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Visualizzazione risultati 16 fino 30 di 77
  1. #16
    AlphaDraconis
    Ospite non registrato
    Sono contento ti servano i riferimenti, comunque, per quanto riguarda i tipi personologici implicati non posso entrare nel dettaglio non essendo a conoscenza nè di ricerche specifiche in merito, nè ad essere sincero nemmeno delle tipologie personologiche implicate.

    Essendo poi il mobbing un fenomeno sociale e non semplicemente di relazione di coppia, mi sembra un po' riduttivo ascriverlo solamente alla presenza di certi tipi personologici, che andrebbero se mai utilizzati come fattori con-causali oltre alle variabili situazionali, gruppali ed organizzative.

    Riguardo a questo risulta comunque chiaro che certi tipi personologici possano funzionare da catalizzatori per il processo di escalation.

    Ad esempio, visto che la percezione del mobbing è una variabile che causa il mobbing stesso ed il suo processo di isolamento sociale, posso ritenere che personalità di tipo paranoide (anche nel senso ampio del termine) siano più propense a subire attacchi di questo tipo.
    Allo stesso modo, ma per cause diverse, persone "introverse", comunque con relazioni difficoltose, saranno più propense alla perdita del supporto sociale, condizione necessaria perchè il mobbing possa attuarsi.

    Per quanto riguarda il mobber, personalità istrioniche come anche antisociali potrebbero essere più propense alla creazione delle condizioni necessarie all'attuarsi del fenomeno mobbing.

    Insomma, non penso esista una condizione sufficiente e necessaria al permettere questo fenomeno, quanto se mai una specifica situazione sociale.

    Tutte queste sono comunque, ripeto, supposizioni, il mio punto di vista è rivolto principalmente alle variabili organizzative antecedenti.
    Ultima modifica di AlphaDraconis : 30-01-2008 alle ore 20.38.11

  2. #17
    Partecipante Affezionato L'avatar di psicodani
    Data registrazione
    06-06-2005
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    Bologna..con la Sicilia nel sangue e nel cuore
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    105
    Citazione Originalmente inviato da Alessandro.G Visualizza messaggio
    Comunque riguardo all'argomento ti consiglierei la lettura del volume IX del 2004 della rivista Risorsa Uomo di V. Majer; ci sono tre o quattro articoli di vari autori tra cui Argentero, Giorgi, Majer, Favretto, etc. che parlano proprio degli antecedenti organizzativi e psicosociali oltre che individuali del fenomeno.

    Carissimo AlphaDraconis,
    ti ringrazio tantissimo per avermi segnalato questa lettura, sai dirmi in quale biblioteca posso trovare questa rivista scientifica?

    [/QUOTE]

    FrancoAngeli - Riviste - Elenco sommari
    a questo link trovi tutto l'indice della rivista in questione. C'è anche la possibilità di scaricare l'articolo (previo pagamento...eh eh ). In bocca al lupo per la tesi.

  3. #18
    Alessandro.G
    Ospite non registrato
    Citazione Originalmente inviato da psicodani Visualizza messaggio
    Carissimo AlphaDraconis,
    ti ringrazio tantissimo per avermi segnalato questa lettura, sai dirmi in quale biblioteca posso trovare questa rivista scientifica?
    FrancoAngeli - Riviste - Elenco sommari
    a questo link trovi tutto l'indice della rivista in questione. C'è anche la possibilità di scaricare l'articolo (previo pagamento...eh eh ). In bocca al lupo per la tesi. [/QUOTE]


    Grazie mille! Gentilissima.
    Ti va di darci anche la tua opinione?
    Saluti
    Ale G

  4. #19
    Partecipante Affezionato L'avatar di psicodani
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    06-06-2005
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    105




    ...sinceramente, il mobbing non è un argomento che conosco moltissimo. Ti ho riportato il collegamento perchè conoscevo quell'annata (2004) di Risorsa Uomo, avendoci scritto. Però era nel volume successivo a quello che ti interessa...

    Buona continuazione

  5. #20
    Postatore OGM L'avatar di willy61
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    Scusatemi se reintervengo, ma i fenomeni di mobbing mi interessano alquanto, anche se non sono convinto delle spiegazioni che vengono date, soprattutto di quelle in termini di personalità.
    Cerco di spiegarmi: quando si tratta di comportamenti di mobbing e li si mette in relazione con la personalità dell'aggressore o della vittima, mi pare si trascuri il contesto nel quale il comportamento avviene.
    Sono molto daccordo con AlphaDraconis quando sostiene:
    Essendo poi il mobbing un fenomeno sociale e non semplicemente di relazione di coppia, mi sembra un po' riduttivo ascriverlo solamente alla presenza di certi tipi personologici, che andrebbero se mai utilizzati come fattori con-causali oltre alle variabili situazionali, gruppali ed organizzative.
    Di fatto, questa tua frase apre su una dimensione molto grande, e del tutto trascurata negli studi sul mobbing: la dimensione politico-sociale e le forme di organizzazione del lavoro attualmente esistenti.

    Quando Alessandro.G. chiede:
    Quali possono essere le ragioni più recondite e segrete che possono indurre un individuo a ledere, giorno per giorno, la dignità di un altro individuo attraverso gesti continui di abuso e sottomissione?
    si colloca in una prospettiva che fa ricadere ogni responsabilità dei comportamenti sui singoli attori, trascurando, a mio parere, la forza che ha il contesto sociale ed economico nel quale gli attori agiscono. Inoltre, sposa implicitamente la tesi che gli attori siano agenti irrazionali, guidati da motivazioni "recondite e segrete".

    Proviamo, però, a pensare su una linea differente: il passaggio dall'economia "fordista" a quella attuale, che effetti ha sull'organizzazione del lavoro? E quali sono le conseguenze di sistemi produttivi basati sul concetto di "qualità totale", "flessibilità", "disponibilità", "apprendimento continuo", oggi ampiamente utilizzati?
    Se guardiamo al settore del credito, ma potremmo estendere il ragionamento anche ai settori industriali in senso stretto, quel che vediamo è che si passa da un'organizzazione del lavoro rigida, nella quale ruoli e comportamenti sono definiti e lo status è regolato da fattori chiari (anzianità, titolo di studio), a un'organizzazione del lavoro flessibile, nella quale la definizione di ruoli e comportamenti è carente o assente e nella quale lo status viene definito in termini di produttività: il migliore è quello che riesce a vendere ai clienti la combinazione di prodotti finanziari che massimizzi il profitto aziendale. Poco importa se si rifilano i bond Parmalat alle vecchiette.
    Aggiungiamo a questo cambiamento l'aumento della precarietà e la diffusione di contratti di lavoro a tempo determinato.
    Una delle possibili conseguenze è la paura. Paura di non essere all'altezza, paura di perdere il posto di lavoro, paura di essere trasferito, paura di non riuscire a mantenere il proprio status...
    Ma questa paura potrebbe anche non essere una consegueza indesiderata di una modalità di organizzazione socio-economica. Potrebbe essere anche che i livelli più alti (in termini di reddito e di potere decisionale) utilizzino coscientemente questa paura, anche nelle forme del mobbing, per raggiungere i loro obiettivi: incremento dei profitti (e quindi del loro stipendio e dei loro dividendi), incremento del loro potere e del loro status.

    Non so cosa ne pensate. Ma più leggo sull'argomento e meno mi convincono le spiegazioni in termini di personalità. A me pare che trascurare i fattori sociali e politici sia un errore.

    Fatemi sapere

    Buona vita

    Guglielmo
    Dott. Guglielmo Rottigni
    Ordine Psicologi Lombardia n° 10126

  6. #21
    AlphaDraconis
    Ospite non registrato
    Assolutamente d'accordo con te Guglielmo, le variabili organizzative in gioco vanno oltre alla semplice percezione della cultura o del clima, si rifanno strettamente all'organizzazione sociologica delle risorse umane, ivi compresa anche la politica aziendale di gestione del mercato (vista dal punto delle risorse umane).

    D'altronde in ambito giuridico la responsabilità di mobbing cade non tanto sull'aggressore quanto sull'intera organizzazione, proprio in base al fatto che questa venga considerata "il tacito fautore" di questo fenomeno.

    A mio parere comunque penso vi siano persone che hanno una resilienza maggiore nei confronti di questi comportamenti, una maggiore capacità di trovarsi con basi di appoggio tra i colleghi, di "rispondere a tono" alle accuse o di "stare al gioco"; aspetti che impediscono o se mai si oppongono ad una azione "mobbizzante".

    Però ripeto, questi aspetti, secondo me, sono secondari, ma non in quanto impediscano lo sfociare nel mobbing, quanto se mai impediscono lo sfociare nel mobbing per quella determinata persona (con più probabilità almeno), il fenomeno mobbing verrebbe solamente spostato da un individuo ad un altro.

  7. #22
    Alessandro.G
    Ospite non registrato
    Citazione Originalmente inviato da willy61 Visualizza messaggio
    Scusatemi se reintervengo, ma i fenomeni di mobbing mi interessano alquanto, anche se non sono convinto delle spiegazioni che vengono date, soprattutto di quelle in termini di personalità.
    Cerco di spiegarmi: quando si tratta di comportamenti di mobbing e li si mette in relazione con la personalità dell'aggressore o della vittima, mi pare si trascuri il contesto nel quale il comportamento avviene.
    Sono molto daccordo con AlphaDraconis quando sostiene:

    Di fatto, questa tua frase apre su una dimensione molto grande, e del tutto trascurata negli studi sul mobbing: la dimensione politico-sociale e le forme di organizzazione del lavoro attualmente esistenti.

    Quando Alessandro.G. chiede: si colloca in una prospettiva che fa ricadere ogni responsabilità dei comportamenti sui singoli attori, trascurando, a mio parere, la forza che ha il contesto sociale ed economico nel quale gli attori agiscono. Inoltre, sposa implicitamente la tesi che gli attori siano agenti irrazionali, guidati da motivazioni "recondite e segrete".

    Proviamo, però, a pensare su una linea differente: il passaggio dall'economia "fordista" a quella attuale, che effetti ha sull'organizzazione del lavoro? E quali sono le conseguenze di sistemi produttivi basati sul concetto di "qualità totale", "flessibilità", "disponibilità", "apprendimento continuo", oggi ampiamente utilizzati?
    Se guardiamo al settore del credito, ma potremmo estendere il ragionamento anche ai settori industriali in senso stretto, quel che vediamo è che si passa da un'organizzazione del lavoro rigida, nella quale ruoli e comportamenti sono definiti e lo status è regolato da fattori chiari (anzianità, titolo di studio), a un'organizzazione del lavoro flessibile, nella quale la definizione di ruoli e comportamenti è carente o assente e nella quale lo status viene definito in termini di produttività: il migliore è quello che riesce a vendere ai clienti la combinazione di prodotti finanziari che massimizzi il profitto aziendale. Poco importa se si rifilano i bond Parmalat alle vecchiette.
    Aggiungiamo a questo cambiamento l'aumento della precarietà e la diffusione di contratti di lavoro a tempo determinato.
    Una delle possibili conseguenze è la paura. Paura di non essere all'altezza, paura di perdere il posto di lavoro, paura di essere trasferito, paura di non riuscire a mantenere il proprio status...
    Ma questa paura potrebbe anche non essere una consegueza indesiderata di una modalità di organizzazione socio-economica. Potrebbe essere anche che i livelli più alti (in termini di reddito e di potere decisionale) utilizzino coscientemente questa paura, anche nelle forme del mobbing, per raggiungere i loro obiettivi: incremento dei profitti (e quindi del loro stipendio e dei loro dividendi), incremento del loro potere e del loro status.

    Non so cosa ne pensate. Ma più leggo sull'argomento e meno mi convincono le spiegazioni in termini di personalità. A me pare che trascurare i fattori sociali e politici sia un errore.

    Fatemi sapere

    Buona vita

    Guglielmo
    Caro Willy,
    innanzi tutto trovo il tuo commento davvero interessante e ricco di spunti significativi..GRAZIE!
    Sono TOTALMENTE D'ACCORDO CON TE: mi dispiace aver focalizzato qui l'attenzione solo sulle dinamiche psichiche perchè, nella mia tesi, c'è proprio un'ampia trattazione sull'incidenza degli attuali assetti organizzativi del lavoro. Sì è proprio così, la flessibilità che ci viene ncontinuamente richiesta oggi non è altro che l'escamotage che i vertici aziendali hanno adottato per manipolarci meglio: a tal proposito rimando al discorso della sindacalista CGIL all'interno del film di Francesca Comencini "Mobbing - Mi piace lavorare" (anche se molto ci sarebbe da dire anche sull'operato delle organizzazioni che presuntamente dovrebbero tutelare i lavoratori), un film che reputo molto interessante perchè capace di disegnare impeccabilmente l'incrociarsi del destino di una donna che tende a subire passivamente i colpi che la vita le ha inferto e quello di un'azienda che si deve "svecchiare" nelle procedure e nell'assetto, recidendo i rami secchi del personale (i veterani abituati a non sacrificare la qualità alla mole di lavoro esaudito, abituati a trattare in un certo modo con i clienti), accelerando i tempi di lavorazione di tutti i dipendenti attraverso una sfiancante opera di lavorio ai fianchi (alcuni operai vengono fatti cronometrare e, se non rispettano i tempi prestabiliti, ricevono una lettra di richiamo per negligenza, arrivati alla quarta lettera scatta il licenziamento) etc. etc. .
    Anna la protagonista viene spostata di mansione in mansione perchè considerata l'anello debole nell'azienda: una mattina qualunque si reca in ufficio e trova un'altra persona al posto suo, collocata lì dal nuovo responsabile del personale, che senza fare troppi complimenti la liquida dicendole: "Se vuoi ti aiuto a portare via la tua roba...".. Si, ma dove? Anna resta infatti senza una postazione fissa, demansionata da responsabile della contabilità ad addetta all'archivio contabile, costretta ad arrangiarsi con mezzo metro di postazione "in comune" con altri dipendenti in cui il computer neanche funziona; il suo nuovo capo le chiede di fare con una certa urgenza dei compiti denigranti ma che lui definisce di "altissima responsabilità", peccato che lei non possa farlo perchè non ha nemmeno un computer funzionante! Così nell'indifferenza dei colleghi che ormai evitano di sederle accanto persino durante la pausa pranzo, Anna compie la sua discesa negli inferi ritrovandosi infine seduta accanto alla fotocopiatrice ad annotare chi fa le fotocopie, perchè le fa e quanti fogli usa. Nicoletta Braschi caratterizza perfettamente un personaggio bloccato, incapace di reagire anche quando scopre palesemente l'ordito della trama in opera nei suoi confronti, una donna sola con una bambina piccola da mantenere, una donna che deve arrivare alla fine del mese con uno stipendio che non sempre può bastare, una donna che la sera si addormenta con i vestiti addosso non appena poggia la testa sul cuscino e con la figlia accanto a raccontarle le favole della "buonanotte mamma anche stasera a pezzi??".

    Emblematici due discorsi che non riporto alla lettera:

    N. Braschi al responsabile del personale che le ha appena cambiato lavoro demansionandola ad un'occupazione inferiore: "Un cambiamento di mansione? Perchè? Non ne vedo il motivo...Ho fatto sempre bene il mio lavoro, mi piace lavorare. Conosco tutti i fornitori e i clienti, si fidano di me, sanno che devono rivolgersi a me...Perché?".
    Risposta del responsabile del personale: "Signora Anna sono in corso cambiamenti epocali per la nostra azienda, dobbiamo aumentare il fatturato, la mentalità dell'azienda è troppo arretrata per essere al passo con i tempi moderni..."

    La Sindacalista della CGIL: "Oggi le aziende agiscono all'insegna della flessibilità...Vi chiedono flessibilità... Oggi siete qui domani non potete saperlo...Potreste essere trasferiti in un altro reparto, addirittura in un altra città...Le vostre competenze non sono più adeguate...Non interessa a nessuno se avete una famiglia, dei figli dai quali non potete separarvi...Flessibilità è la parola d'ordine!"

    E' proprio così Willy, flessibilità in un paese che non ha nè i mezzi, nè le capacità adattive, nè il benessere economico, nè innumerevoli possibilità lavorative, per sostenerlo..flessibilità su persone che hanno una mentalità del tipo: "Questo è il mio lavoro fino alla vigilia della pensione"... flessibilità su persone che non hanno una famiglia alle spalle in grado di mantenerle nei periodi di inattività tra un lavoretto e l'altro...
    La flessibilità non è questo "meraviglioso saltellare da un'occupazione all'altra in un'ottica di continuità e con la preziosa possibilità di crearci nuove competenze che ci fanno crescere professionalmente" come ci hanno fatto credere, flessibilità sono lavori sfiancanti di 1/2/3/4/5/6 mesi al massimo per i quali dobbiamo pure dire "Grazie", per i quali le aziende percepiscono un contributo statale con i corsi di formazione che organizzano, per i quali non è prevista la maturazione di ferie, malattie, permessi pagati, per i quali non godi di nessun tipo di tutela giuridica e umana e, soprattutto, per i quali non maturi alcun tipo di previdenza contributiva realmente utile...Spesso il Mobbing non si ha nemmeno il tempo di percepirlo o metterlo in pratica in questi casi. Il problema è quando la flessibilità invade indiscriminatamente ambienti lavorativi già collaudatid a un pezzo e sradica le vite dalle loro scrivanie e dalle loro consuete procedure...
    Ho paura per il futuro, tanta e ringrazio il cielo di avere la mia famiglia accanto.

    Cari Saluti
    Ale G

  8. #23
    Matricola L'avatar di eulaliamarsy
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    il capo che fa mobbing al suo sottoposto

    secondo me può avere motivi personali o di gestione del personale. Nel primo caso può essere banalmente invidioso nei confronti del suo sottoposto, ad esempio: il sottoposto ha una macchina più bella e più costosa, una casa più grande, forse anche più soldi.Il secondo motivo è quello del controllo del gruppo: indirizzando la propria aggressività verso un soggetto, in quel momento vulnerabile,esercita il potere senza apparenti rischi di conseguenze e si dà, in un certo senso, il placet ad infierire su quella persona, in modo da rafforzare la coesione del gruppo
    Citazione Originalmente inviato da Alessandro.G Visualizza messaggio
    Carissimo Willy,
    ringraziandoti per il tuo intervento che ho molto gradito, mi accingo a risponderti, anche se sono provato dalla scrittura della parte della mia tesi dedicata alle "dinamiche di conflitto" che creano un terreno fertile per lo svilupparsi delle dinamiche di Mobbing (mi sono scelto un argomento prostrante, statemi vicino...):

    Dunque, credo che stabilire una classifica in merito alle "culture organizzative" più a "rischio Mobbing" sia davvero difficile perchè ognuno tende a strutturarla secondo il proprio vissuto personale o secondo le proprie opinioni, mentre si dovrebbe cercare di analizzare al meglio, dati alla mano, l'incidenza statistica di ogni "cultura organizzativa" nelle casistiche di Mobbing. La situazione da paese a paese è molto variegata ma posso dirti che qui in Italia l'incidenza più alta la possiede la cultura autoritaria dato che, in una cultura organizzativa in cui è necessario assoggetarsi alla "venerazione incondizionata di un capo", il Mobbing trova condizioni favorevoli oer prosperare grazie alla crisi latente e continuativa che causa un eleavto livello di disoccupazione e, conseguentemente, un'altissima paura da parte dei lavoratori di perdere il posto di lavoro. In questa situazione la pressione che il datore di lavoro ha la possibilità di esercitare sul dipendente con la minaccia di licenziamento diventa facilmente uno strumento di "Mobbing pianificato".
    Di certo anche la cultura paternalistica e burocratica sono fortemente a rischio ma forse più in altri paesi che qui in Italia.


    Quanto al movente che spingerebbe un superiore a compiere Mobbing contro un suo sottoposto, mi piacerebbe tantissimo poter sposare la tua tesi secondo la quale questi sarebbe semplicemente deluso dalle aspettative nei confronti del suo staff ma, ahimè, non credo sia così, almeno qui in Italia. Ciò che spinge un superiore a mobbizzare un sottoposto è riconducibile a svariati tipi di dinamica:

    - a volte un superiore può semplicemente percepire la sua inferiorità rispetto ad un suo sottoposto che con la sua bravura e con le sue capacità potrebbe mettere in evidenza l'inadeguatezza del suo superiore a rivestire un ruolo così importante e, per questo, arrivare a mobbizzarlo;
    - oppure, in un riassetto societario orientato verso uno svecchiamento delle procedure di lavoro, un superiore potrebbe mobbizzare un suo sottoposto per indurlo ad andaresene e rimpiazzarlo con un altro più giovane e al passo con i tempi;
    - oppure, caso più frequente, il sottoposto è inviso ad un superiore per le sue credenze politiche, religiose (...) o anche più banalmente per la sua bella personalità e così viene preso di mira in modo irrazionale e con un accanimento che può raggiungere picchi di follia impressionanti; quest'ultima tipologia di Capo è stata ricondotta dalla vittimologa Marie- France Hirigoyen alla tipologia umana del "narcisista perverso" ovvero colui che: schiavo delle sue manie di onnipotenza, assorbito da fantasie di potere e successo illimitati, smanioso dell'ammirazione altrui, convinto che tutto gli sia dovuto in virtù di questa sua presunta superiorità, incapace di immedesimarsi con gli altri e attanagliato dall'invidia per i successi altrui, "scarica sulla sua vittima il dolore che non è capace di sentire e le contraddizioni interne che rifiuta di prendere in considerazione, in un transfert del dolore che gli permette di valorizzarsi a spese dell'altro".

    Cosa ne pensate?
    Cari Saluti
    Alessandro Gallo

  9. #24
    Partecipante Esperto L'avatar di nuryel78
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    non ne so molto di mobbing: quel poco che soi, ahimè, l'ho sperimentato sulla mia pelle. lo scorso aprile venni assunta a tempo determinato in uno studio commerciale come segretaria: nella segreteria c'erano altre due ragazze; cristina, la responsabile, e selina, altra segretaria, entrambe di poco più grandi di me. io non avevo mai fatto quel lavoro e al colloquio lo feci presente, mi fu risposto "meglio, così non si porta dietro le cattive abitudini prese da altre parti". il primo giorno andò tutto bene: dal secondo in poi, dio ce ne scampi.
    il primo segno che qualcosa non andava lo ebbi quando cristina, che fumava come una turca, si rifiutò di aprire la finestra per cambiare l'aria: vi giuro, io sono fumatrice,ma lì proprio non si respirava, tanto che spesso mi sentivo male.

    inizialmente mi furono dati compiti che non ero in grado di svolgere dato che non lo avevo mai fatto, e anche se chiedevo che mi venisse spiegato il lavoro non me lo spiegavano mai. un bel giorno mi fu messo in mano il vademecum dell'agenzia delle entrate, ma sfido chiunque non abbia studiato economia a capirci qualcosa....non ci capivo nulla neppure io, cosaì diventai "quella che non è abbastanza intelligente da leggere due pagine."
    non vi so dire come mi sentivo: insistevano talmente tanto sul mio essere stupida che alla fine, non so come, me ne convinsi pure io. visto che ero stupida fui adibita alle fotocopie..sissignori: potevo fare solo fotocopie, e spesso venivo sgridata perchè non le facevo come piaceva a loro. e tu, vi chiederete, non reagivi? sinceramente no, e non come mai, visto che non ho mai avuto peli sulla lingua, ma con loro non ero capace neanche di dire una sillaba, figurarsi reagire.
    comunque, iniziai a star male fisicamente: cali di pressione, mal di testa, poi quando uscivo di casa la mattina mi si piegavano le gambe....cose così.

    un bel giorno mi viene chiesto di andare all'agenzia delle entrate per ritirare un documento: io contentissima, così uscivo per un'oretta dall'ufficio....ma all'agenzia il documento non era pronto. non so che mi sia preso, ma ho sentito l'aria che mi mancava, poi caldo, poi freddo, poi mi si sono bloccati tutti i muscoli e son caduta per terra....poi ho riaperto gli occhi e ho visto i soccorritori della croce rossa e ho iniziato a piangere dicendo che prima di morire volevo salutare mio babbo. non sto esagerando, è andata proprio così.

    corriamo in ospedale, tac, rm, analisi su analisi...non ci crederete ma non avevo nulla, ero sana come un pesce. mi dicono che ho avuto un attacco di panico e mi danno due settimane di prognosi, che poi sono diventati due mesi. mi riempiono di xanax perchè piangevo in continuazione, non mangiavo, non dormivo e si raccomandano di uscire molto....ma mi era venuta la paura di sentirmi male anche fuori, così non uscivo neanche per comprare le sigarette. quella iena di cristina mi fece una telefonata furibonda a casa dicendo che per lavorare bisogna star bene fisicamente e possibilmente anche di testa, e che decisamente non ero adatta. comunque mi dimisi, perchè proprio non ne potevo più.

    ora ho un altro lavoro che mi piace molto, certo ci sono problemi come in tutti i posti ma mi trattano con molto rispetto e mi stimano. non prendo nessun farmaco e mi sono passate le paure che avevo, soprattutto sono più che convinta di non essere affatto stupida: a costo di sembrarvi spocchiosa sono convinta di essere molto intelligente (di sicuro più delle mie ex colleghe) e anche molto forte, infatti ho superato alla svelta quella brutta esperienza. eppure anche adesso, a distanza di moltimesi, se passo davanti all'agenzia delle entrate mi sento una cosa strana allo stomaco. non è che ci sto male, diciamo che non mi sento a mio agio.

    non so perchè sia capitato a me, forse è stata una casualità, forse no. scusate se vi ho tediato ma ho colto l'occasione per raccontare questo fatto che per me è stato molto importante.
    "...l'effetto farfalla: l'idea cioè che una farfalla, sbattendo le ali oggi a Pechino, possa incidere sulle perturbazioni atmosferiche del mese prossimo a New York." Gleik- teoria del caos

    " To see a world in a grain of sand and a heaven in wild flower - hold infinity in the palm of your hand, and eternity in an hour." William Blake

  10. #25
    AlphaDraconis
    Ospite non registrato
    Citazione Originalmente inviato da eulaliamarsy Visualizza messaggio
    secondo me può avere motivi personali o di gestione del personale. Nel primo caso può essere banalmente invidioso nei confronti del suo sottoposto, ad esempio: il sottoposto ha una macchina più bella e più costosa, una casa più grande, forse anche più soldi.Il secondo motivo è quello del controllo del gruppo: indirizzando la propria aggressività verso un soggetto, in quel momento vulnerabile,esercita il potere senza apparenti rischi di conseguenze e si dà, in un certo senso, il placet ad infierire su quella persona, in modo da rafforzare la coesione del gruppo
    Le cause del mobbing sono variegate e soprattutto infinite...
    non possono solamente essere ricondotte ad invidia o a metodologie errate di controllo del gruppo.

    L'invidia comunque non può nemmeno essere definita causa, in quanto è un fattore che acuisce certamente molti comportamenti negativi sul luogo di lavoro, ma appunto per la sua non specificità riferita al mobbing non ne può essere considerata la causa.

  11. #26
    Alessandro.G
    Ospite non registrato

    Mobbing: se lo subisci una volta poi ne sei immune (?).

    non so perchè sia capitato a me, forse è stata una casualità, forse no. scusate se vi ho tediato ma ho colto l'occasione per raccontare questo fatto che per me è stato molto importante.[/QUOTE]


    Cara Nuryel 78,
    io credo che il tuo sia un caso lampante di Mobbing anche se, come tu ben sai, questo fenomeno, allo stadio inziale, attecchisce in modo particolarmente violento su personalità particolarmente volubili (e con questo termine non intedo dire "incapaci" ma semplicemente "incapaci di difendersi" come una persona con una soglia di difesa alta). H.Leymann, uno dei principali teorici del Mobbing, ha provato a definire il ruolo del tempo nel Mobbing ed ha sancito che, attacchi ripetuti e violenti, possano reputarsi Mobbing qualora si ripetano, almeno una volta a settimana, per un arco temporale di almeno 6 mesi. In questa affermazione è stato smentito da molti teorici, ad esempio H.Ege ha, giustamente a mio parere, dichiarato che non si può rinchiudere il fenomeno del Mobbing in schemi temporali fissi dato che, sei mesi di attacchi con cadenza di 1 volta a settimana, possono essere benissimo paragonati, per intensità ed effetti, a 3 mesi con cadenza di più volte a settimana. Non c'è una regola matematica per decidere se è Mobbing o no, ma le tue sintomatologie sono quelle tipiche del Mobbing e, l'escalation di vessazioni che ti è stata inflitta, parla chiaro. Ti consiglio solo di imparare a difenderti meglio in futuro qualora ti dovesse ricapitare (e mi auguro di no), perchè nessuno deve essere ridotto a prendere "xanax" per mesi, nessuno deve essere soccorso dalla croce rossa perchè ha avuto un collasso, nessuno ha il diritto di chiamare qualcun'altro e mettere in discussione le sue doti come ha fatto quella crsitina di cui ci parli...So che è difficile ribellarsi mentre lo si vive perchè ci si chiede continuamente se "il problema, magari, non siamo noi e i nostri limiti", ma questa è la diabolica e ben studiata metodologia che gli esecutori del Mobbing adottano per manipolarci meglio e, una volta che ne abbiamo scoperto i meccanismi sta a noi, da quel momento in poi, non caderci più...e per sempre.
    Un caro saluto e non dimenticare mai quello che ci hai raccontato perchè oggi è la tua risorsa più grande per difenderti.
    Ale G

  12. #27
    AlphaDraconis
    Ospite non registrato
    L'arco temporale dei sei mesi è stato utilizzato in quanto per convenzione è questo il periodo di tempo necessario a considerare peresente una malattia psicologica, vedi DSM ad esempio lampante.
    E' comunque un arco di tempo assolutamente formale, infatti nelle prime descrizioni del mobbing veniva detto "episodi frequenti...per un lungo periodo di tempo", le specificazioni sono state messe in seguito come punto di riferimento.

  13. #28
    Alessandro.G
    Ospite non registrato

    Le conseguenze per: il mobbizzato

    Ragazzi mi scuso per l'assenza di qualche giorno ma avevo bisogno di raccogliere le idee...
    Nel frattempo ho potuto lavorare sul capitolo dedicato alle "conseguenze del Mobbing" su "mobbizzato", "società", "aziende" e "mobber"; di seguito riporto ciò che ho scritto finora sulle conseguenze per il Mobber..
    Aspetto i vostri preziosi commnenti e le vostre preziose integrazioni!

    Grazie come sempre, un caro saluto
    Ale G



    “Fattori di natura personale associati al contesto sociale ed economico in cui opera la vittima, possono contribuire a renderla più o meno vulnerabile agli attacchi ripetuti del mobber”. H.Ege, sempre sulla scia della sua teorizzazione del concetto di “guerra sul lavoro”, ha elaborato un’interessante analogia tra la sintomatologia espressa nel Mobbing, soprattutto nella fase finale del processo, e quella manifestata dai reduci del Vietnam: “le difficoltà di relazione e di reinserimento nella società da parte di questi ultimi sono simili alle difficoltà sociali e di reintegro in nuovi contesti professionali affrontati dalle vittime del Mobbing”. La guerra può produrre nevrosi tipiche i cui effetti sono rappresentati da: “disturbi vegetativi, sensoriali, motori e soprattutto psicologici, quali l’irritabilità, gli stati ansiosi, la riduzione delle disposizioni affettive, una sfiducia di base ed una concezione di sé rispetto al mondo alterata”; nel Mobbing “la guerra è psicologica, logora i nervi e distrugge lentamente l’individuo: non si combatte con le armi, non si muore materialmente ma il proprio equilibrio psichico è gravemente compromesso”. La sofferenza arrecata alla vittima dalla natura dei comportamenti adottati nel Mobbing, è di certo amplificata dalla frequenza delle vessazioni e degli intrighi e dai fattori contestuali legati alle dinamiche di potere e alle interazioni umane. Inoltre, il ruolo centrale del lavoro nella realizzazione personale di un individuo, rende ancora più difficile per il mobbizzato tollerare i maltrattamenti che, costretto a subire, minano irreversibilmente un sistema interiore di valori consolidatosi in lui già da tempo. Alla base del Mobbing compaiono evidenti sentimenti distruttivi per cui, la vittima del Mobbing, sarà costretta a subire conseguenze di una certa entità, principalmente su un piano economico, sociale, psichico e medico
    Per quanto riguarda le difficoltà economiche, le conseguenze sullo stato psicofisico della vittima, comportano la necessità per la stessa di sottoporsi a visite mediche specialistiche, cure farmacologiche e sedute psicanalitiche molto costose; inoltre, qualora il Mobbing sfoci nella perdita del posto di lavoro, il venir meno per la vittima della retribuzione fissa mensile percepita di consueto, indispensabile per la sopravvivenza sua e dei suoi congiunti non indipendenti economicamente, alimenterebbe in lei un devastante senso di impotenza e di umiliazione.
    Le conseguenze sociali, invece, sussistono nel crollo della propria immagine sociale e nella perdita di colleghi, collaboratori o amici, stanchi di sopportare l’umore depressivo della vittima; difatti oltre alle difficoltà di comunicazione che si trova ad affrontare il mobbizzato sul luogo di lavoro, un luogo divenuto ormai per lui ostile e minaccioso, sembrano pesare in maniera determinante anche i problemi relazionali all’interno della famiglia: “nido un tempo sicuro e confortevole tramutatosi a sua volta in un luogo nemico che rigetta un suo componente fondamentale per difendersi da esso”. Il fenomeno del “doppio Mobbing”, elaborato da H.Ege e già trattato precedentemente, evidenzia come la famiglia sostenga inizialmente il mobbizzato per poi abbandonarlo al suo destino, una volta che le sue stesse energie siano esaurite; l’intero mondo relazionale della vittima è coinvolto: il mobbizzato crede di essere marchiato a vita da un’onta indelebile che risalterà agli occhi di chiunque come un segno distintivo del suo vissuto personale, la convinzione di essere lui stesso la causa dei suoi mali comporta una perdita totale dell’autostima e delle aspettative di successo nei rapporti interpersonali e, questi due fattori, lo portano a ripiegarsi su se stesso isolandosi totalmente. Inoltre, secondo lo studioso H.Leymann, le vittime avrebbero anche scarse possibilità di reinserirsi professionalmente in quanto: “gli antecedenti sono visibili sul curriculum vitae e diviene difficile per la vittima nascondere le tracce del trattamento impostogli e le conseguenze psichiche che lo hanno riguardato”.
    In merito alle conseguenze psichiche e mediche, la vittima di Mobbing presenta una lunga serie di disturbi, somatizzazioni e malattie che spesso diventano cronici ed irreversibili. I danni alla salute consistono usualmente in: sintomi da pressione psicologica (mal di testa, svenimenti, capogiri), difficoltà di memoria o di concentrazione, disturbi del sonno, problemi delle funzioni gastriche e digestive, dolori muscolari, sintomi di nervosismo, depressione, ansia ed attacchi di panico.
    Gli effetti sono quelli tipici del PTSD (disturbo post traumatico da stress) e DDA (disturbo dell’adattamento):

    - il PTSD è definito nel DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali) come: “variante dei disturbi d’ansia caratterizzato dalla sperimentazione di uno stato d’animo di particolare risonanza affettiva evocato da eventi estremamente traumatizzanti di cui il soggetto sia vittima, testimone o da cui risulti comunque coinvolto (lutto, aggressione violenta, calamità naturali, disastri stradali, ferroviari, Mobbing, etc.). La sintomatologia si caratterizza per l’esistenza di un ricordo invasivo, un flashback, attraverso il quale un soggetto rivive l’evento traumatizzante accompagnato da attenuazione della responsività, da ridotto coinvolgimento verso il mondo esterno, da disturbi neurovegetativi, disforici e/o cognitivi, da tendenza ad evitare attività o situazioni che possano ricordare il trauma, da insonnia”; effetti tipici del PSTD sono: “la presenza di fenomeni di iperallerta, pensiero ossessivo sulle problematiche professionali (incubi frequenti), comportamenti di evitamento tendenti ad allontanare ogni situazione che ricordi il problema, disturbi d’ansia e depressivi”; il DSM IV specifica l’intensità del disturbo post-traumatico da stress in: “acuto” (la durata dei sintomi è inferiore ai tre mesi), “cronico” (la durata dei sintomi è di tre mesi o più), ad “esordio ritardato” (l’esordio dei sintomi si verifica almeno sei mesi dopo l’evento stressante);
    - il DDA è definito nel DSM IV come: “un disturbo connotato dallo svilupparsi di sintomi emotivi o comportamentali clinicamente significativi in risposta ad uno o più fattori psicosociali stressanti identificabili”; elementi caratteristici del DDA sono: “un fattore di rischio di intensità e durata inferiori a quelle del PSTD, ansia e depressione”; dalle percentuali sui casi sembra che la diagnosi di disturbo dell’adattamento sia più frequente nei casi di Mobbing.

    L’essere sottoposto ad attacchi continui e sistematici nel tempo induce ad uno stato di stress intenso, l’organismo tenta di rispondere attingendo il più possibile alle proprie risorse energetiche, ma a lungo andare queste energie si esauriscono, lasciando il posto ad un disagio sempre più profondo e a disturbi di varia natura (anche di carattere psicosomatico); “il soggetto mobbizzato si ritrova a gestire una sofferenza che interessa tutto il suo essere ove le sintomatologie fisica e psicologica appaiono strettamente interrelate: difficoltà di respiro, palpitazioni, disturbi del sonno, nervosismo, senso di affaticamento, angoscia continua, crisi di pianto, dolori muscolari, funzioni gastriche e digestive irregolari, alterazioni del peso combinati con sentimenti di umiliazione, perdita della fiducia in se stessi, riduzione del livello di autostima, manifestazioni depressive”. La conseguenza estrema del Mobbing spesso è la decisione per la vittima, in preda ad una forte depressione o ad un esaurimento nervoso serio, che l’unica via di uscita plausibile sia il suicidio; S.Riguzzi afferma che: “il suicidio non è affatto un epilogo raro, in Svezia un suicidio su sei è causato dal Mobbing e, secondo le prime ricerche effettuate in Italia, il Mobbing è anche nel nostro paese la causa di una percentuale di suicidi che oscilla tra il 10% ed il 20% di quelli annui”.
    Di seguito riporto i principali disturbi psicosomatici associati al Mobbing: bulimia, bruciori di stomaco, problemi gastrici, ulcera (apparato digerente); mancanza di fiato, problemi di respirazione, senso di oppressione (apparato respiratorio); dolori muscolari, senso di debolezza alle gambe, sudorazione, tremore (arti); cefalea muscolo-tensiva, cervicale, mal di schiena (collo-spalle); infarto del miocardio, palpitazioni, tachicardia (cuore); annebbiamento temporaneo della vista, dermatosi (occhi); disturbi cutanei, psoriasi (pelle); calo difese dell’organismo (sistema immunitario);

  14. #29
    Alessandro.G
    Ospite non registrato
    [QUOTE=Alessandro.G;1310185]
    Nel frattempo ho potuto lavorare sul capitolo dedicato alle "conseguenze del Mobbing" su "mobbizzato", "società", "aziende" e "mobber"; di seguito riporto ciò che ho scritto finora sulle conseguenze per il Mobber..


    "VOLEVO DIRE LE CONSEGUENZE PER IL MOBBIZZATO...SCUSATE MA SONO STANCO MORTO STASERA!!!"

  15. #30
    AlphaDraconis
    Ospite non registrato
    Interessante, mette in risalto sia le prospettive di Ege che di Leymann.


    Però non ho letto delle conseguenze aziendali.
    Di solito vengono messe come punto principale, visto che la prevenzione nel mobbing è l'unica arma di difesa, e per fare prevenzione le aziende devono riscontrare un beneficio economico forte.

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