘output’ della nostra mente, ‘conformandola’ sulla base di questi e molto altro ancora), non mi sento di sottoscrivere in toto l’opinione di Varela (che ha una posizione molto simile a quella di Damasio) ma di accoglierla con cautela e quanto meno confrontarla con altri punti di vista.

    Gieko contrappone il funzionalismo (ovviamente bisogna specificare bene a quale tipo di posizione funzionalista si fa riferimento ) all’opinione di Varela (cosa che, in linea di massima, farei anch’io), ma secondo me è più equilibrata una posizione mediana tra le due. Mi spiego meglio: sostenere la necessità di un corpo, è una tesi molto forte… di cosa si sta parlando in realtà? Cos’è necessario del corpo? Quali parti? Le gambe, le braccia, le mani, quali organi interni? E’ necessario che sia un corpo di carbonio o va bene anche un corpo ‘basato sul silicio’? La posizione funzionalista sorge proprio in relazione a quest’ultimo interrogativo: cosa può farci escludere che si possa avere una mente su un supporto (leggi cervello o corpo + cervello nel caso di Varela) opportunamente organizzato?

    Detto questo, non mi sento di gettare via la posizione funzionalista, ma credo sia più opportuno trovare una via di mezzo che consenta di accogliere ‘ciò che c’è di buono’ in entrambe le posizioni.

    Varela parla dell’esempio del cervello in una vasca dicendo che:
    con un cervello in immersione non possono esserci cose come la mente. Sarebbe attività neurale comple¬tamente incoerente, in quanto non potrebbe avere la funzionalità di quello che effettivamente fa, il costante rappor¬to con il corpo e con l'ambiente che ne costituisce il senso
    Ammettiamo che il cervello nella vasca abbia degli input elettrici coerenti nel tempo con il possedere un corpo e con gli output che questo metterebbe in atto. Io credo che in questo modo, il cervello in un una vasca avrebbe una mente e il tutto sarebbe coerente con la posizione funzionalista.

    P.S. appena ho tempo vi posto una sintesi di quello che è, al momento, il problema dell’embodiment in AI.
    Ultima modifica di korianor : 27-06-2007 alle ore 14.13.22
    "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" (L. Wittgenstein)

  3. #3
    Partecipante Affezionato
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    25-07-2006
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    Ciao a tutti,

    l'argomento è troppo ghiotto per non farvi una capatina... premetto, però, che mi sono affacciata da poco al mondo delle neuroscienze cognitive e che, purtroppo, per problemi di tempo, non ho ancora avuto modo di leggere tutto il thread 'radice' da cui questo ramoscello nasce .

    Korianor scriveva:

    Gieko contrappone il funzionalismo (ovviamente bisogna specificare bene a quale tipo di posizione funzionalista si fa riferimento ) all’opinione di Varela (cosa, che, in linea di massima, farei anch’io)

    Io non credo che la posizione di Varela (Damasio, certo, ma, ovviamente, anche Maturana) sia da contrapporre rigidamente al funzionalismo (come giustamente sottolinea Korianor, poi, quale funzionalismo? ); piuttosto, volendo vedere un pensiero antitetico, esso sia da cercarsi nel riduzionismo.

    Io credo che cercare risposte nella meccanica quantistica o restare rigidamente ancorati a posizioni dualistiche non sia la strada.

    La domanda che vorrei porvi (e sulla quale mi interrogo) è: perchè ancora oggi molte persone, di media cultura e spesso legati al mondo delle neuroscienze o delle tematiche confinanti, non riescono a superare il dualismo mente/corpo e a ragionare in un'ottica che consideri fondanti le relazioni e l'esperienza?
    Sicuramente il pensiero tradizionale occidentale impone che l'esistente, per essere considerato tale, debba avere un locus spazio-temporale, per cui la coscienza deve necessariamente essere correlata a qualcosa, magari un neurone o un circuito cerebrale. Ma è sufficiente invocare questo tipo di forma mentis?
    Ripeto, non ho avuto modo di leggere il thread origine ma credo che alcune posizioni derivino da questa incapacità di fondo.

    Perdonatemi se ho buttato un po' fuori strada con questa domanda e vi prego, continuate a discutere, vi leggo con grandissimo piacere!

    Silvietta

  4. #4
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Originariamente postato da korianor
    Gieko contrappone il funzionalismo (ovviamente bisogna specificare bene a quale tipo di posizione funzionalista si fa riferimento ) all’opinione di Varela (cosa che, in linea di massima, farei anch’io), ma secondo me è più equilibrata una posizione mediana tra le due. Mi spiego meglio: sostenere la necessità di un corpo, è una tesi molto forte… di cosa si sta parlando in realtà? Cos’è necessario del corpo? Quali parti? Le gambe, le braccia, le mani, quali organi interni? E’ necessario che sia un corpo di carbonio o va bene anche un corpo ‘basato sul silicio’? La posizione funzionalista sorge proprio in relazione a quest’ultimo interrogativo: cosa può farci escludere che si possa avere una mente su un supporto (leggi cervello o corpo + cervello nel caso di Varela) opportunamente organizzato?
    Credo che in sè e per sè ciò che è fondamentale nel ragionamento di Varela, almeno per come lo leggo io, è il pensare al soggetto umano come un'unità, come un soggetto complesso, con diversi livelli di organizzazione, ma che possiede una globalità. Da questo punto di vista possiamo ragionare che non è importante quali siano gli organi utili o inutili o se il corpo si basi sul carbonio o sul silicio. Ciò che rende l'essere umano tale è che tutti i suoi livelli, da quello mentale, a quello viscerale, a quello relazionale..., è il fatto che sia un "referente unitario di esperienza" (Di Francesco, L'io e i suoi sè, cortina), un soggetto complesso, dinamico, ma unitario (ed è questo il limite dell'AI, credo, l'impossibilità di poter creare un soggetto artificiale...)

    Originariamente postato da mausmaus
    La domanda che vorrei porvi (e sulla quale mi interrogo) è: perchè ancora oggi molte persone, di media cultura e spesso legati al mondo delle neuroscienze o delle tematiche confinanti, non riescono a superare il dualismo mente/corpo e a ragionare in un'ottica che consideri fondanti le relazioni e l'esperienza?
    Sicuramente il pensiero tradizionale occidentale impone che l'esistente, per essere considerato tale, debba avere un locus spazio-temporale, per cui la coscienza deve necessariamente essere correlata a qualcosa, magari un neurone o un circuito cerebrale. Ma è sufficiente invocare questo tipo di forma mentis?
    Mi è venuto da pensare che probabilmente è molto poco diffuso il concetto di cui sopra, la soggettività, l'unitarietà, e perciò è più facile rimanere "incastrati" in posizioni che, più che dualistiche, mi verrebbe da definire "desoggettivate". Almeno questa potrebbe essere un'ipotesi.

    Allego l'articolo di Varela di cui si parla, giusto per comodità, spero willy mi perdoni...
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    gieko

  5. #5
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
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    Poco c'entro in questo thread: ho poco da dire perchè ne so poco.
    Tuttavia, leggendo l'enfasi di gieko nel citare Varela come sostenitore dell'unitarietà del Sè, mi e vi chiedo: è davvero così? Da quanto ne so - poco come ho già detto - egli è citato proprio per motivi opposti: per aver sottolineato la molteplicità dei Sè - già prima di lui Minsky parlava di Sè situati -.
    E' vero che poi si sostiene che siano subordinati a un Sè riflesso, garante della continuità del Sè ma porre l'attenzione sull'uno o sull'altro mi sembra la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Dipende da chi guarda. Io, ad es. mi allineo con quanti si concentrano su quello che anche Gergen, prima di molti, definiva come il sè costruzionista.
    Sarà che l'ipotesi della molteplicità dei Sè - e non del Sè molteplice - mi sembra molto più feconda, e non solo per la clinica. A dire il vero l'unico grosso intoppo ce l'avrebbe solo con l'unitarietà e la continuità del Sè... e a volte mi chiedo se tale evidenza sia propriamente evidente...

    Santiago
    Ultima modifica di Santiago : 28-06-2007 alle ore 02.30.55
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  6. #6
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Caro Santiago, meno male che hai poco da dire!
    Mi sembra che tu ponga una questione molto interessante e provo a risponderti per come la vedo io e per la lettura che io faccio di Varela. Dal mio punto di vista credo che la sottolineatura di "molteplicità del sè" porti l'attenzione sulla strutturazione complessa e situata a livelli di organizzazione differenti dell'essere umano. Ovvero la considerazione del Sè come "sistema organizzato attivo" che può essere presente a livello sociale, psichico, corporeo etc...
    Credo che tuttavia, come giustamente sottolinei, si sia parlato da più parti della necessità di un Sè sovrastrutturato, che in qualche modo racchiuda e coordini tutti i diversi livelli di organizzazione e gli dia continuità. Credo che il punto centrale sia questo, considerare sia i diversi livelli di organizzazione sia la presenza di una continuità e globalità, un senso di Sè non solamente cognitivo, ma piuttosto legato all' "esserci nel mondo": il soggetto.

    Credo che dal punto di vista teorico non si possa prescindere da una visione unitaria dell'essere umano e, di conseguenza, non lo si possa pensare costituzionalmente scisso e molteplice. E qui mi aggancio con la clinica, giacchè è principalmente da questo ambito che deriva l'osservazione della "molteplicità dei Sè", della scissione, della dissociazione, del conflitto tra aree di significato diverse. Sono d'accordo con te, Santiago, che nella clinica tutto ciò è evidente e fecondo, ma sono del parere che sia il soggetto che "perde la sua unitarietà" che inizia a scindersi, ad entrare in conflitto, quello che noi osserviamo in psicoterapia, non il soggetto "sano". Dal punto di vista teorico noi non possiamo però considerare un concetto di sistema patologico, dobbiamo partire da una concezione di sistema sano per poter fare delle ipotesi anche su quello malato. Infatti affermi di vedere un intoppo tra una "molteplicità di Sè" e "l'unitarietà e continuità del Sè" ed è un problema di non poco conto, anche se nella clinica forse non è così evidente.

    Un saluto
    Ultima modifica di gieko : 28-06-2007 alle ore 11.32.26
    gieko

  7. #7
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    Originariamente postato da korianor
    ...sostenere la necessità di un corpo, è una tesi molto forte… di cosa si sta parlando in realtà? Cos’è necessario del corpo? Quali parti? Le gambe, le braccia, le mani, quali organi interni? E’ necessario che sia un corpo di carbonio o va bene anche un corpo ‘basato sul silicio’? La posizione funzionalista sorge proprio in relazione a quest’ultimo interrogativo: cosa può farci escludere che si possa avere una mente su un supporto (leggi cervello o corpo + cervello nel caso di Varela) opportunamente organizzato?

    ...
    Giorgio carissimo

    Potrei fare una battuta e cercare di "invertire l'onere della prova", dicendo che anche sostenere la non necessità di un corpo è una tesi molto forte...

    Cominciamo dal "quali parti?", che è una bella domanda. La risposta, a mio parere, è "tutte". E anche qualcosa di più.

    Quando si parla di cognizione, mi pare, si fa riferimento solamente ai processi che avvengono all'interno del sistema nervoso centrale. E questa a me pare una limitazione non necessaria e controproducente. Di fatto, nel corpo umano, abbiamo tre sistemi nervosi funzionalmente autonomi e tra loro collegati:

    a) il Sistema Nervoso Centrale Central nervous system - Wikipedia

    b) Il Sistema Nervoso Autonomo Autonomic nervous system - Wikipedia

    c) il Sistema Nervoso Enterico Enteric nervous system - Wikipedia

    Alcune delle funzioni proprie di ognuno di questi tre sistemi sono "incapsulate" e non sono accessibili agli altri. Altre no (controllo della respirazione, del battito cardiaco, solo per citare i due più importanti).

    Questi tre sistemi sono tuttavia funzionalmente accoppiati tra di loro, sia attraverso la compresenza di fibre afferenti ed efferenti all'interno dei vari apparati fisiologici, sia attraverso una serie complessa di mediatori chimici.
    Il SNC, inoltre, attraverso l'asse ipofisi-ipotalamo-surrene, influisce sul sistema immunitario (Neuroimmunology - Wikipedia )
    Inoltre, tra i mediatori chimici, la serotonina viene prodotta per il 90% nel tratto gastrointestinale, benché i suoi effetti si ripercuotano sul SNC.

    Pur se quel che ho scritto è solo una sommaria e grezza descrizione dei tre sistemi nervosi esistenti nel nostro organismo, mi pare dovrebbe essere chiaro che quella che chiamiamo cognizione e quella cosa che chiamiamo mente sono il risultato dell'azione di almeno tutti e tre questi sistemi. Pensiamo solo alle interconnessioni tra il livello di arousal, lo svolgimento di compiti complessi e l'azione del SNA. Pensiamo al fatto che una mente si origina e si sviluppa dentro un corpo che scambia materia e informazioni con un ambiente. E che i livelli di attivazione e i pattern di attività del SNA concorrono in grande misura a definire quello che chiamiamo "temperamento" nei bambini appena nati. Questo temperamento (che è costituito, sommariamente, dalle differenze individuali in termini di sensibilità agli stimoli e di livello di attivazione del SNA) rappresenta a sua volta uno stimolo che elicita risposte diverse da parte dei caregivers (immaginatevi un bimbo "casinista" con due genitori "pantofolai", ad esempio e ditemi se la sua mente crescerà in modo simile a quella di un bimbo ugualmente "casinista" ma con due genitori altrettanto "casinisti".

    Tenendo presente questi dati, è possibile simulare una mente umana utilizzando un substrato materiale diverso da quello costituito da un essere umano? A mio parere si e no. Si, nel senso che ritengo possibile simulare alcuni sottosistemi propri della mente umana. No, nel senso che ritengo che Varela abbia ragione e che perché si sviluppi una mente umana sia necessario un cervello inserito in un corpo, a sua volta inserito in un ambiente umano. Probabilmente è possibile costruire una mente basata sul silicio. Ho dei dubbi sul fatto che sarebbe umana.

    Sull'unitarietà o non unitarietà del Sé ci torno un'alkltra volta.

    Buona vita

    Guglielmo
    Dott. Guglielmo Rottigni
    Ordine Psicologi Lombardia n° 10126

  8. #8
    Partecipante Super Figo L'avatar di ikaro78
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    Credo che dal punto di vista teorico non si possa prescindere da una visione unitaria dell'essere umano
    E' proprio questo che ti contesto, caro Gieko, (a te e alla maggior parte del post-freudismo): al di là dello specifico della discussione (molto interessante, ma per me un pò proibitiva, perchè non sono molto preparato sulle neuroscienze) l'insegnamento di Freud e di Lacan ci parla, piuttosto, di un soggetto diviso per struttura (la famosa sovversione del soggetto di cui abbiamo già discusso), dire "che non si possa prescindere da una visione unitaria dell'essere umano" mi sembra quanto meno ingenuo, si può essere d'accordo o meno (ci mancherebbe), ma sappi che c'è chi - in ambito clinico, non solo teorico/epistemologico - non solo ne prescinde, ma anzi va proprio nella direzione opposta.

    Un saluto a tutti,
    ikaro

  9. #9
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
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    Non l'avrei mai detto (date le distanze teoriche) ma concordo con ikaro!
    Tuttavia mi sembra che il modello di apparato psichico che Freud ci ha lasciato sia "unitario" per eccellenza: di fatti lo poneva a garanzia della normalità mentale!

    Santiago
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  10. #10
    Partecipante Super Figo L'avatar di ikaro78
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    Tuttavia mi sembra che il modello di apparato psichico che Freud ci ha lasciato sia "unitario" per eccellenza: di fatti lo poneva a garanzia della normalità mentale!

    Santiago
    Non sono molto d'accordo ma non è questo il luogo per discuterne eventualmente, in ogni caso credo che - osservando i diversi orientamenti teorici in ambito psicoanalitico - il suo pensiero sia passibile di molteplici interpretazioni e letture, alcune addirittura agli antipodi, altre lontane anni-luce dal padre della psicoanalisi, quello che ci ha lasciato in eredità è tutto fuorchè un corpus teorico unitario.

    Saluti,
    ikaro
    Ultima modifica di ikaro78 : 28-06-2007 alle ore 19.51.04

  11. #11
    Partecipante Esperto L'avatar di Santiago
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    Se me lo spieghi in pm - anche in poche righe - te ne sono grato. Poi cancello questo post
    "Soltanto i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano, così gli uomini sono incapaci di vedere i sistemi di relazione che li sostengono" L. Hoffmann

  12. #12
    Partecipante Esperto L'avatar di korianor
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    Originariamente postato da willy61
    Potrei fare una battuta e cercare di "invertire l'onere della prova", dicendo che anche sostenere la non necessità di un corpo è una tesi molto forte...
    In realtà credo anch’io che la non necessità di un corpo sia una tesi altrettanto forte (forse ancora più forte della sua necessità). Come ho scritto prima, anche in questo caso bisogna specificare bene di cosa si parla. La tesi che la mente non necessita un corpo può avere molti significati diversi:
    -non serve niente, ci sono delle menti ‘volanti’ nell’aria, tipo anime
    -basta una ghiandola del cervello
    -basta la corteccia
    -basta il SNC
    -basta il SNC, il SNP e il SNE
    -basta un supporto organizzato in un certo modo che riceva degli input (in risposta a particolari output) caratterizzati da particolari pattern (una particolare versione della tesi funzionalista).

    Originariamente postato da willy61
    La risposta, a mio parere, è "tutte". E anche qualcosa di più.
    Io concordo maggiormente sull’aggiunta del qualcosa di più (inteso come ambiente esterno/relazioni o sbaglio?) rispetto al tutte riferito alle parti del corpo. Per dire, possono mutilarmi entrambe le braccia e le gambe, ma i miei processi cognitivi non subiranno un cambiamento sostanziale -magari in più avrò i cosiddetti fenomeni dell’arto fantasma-, certo non subirò quegli ‘effetti’ che osserviamo nei pazienti neuropsicologici in seguito a lesioni cerebrali.
    Si potrebbe obiettare che ciò accade perché sto parlando di un individuo adulto, se fosse accaduto ad uno in età evolutiva ci sarebbero stati rilevanti cambiamenti: sicuramente questo è un buon argomento (e sono convinto che questo specifico aspetto ci porterebbe ad un interessante e specifico sottodibattito), ma mi è capitato di vedere in un documentario un individuo nato senza i 4 arti con processi cognitivi ‘normali’. Con questo non voglio dire che il corpo (in particolare la sua conformazione) e le nostre esperienze non plasmino la nostra mente. Se avessimo un paio d’ali, la nostra rappresentazione dello spazio probabilmente sarebbe profondamente diversa. Possiamo parlare anche delle differenze individuali: i cervelli (e le menti) di un atleta, di un musicista e di uno scienziato mostrano delle differenze…questo per dire che ha poco senso studiare un cervello ‘astratto’ decontestualizzato dai fattori ambientali, culturali e, passatemi il termine, corporali



    Originariamente postato da willy61
    Quando si parla di cognizione, mi pare, si fa riferimento solamente ai processi che avvengono all'interno del sistema nervoso centrale. E questa a me pare una limitazione non necessaria e controproducente.
    Se parliamo di processi cognitivi (specialmente ai livelli più bassi, come i primi stadi della percezione), l’attività del SNA e del SNE è irrilevante. Però come dice Fodor, quello che oggi sappiamo sulla cognizione è davvero molto poco (a proposito di ciò che ci dice la teoria computazionale della mente scrive “è solo un frammento di una psicologia cognitiva completa e soddisfacente” La mente non funziona così pag. 3) e penso (al di là dei toni trionfalistici di alcuni autori) che la maggior parte (se non tutti) dei (neuro)scienziati cognitivi sottoscriverebbero quanto hai scritto:

    Originariamente postato da willy61
    quella cosa che chiamiamo mente sono il risultato dell'azione di almeno tutti e tre questi sistemi.
    Originariamente postato da willy61
    i livelli di attivazione e i pattern di attività del SNA concorrono in grande misura a definire quello che chiamiamo "temperamento" nei bambini appena nati.
    Originariamente postato da willy61
    immaginatevi un bimbo "casinista" con due genitori "pantofolai", ad esempio e ditemi se la sua mente crescerà in modo simile a quella di un bimbo ugualmente "casinista" ma con due genitori altrettanto "casinisti".
    E allora perché a questi aspetti non viene dedicata sufficiente attenzione dalle scienze cognitive? A mio parere, perché non si sa come studiarli in maniera soddisfacente (e con soddisfacente intendo dire ‘scientificamente’, ovvero in termini ‘hard’). Si preferisce quindi ripiegare su aspetti di basso livello, già questi complicatissimi, prima di procedere oltre.

    Originariamente postato da willy61
    Tenendo presente questi dati, è possibile simulare una mente umana utilizzando un substrato materiale diverso da quello costituito da un essere umano? A mio parere si e no. Si, nel senso che ritengo possibile simulare alcuni sottosistemi propri della mente umana. No, nel senso che ritengo che Varela abbia ragione e che perché si sviluppi una mente umana sia necessario un cervello inserito in un corpo, a sua volta inserito in un ambiente umano. Probabilmente è possibile costruire una mente basata sul silicio. Ho dei dubbi sul fatto che sarebbe umana.
    In linea di massima sono d’accordo, ma che cosa fa la differenza tra l’avere un corpo e un ambiente umano vs il ricevere un input continuo che rispecchia le caratteristiche del proprio corpo e dell’ambiente umano in questione e di come questi si modifichino in funzione delle risposte che il sistema emette?
    Ultima modifica di korianor : 29-06-2007 alle ore 12.44.39
    "Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" (L. Wittgenstein)

  13. #13
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    "In linea di massima sono d’accordo, ma che cosa fa la differenza tra l’avere un corpo e un ambiente umano vs il ricevere un input continuo che rispecchia le caratteristiche del proprio corpo e dell’ambiente umano in questione e di come questi si modifichino in funzione delle risposte che il sistema emette?"
    Caro Giorgio

    In linea di massima io sono del parere che simulare una mente al computer è possibile. Forse anche una mente umana. E' una posizione, la mia, che si basa più su un calcolo di rischi e benefici che su altro. Nel senso che, sostenere che la cognizione umana non sia simulabile equivarrebbe ad assegnare agli esseri umani un posto "speciale" nell'ambiente naturale. Io credo che siamo delle macchine molto complesse e che non siamo speciali. Ergo, dovremmo essere simulabili.

    Però... mi viene in mente una cosa sulla necessità dell'avere un corpo (o l'equivalente di esso). Quando una persona sorride muove lo zigomatico maggiore. E noi percepiamo quel movimento e gli assegnamo il significato di "sorriso". Ma quando una persona sorride di gioia, ed è consapevole dell'emozione che prova, muove anche l'orbicolare che non è sotto controllo volontario e il cui movimento non può essere pianificato coscientemente. Questo ci consente di
    a) comunicare agli altri quando siamo "felici" e quando invece ci stiamo adattando alle norme sociali
    b) capire se abbiamo di fronte un venditore di auto usate o una persona "felice".

    Ora, questo movimento, questa espressione del corpo, sembra essere legata ad un particolare stato mentale e, soprattutto alla coscienza di questo stato. E lo scoglio dell'AI nelle sue varie forme è e rimane questo: che gli esseri umani sono coscienti. Le loro imitazioni al computer, per ora, no.

    Buona vita

    Guglielmo
    Dott. Guglielmo Rottigni
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  14. #14
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Originariamente postato da ikaro78
    E' proprio questo che ti contesto, caro Gieko, (a te e alla maggior parte del post-freudismo): al di là dello specifico della discussione (molto interessante, ma per me un pò proibitiva, perchè non sono molto preparato sulle neuroscienze) l'insegnamento di Freud e di Lacan ci parla, piuttosto, di un soggetto diviso per struttura (la famosa sovversione del soggetto di cui abbiamo già discusso), dire "che non si possa prescindere da una visione unitaria dell'essere umano" mi sembra quanto meno ingenuo, si può essere d'accordo o meno (ci mancherebbe), ma sappi che c'è chi - in ambito clinico, non solo teorico/epistemologico - non solo ne prescinde, ma anzi va proprio nella direzione opposta.

    Un saluto a tutti,
    ikaro
    Ciao ikaro, spero che partecipi almeno di quando in quando anche tu alla discussione: punti di vista differenti potenzialmente arricchiscono.

    Venendo alla tua critica - e di Santiago - rispetto il tuo punto di vista, ma personalmente sono convinto del contrario. Non penso che sia ingenuo pensare che il soggetto sia unitario e bisogna vedere che cosa si intende per "unitario", perchè non deve per forza andare nella linea di un annullamento della conflittualià inconscia, che ritengo anche io centrale nella clinica.
    A quanto capisco del tuo ragionamento - e correggimi se sbaglio - il soggetto è diviso per struttura perchè vi è rimozione ed inconscio rimosso, quindi, in un certo senso, l'Io non è mai padrone in casa propria. E' una visione coerente con l'idea freudiana e con tale concezione di inconscio. Come ben sai, sono critico nei confronti della teoria pulsionale che vi sta alla base e che sostiene una concezione di inconscio, a mio modestissimo parere, reificato. Non mi addentro oltre, se no si finisce fuori argomento, ma penso che uno dei grossi temi da cui sorge questa posizione sia che l'essere umano è "alienato da sè", ribadisco, posizione più che legittima, ma secondo me troppo legata ad una lettura clinica e patologizzante dell'essere umano in generale.
    Non penso sia ingenuo sostenere che l'essere umano possa essere metaforizzato come un sistema complesso, organizzato su diversi livelli, e che il fatto che sia - potenzialmente - "cosciente di Sè" (uso le virgolette perchè non si tratta di una coscienza cognitiva o razionale, ma di un senso di "essere presenti nel mondo") e abbia un'identità, un senso di continuità spazio-temporale, lo costituisca come soggetto. Questo credo sia il punto di partenza almeno in teoria, che poi nella clinica si incontri tutto ciò che fa sì che il soggetto non sia libero, ma si irrigidisca su schemi che lo alienano, secondo il mio punto di vista, è una conseguenza.

    Sarei comunque curioso di sapere con più precisione che cosa contesti ai post-freudiani, e quali, a tuo parere sono alcune delle direzioni prese rispetto al corpus teorico freudiano.

    Un saluto
    Ultima modifica di gieko : 29-06-2007 alle ore 15.32.49
    gieko

  15. #15
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    Originariamente postato da korianor
    Io concordo maggiormente sull’aggiunta del qualcosa di più (inteso come ambiente esterno/relazioni o sbaglio?) rispetto al tutte riferito alle parti del corpo. Per dire, possono mutilarmi entrambe le braccia e le gambe, ma i miei processi cognitivi non subiranno un cambiamento sostanziale -magari in più avrò i cosiddetti fenomeni dell’arto fantasma-, certo non subirò quegli ‘effetti’ che osserviamo nei pazienti neuropsicologici in seguito a lesioni cerebrali.
    Si potrebbe obiettare che ciò accade perché sto parlando di un individuo adulto, se fosse accaduto ad uno in età evolutiva ci sarebbero stati rilevanti cambiamenti: sicuramente questo è un buon argomento (e sono convinto che questo specifico aspetto ci porterebbe ad un interessante e specifico sottodibattito), ma mi è capitato di vedere in un documentario un individuo nato senza i 4 arti con processi cognitivi ‘normali’. Con questo non voglio dire che il corpo (in particolare la sua conformazione) e le nostre esperienze non plasmino la nostra mente. Se avessimo un paio d’ali, la nostra rappresentazione dello spazio probabilmente sarebbe profondamente diversa.
    Non sono molto d'accordo sul fatto che perdere un arto non modifichi cambiamenti sostanziali. Ci sono PET che mostrano come, dal punto di vista sinaptico, il cervello ristrutturi molte aree ad esempio in seguito ad un intervento di separazione delle dita in un soggetto nato con tale malformazione.
    Non solo: credo che una modificazione corporea - come del resto di qualsiasi altro livello in cui l'essere umano si organizza, relazionale, psichico, metabolico - abbia delle influenze anche a livello cognitivo, dal momento che, ad es il sistema di significati propri di una persona viene a modificarsi. Mi viene in mente un es banale rispetto al solito "Gianni mangia la mela" e a come tale semplice pensiero assuma un significato diverso se una persona non ha le mani per prendere la mela. D'altronde, se si considera l'essere umano come un sistema (scusate se mi ripeto...) ogni variazione fa si che il sistema cambi.
    Giustamente però, chi si occupa di scienze cognitive non ha strumenti sufficientemente "sicuri" per poter studiare un rapporto così complesso...

    Originariamente postato da korianor
    In linea di massima sono d’accordo, ma che cosa fa la differenza tra l’avere un corpo e un ambiente umano vs il ricevere un input continuo che rispecchia le caratteristiche del proprio corpo e dell’ambiente umano in questione e di come questi si modifichino in funzione delle risposte che il sistema emette?
    Originariamente postato da willy61
    Ora, questo movimento, questa espressione del corpo, sembra essere legata ad un particolare stato mentale e, soprattutto alla coscienza di questo stato. E lo scoglio dell'AI nelle sue varie forme è e rimane questo: che gli esseri umani sono coscienti. Le loro imitazioni al computer, per ora, no.
    D'accordo con willy, il problema credo sia proprio costituito da quella particolare sensazione di "coscienza di Sè" che non può essere riprodotta perchè troppo complessa, perchè non è solo questione di input, ma di sensazioni generate, di significati che richiamano, di conseguenze sull'ambiente...

    Saluti a tutti di nuovo
    gieko

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