Il counseling infatti non è riservato agli psicologi in nessuna parte del mondo... non si capisce perché ciò dovrebbe accadere in Italia. La trovo una posizione culturale che, nella migliore delle ipotesi, definirei di retroguardia.
E' bene effettuare però una distinzione tra ciò che si indende per counseling e ciò che invece si intende per abilità di counseling.
Le abilità di counseling sono una serie di competenze che, trasversalmente, possono andare ad arricchire il bagaglio culturale e di competenze di un qualunque professionista. Un insegnante con abilità di counseling continuerà sempre a fare l'insegnante, semplicemente potrà utilizzare anche competenze proprie alla gestione del gruppo, ad esempio, piuttosto che alla relazione. E lo stesso vale per i maestri, gli educatori, gli assistenti sociali, i medici, i responsabili delle risorse umane, gli assistenti domiciliari, gli infermieri, etc.
Altra cosa è invece canalizzare queste abilità nell'esercizio di una professione vera e propria. In questo caso non sarà sufficiente aver acquisito le abilità di counseling, ma si dovrà procedere ad una loro integrazione con teorie, tecniche, metodi ma, soprattutto, con la rielaborazione delle proprie esperienze individuali attraverso un percorso di crescita (sia esso counseling o psicoterapia, o formazione in gruppo, etc.).
Quanto all'annosa questione degli sconfinamenti: qui il problema non è di chi sconfina, ma di chi a distanza di quasi 20 anni dal varo della 56/89, ancora non ha saputo definire i propri confini. A puro titolo esemplificativo ricordo a tutti che, da quando esistono gli psicologi, l'unica sentenza che pone un limite al lavoro degli psicologi stessi è quella relativa alla somministrazione di reattivi nella selezione del personale (sentenza Platé). Il che la dice lunga... su quanto sia nebuloso lo stesso articolo 1 della 56/89.
In soldoni: il problema è tutto interno alla categoria. Perché gli psicologi non sono stati capaci di rafforzare la propria identità in tutti questi anni? Perché - soprattutto - la società dà credito anche alle altre figure professionali (quelle tanto "odiate")?