Prima rispondo alla seconda parte: me la sento di dirti che questa tua domanda mostra che tre anni di psicologia non sono passati invano. Ti hanno cosi' convinto che il cervello non c'entra (non c'e' bisogno di particolari discorsi, basta semplicemente ignorarlo) che ora mi chiedi quali prove ho che il cervello c'entra. Non ho nessuna prova, perche' non ne cerco. Di sicuro il cervello c'entra, il solo problema e' capire cosa fa quando una data persona fa, o piu' spesso non fa, una cosa che ci si aspetterebbe che faccia.Originariamente postato da laura81
Beh... a dire il vero mi sono appena iscritta al clinico-dinamico...
Non t'indurrò in tentazione, solo spiegami/ci, se te la senti, cosa secondo te è all'origine del legame cervello-comportamento!
E qui vengo alla prima parte. Se ti sei appena iscritta e' anche meglio. Cosi' potrai partire col piede giusto. Come? Io propongo di partire da un caso clinico e di vedere come si puo' giustificare in termini cerebrali la situazione e l'intervento terapeutico. Il caso che sottopongo alla tua e all'altrui attenzione e' questo:
Il caso del diplomato al professionale Protagonista di questo caso (descritto nel “Manuale di analisi della domanda”, Renzo Carli, che dovrebbe uscire alla fine del 1993) è un ragazzo di vent’anni da poco diplomato in una scuola professionale a indirizzo meccanici. (1) Egli si presenta dallo psicologo in modo “aggressivo e arrogante” dicendo di essere stato da altri psicologi senza ricavarne alcun giovamento. Sfida lo psicologo a risolvere il suo problema, lasciando intendere che secondo lui non ci riuscirà. (2) Si descrive come “dominato da un padre violento”, dicendosi da anni “passivo e succube del padre”. (3) Immagina che gli altri si accorgano della sua passività, della sua tendenza a farsi dominare e se ne vergogna moltissimo. Attribuisce a tale vergogna il fatto di non avere amici e di non frequentare né ragazzi né ragazze. Quando è con altri prova molta rabbia, diventando “minacciante e intollerante”. (4) Egli “vorrebbe imparare a stare con gli altri, vorrebbe gli passasse la paura di mostrarsi passivo e succube del padre”. (5) Precisa che ha raggiunto con difficoltà il diploma e che ha provato a fare “qualche lavoretto” senza alcuna soddisfazione. (6) Il padre invece ha avuto successo e partendo da operaio è diventato dirigente d’azienda, svolge incarichi importanti e lo considera un incapace.
Cosa gli diresti tu a questo diplomato se fossi al posto dello psicologo? Sforzati di rispondere, bene o male che sia, poi ti diro' cosa gli direi io e soprattutto il modello del cervello su cui poggerei il mio intervento clinico.
Ciao