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  1. #1
    Partecipante Affezionato L'avatar di lily1982
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    30-12-2007
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    Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Ciao a tutti!
    Volevo chiedere un vostro parere su un esempio di caso clinico uscito a Padova nel 1999 (l'ho trovato nel sito della McGraw-Hill, si possono scaricare dei file con le varie prove uscite fino al 2000):

    Il signor Alessandro, nato nel 1966, vive con i genitori. Fino a tre anni fa faceva il magazziniere, lavoro che ha perduto in seguito a problemi di comportamento. Riferisce che sul lavoro metteva e toglieva dagli scaffali più volte ogni cosa che toccava e spingendo il carrello faceva ripetutamente un metro avanti e uno indietro. Riferisce che a casa, quando deve rifare il letto, lo disfa e lo rifà per esattamente trenta volte.
    Attacca e stacca la presa della corrente per venti volte. Accende e spegne la luce per venti volte. Attraversa più volte la strada senza apparente necessità e, dopo aver visto una persona attraverso un vetro, prova il bisogno di vedere la stessa persona direttamente, senza vetri frapposti. Tale impulso è all'origine della sua abitudine di guidare l'auto con la testa fuori dal finestrino.
    Descrivi:
    - gli obiettivi generali della valutazione
    - le ipotesi diagnostiche che si possono avanzare sulla base delle informazioni fornite
    - i metodi da utilizzare nella valutazione del caso specificandone le varie procedure che intendi utilizzare
    - i test idonei a quantificare la presenza di sintomi
    - l'intervento di recupero

    Sperando che una cosa del genere non esca MAI, voi come rispondereste??
    Grazie e ciao!!

  2. #2
    Partecipante Affezionato L'avatar di lily1982
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    ho provato a risolvere questo caso e, riassumendo, io scriverei così:
    1. tra gli obiettivi generali della valutazione, cercherei di approfondire innanzitutto se l'abitudine del signor Alessandro di guidare con la testa fuori dal finestrino possa rappresentare un pericolo per se stesso e per gli altri; poi mi soffermerei sulla problematica comportamentale (comportamenti ripetitivi, stereotipati) ed infine cercherei di valutare quanto questa possa influire sul funzionamento globale del signor Alessandro a livello socio-relazionale e lavorativo.
    2. in base alle informazioni fornite, ipotizzerei un disturbo ossessivo-compulsivo per la problematica esposta da Alessandro; se dagli approfondimenti la sua problematica risultasse una modalità pervasiva di funzionamento, presente in vari contesti, allora potrei ipotizzare un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
    3. come metodi per la valutazione proporrei due colloqui, il primo dedicato agli approfondimenti e il secondo per la somministrazione di test.
    4. utilizzerei CBA 2.0 e MMPI 2
    5. come intervento di recupero, proporrei una terapia cognitivo-comportamentale.

    C'è qualcuno dell'indirizzo clinico?? Avete critiche/suggerimenti?? Mi piacerebbe davvero ci potessimo confrontare su questo e altri casi, io non ho alcuna esperienza in questo ambito!

  3. #3
    Partecipante
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Vi propongo un altro caso, preso da un esame di stato di padova.

    A.ha circa 50 anni, è sposato e padre di una figlia adolescente. La moglie ha 40 anni e insegna. La famiglia d’origine è composta dal padre operaio, dalla madre casalinga e da tre fratelli di cui è il primogenito.
    Si è diplomato perito ed è dipendente di un’azienda in cui svolge il ruolo di capo servizio. Il motivo della richiesta d’aiuto è una crisi lavorativa diventata insostenibile. A scatenare la crisi riferisce dei cambiamenti organizzativi e lo spostamento di un collaboratore fidato cui faceva grande affidamento. La presenza di un nuovo collaboratore con cui non riesce a entrare in sintonia ha reso tutto ancora piu’difficile.
    Riferisce di altri periodi difficili, nella prima adolescenza la madre lo aveva portato dallo psicologo ma il fatto non aveva avuto seguito. Le motivazioni riferite per questo tentativo di cura sono un eccessivo attaccamento alla madre, timidezza e difficoltà ad affrontare le prove scolastiche.
    Descrive il problema attuale come difficoltà di rapporto sia coi superiori sia coi collaboratori. Si sente insicuro, indeciso e in cerca di continue conferme. Ogni cosa che fa non gli va bene e non è mai soddisfatto, ogni atto che comporti assunzione di responsabilità rappresenta un peso. Gli capita continuamente di prendere impegno e non riuscire a mantenerli. Si descrive come pessimista e da sempre attanagliato da dubbi e scarsa stima di sé. Soffre di insonnia.
    I rapporti con la moglie sono buoni, è stata la sua prima donna e l’unica, sente che lei lo sostiene e gli è molto d’aiuto in tutto quello che fa. I rapporti con i familiari li definisce freddi,loro gli rimproverano di essersi defilato quando avrebbero avuto piu’ bisogno di lui. Sente che nella sua vita cè sempre stato qualcuno a sostenerlo: la famiglia, gli amici piu’ stretti, la moglie. Anche nel lavoro c’era quel suo collaboratore, poi trasferito, che lo aiutava e gli consentiva di sentirsi tranquillo. Della famiglia d’origine racconta che i rapporti col padre, morto alcuni anni prima dopo una malattia debilitante, “non erano molto aperti”. I ricordi piu’ significativi che ha di lui risalgono a quando ancora “era figlio unico e si sentiva seguito”. La madre, oltre 70 anni, risulta capace e forte a differenza del padre che era “troppo buono”. Fisicamente si presenta di altezza media, corporatura robusta, con un’espressione timorosa.

    Analisi e valutazione del caso.
    Definizione degli strumenti da usare e delle aree da sviluppare per l’approfondimento.
    Sviluppo ipotesi diagnostiche.
    Descrizione delle prospettive progettuali di indirizzo terapeutico.

  4. #4
    Partecipante
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Allora io lo svolgerei cosi'...(do poco spazio a strumenti e terapie perchè devo ancora riguardarle bene).
    A è un uomo di 50 anni, sposato con un’insegnante di 40 e con una figlia adolescente. E’ l’ultimo di tre fratelli, la madre è casalinga mentre il padre operaio è morto qualche anno prima in seguito a malattia.
    Il problema che A. riporta è relativo all’ambito lavorativo. L’azienda presso la quale lavora come capo servizio ha trasferito un collaboratore per lui fidato e col quale si trovava bene, sostituendolo con una persona con cui A. non è in sintonia.
    A.riferisce difficoltà relazionali con colleghi e superiori, si descrive come insicuro, indeciso e necessita di conferme. Non è mai soddisfatto di quanto fa e ogni compito di responsabilità è vissuto come un peso. Soffre di insonnia, è pessimista e ha una scarsa autostima.
    Durante l’adolescenza è stato portato da uno psicologo dalla madre per eccessivo attaccamento e difficoltà ad affrontare le prove scolastiche.
    I rapporti con la moglie sono buoni, freddi quelli con la famiglia d’origine.

    A. Viene per una sintomatologia apparentemente reattiva al cambiamento organizzativo dell’azienda. Tramite qualche colloquio approfondirei la situazione lavorativa di A. che pur essendosi descritto come indeciso e insicuro svolge un ruolo di capo servizio. E’ da capire se l’insicurezza è comparsa dopo l’allontanamento del collaboratore o se presente anche prima. A. infatti parla di essere da sempre attanagliato da dubbi. Sembrerebbe quindi che la scarsa fiducia nelle proprie capacità e il senso di inadeguatezza siano tratti stabili della personalità dell’uomo,(ipotesi sostenuta anche dalla difficoltà ad affrontare le prove scolastiche nell’adolescenza). Da capire se allora l’allontanamento ha portato un aumento dell’intensità della sintomatologia. Riferisce difficoltà relazionali con i colleghi e i superiori, un area da indagare è quella delle relazioni extralavorative. Come si relaziona con gli amici? Quali sono i suoi rapporti con la figlia, di cui non parla?. Questo per verificare se le difficoltà siano circoscritte all’ambito lavorativo o meno. Riguardo alla famiglia d’origine afferma che i rapporti sono freddi, ma poi si dichiara sostenuto, appare quindi un po’ ambiguo. Approfondirei inoltre il rapporto con la moglie e con il padre.
    Alcuni strumenti testistici risulterebbero utili per raccogliere informazioni sul caso. Proporrei un test di Rorschach per indagare ulteriormente alcuni aspetti meno superficiali di personalità, e un inventario di personalità come l’MMPI.

    Mancano dati sufficienti per giungere ad una diagnosi, si possono pero’ fare delle ipotesi da approfondire e verificare con i colloqui e gli strumenti di cui sopra.
    La sintomatologia reattiva al cambiamento organizzativo puo’ far ipotizzare un disturbo d’adattamento, è da verificare tuttavia quanti mesi siano trascorsi dall’allontanamento del collaboratore (il disturbo d’adattamento si risolve entro 6 mesi). Il soggetto parla di insicurezza e indecisione ma non fa riferimento ad aspetti fisiologici tipici dell’ansia (tachicardia, sudorazione ecc) ne tensioni, affaticabilità o irrequietezza. I dati attuali non sembrano percio’ sostenere l’ipotesi di un disturbo d’ansia. La scarsa autostima, il bisogno di conferme e di sostegno che sembrano essere presenti sin dall’adolescenza fa ipotizzare un Disturbo dipendente di personalità, A. sottolinea come si senta sostenuto dalla moglie, dagli amici e dalla famiglia, cosi’ come dal collaboratore. Mancano tuttavia, almeno coi dati fin qui raccolti, comportamenti di sottomissione espliciti, anche se sembra presente una paura della separazione (sin dall’adolescenza). Va indagato se queste modalità comportamentali siano pervasive, durature e se comportino un malfunzionamento sociale o lavorativo. Non è chiaro se le difficoltà di rapporto siano dovute all’eccessivo senso di inadeguatezza di A. e alla paura delle critiche negative o ad altri fattori. Il ritiro sociale per la paura delle critiche, la scarsa autostima e il senso di inferiorità ed inadeguatezza portano a pensare ad un disturbo evitante della personalità. A. tuttavia parla di insicurezza e non fa alcun riferimento esplicito alla paura di un eventuale giudizio altrui. Non sembra neanche inibito nelle relazioni intime, con la moglie i rapporti sono buoni, ha degli amici…La paura del vuoto e del distacco puo’ suggerire un disturbo borderline di personalità, ma il signor a. non vi reagisce con rabbia e non ci sono segni di impulsività o instabilità. Il disturbo del sonno sembra essere secondario alle problematiche di A.

    Si suggerisce, in seguito all’approfondimento diagnostico che permetterà di confermare o meno le ipotesi,una terapia supportivo-espressiva ad indirizzo psicodinamico per prendere consapevolezza dei conflitti sottostanti la sintomatologia e lavorare su quegli aspetti eventualmente disadattavi della personalità. Potrebbe essere proposta anche una terapia sistemica familiare per lavorare sui tratti dipendenti ma va indagata l’eventuale partecipazione della figlia.

    Aspetto confronti, critiche e suggerimenti!

  5. #5
    Partecipante Affezionato L'avatar di lily1982
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    ciao! ho letto con interesse il caso che hai proposto e l'unica cosa di cui sono dubbiosa è sulle ipotesi diagnostiche, nel senso che hai fatto bene a proporre diverse ipotesi sulla base dei dati del testo che le sostengono ma forse, invece che segnalare cosa 'manca' per confermare la diagnosi (es. disturbo bordeline di personalità --> ma il signor a. non vi reagisce con rabbia e non ci sono segni di impulsività o instabilità), potresti indicare tutto ciò che non ti torna nelle aree da sviluppare per l'approfondimento. in questo modo potresti spostare l'attenzione da cosa manca per confermare le tue ipotesi diagnostiche a cosa invece potrebbe darti ragione nella tua valutazione, che ovviamente sarà appofodita ulteriormente con i test che hai proposto!
    non so se mi sono spiegata.. è un ragionamento un po' contorto il mio!

  6. #6
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Non è poi cosi' contorto!
    Grazie per il suggerimento!

  7. #7
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Il signor Alessandro, nato nel 1966, vive con i genitori. Fino a tre anni fa faceva il magazziniere, lavoro che ha perduto in seguito a problemi di comportamento. Riferisce che sul lavoro metteva e toglieva dagli scaffali più volte ogni cosa che toccava e spingendo il carrello faceva ripetutamente un metro avanti e uno indietro. Riferisce che a casa, quando deve rifare il letto, lo disfa e lo rifà per esattamente trenta volte.
    Attacca e stacca la presa della corrente per venti volte. Accende e spegne la luce per venti volte. Attraversa più volte la strada senza apparente necessità e, dopo aver visto una persona attraverso un vetro, prova il bisogno di vedere la stessa persona direttamente, senza vetri frapposti. Tale impulso è all'origine della sua abitudine di guidare l'auto con la testa fuori dal finestrino.
    Descrivi:
    - gli obiettivi generali della valutazione
    - le ipotesi diagnostiche che si possono avanzare sulla base delle informazioni fornite
    - i metodi da utilizzare nella valutazione del caso specificandone le varie procedure che intendi utilizzare
    - i test idonei a quantificare la presenza di sintomi
    - l'intervento di recupero


    Il caso del signor Alessandro manca di dati importanti per una corretta valutazione, viene infatti riportata solo la sintomatologia che appare senz’altro incidere negativamente sul funzionamento dell’uomo. La valutazione dovrebbe andare ad approfondire ulteriormente i sintomi ma anche altri aspetti del signor Alessandro come quelli relazionali.
    Per quanto riguarda la sintomatologia sembra mostrare comportamenti compulsivi (togliere e mettere cose negli scaffali, fare un metro avanti ed uno indietro, fare il letto per trenta volte ecc.) e ossessioni (necessita di vedere le persone senza il vetro in mezzo). Va indagato da quanto tempo persistono i sintomi, se sono presenti sempre con la stessa intensità o variano, se è stato rilevato qualche antecedente rilevante prima della loro comparsa, se la comparsa è stata graduale o repentina e in che periodo della vita del signor Alessandro si colloca. E’ importante capire se vive questi suoi impulsi come egodistonici o ego sintonici e se è stato inviato da qualcuno alla consultazione o si tratta di un auto invio(questo permette anche di capire se è presente una motivazione all’ eventuale trattamento). La comparsa temporale della sintomatologia puo’ fornire indicazione anche sul perché proprio ora si è rivolto ad uno psicologo, va indagato anche l’eventuale presa in carico da un professionista in passato. Occorrono informazioni sui rapporti che Alessandro ha con i familiari, il perché vive ancora in famiglia e come loro reagiscono a questi comportamenti del figlio. E’ importante indagare anche le altre aree relazionali, i rapporti con gli ex colleghi e gli amici, la presenza attuale o in passato di una compagna, in modo da farsi un’idea delle competenze nei rapporti interpersonali dell’uomo Aree da investigare sono anche i vissuti emotivi che Alessandro ha rispetto a questi comportamenti.
    La presenza di pensieri ossessivi e di compulsioni fa ipotizzare un disturbo Ossessivo-Compulsivo. Se dall’approfondimento emergessero pattern comportamentali simili presenti sin dall’inizio dell’età adulta e una particolare preoccupazione per l’ordine, eccessiva dedizione al lavoro e inflessibilità si potrebbe ipotizzare un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità ma la presenza di Ossessioni e compulsioni sembrano non sostenere quest’ipotesi.
    Propongo una serie di colloqui per approfondire le aree tematiche sopra esposte e la somministrazione di alcuni test per raccogliere ulteriori informazioni.
    Ritengo utile somministrare al signor Alessandro il Rorschach per valutare piu’ approfonditamente alcuni aspetti della personalità e il CBA per avere una panoramica sintomatologica.
    Si propone una psicoterapia ad orientamento cognitivo- comportamentale per una riduzione in breve tempo della sintomatologia che appare invalidante e pericolosa.

  8. #8
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    Qualcuno sa se esistono strumenti specifici per il disturbo ossessivo-compulsivo?

  9. #9
    Partecipante Affezionato L'avatar di lily1982
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    specifici non saprei, ma nel MMPI la scala 7 misura tratti oss-comp, oltre alla scala 9 della CBA. Volevo chiederti una cosa, quando ho provato a fare per la prima volta il caso di Alessandro, anche io pensavo al Rorschach per avere un'idea generale della personalità. Poi però mi è sorto un dubbio: dal momento che il testo chiede "test test idonei a quantificare la presenza di sintomi", come va inteso quel "quantificare"?? in termini di misurazione??

  10. #10
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Non ci avevo fatto caso...credo di si che si riferisca a quello...però il Rorschach io lo farei lo stesso, per avere qualche info in piu' non solo sulla sintomatologia...

  11. #11
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Vi propongo un altro caso uscito a padova nel 2005.

    Donna di 42 anni telefona presso lo studio privato di una psicologa per chiedere appuntamento. Arriva in anticipo di 10 minuti. Lavora in una pubblica amministrazione come addetta ai servizi, ottiene il diploma di ragioneria frequentando le scuole serali. I rapporti coi familiari sono sempre stati difficili, i genitori sono anaffettivi e rigidi e non hanno mai appoggiato e sostenuto le sue aspirazioni. Si presenta al colloquio e parla della sua “paura di diventare pazza”, della tachicardia, del senso di soffocamento e dei tremori. Sintomi comparsi tre mesi fa. Da alcuni anni le causa un notevole disagio il bisogno continuo di confessarsi e il bisogno di lavarsi le mani piu’ volte al giorno. Da alcuni mesi è stata lasciata dal compagno con il quale racconta di aver avuto problemi a livello sessuale.

    Al candidato è richiesto:
    -che tipo di diagnosi ipotizza
    -quali aree approfondirebbe per meglio sostenere le ipotesi diagnostiche
    -quali strumenti di approfondimento diagnostico userebbe
    -In base alle ipotesi proposte specificare secondo quale approccio teorico si potrebbe prevedere un trattamento.

    come lo svolgereste?

  12. #12
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    Io lo svolgerei cosi', aspetto come sempre eventuali critiche o suggerimenti!


    I sintomi riportati dalla donna e comparsi circa tre mesi fa sono tachicardia, “paura di impazzire”, senso di soffocamento e tremori. Da alcuni anni inoltre lamenta “bisogno di confessarsi” e “di lavarsi le mani molte volte al giorno”. La donna ha 42 anni, lavora nella pubblica amministrazione, descrive i rapporti coi familiari come freddi e rigidi. Parla di una relazione terminata da poco e di problemi sessuali.

    I dati riportati sulla donna sono molto scarsi e devono essere arricchiti e approfonditi per consentire un corretto percorso diagnostico. Pertanto si suggeriscono un paio di colloquio attraverso i quali approfondire le aree di interesse.
    Per le ipotesi diagnostiche e la classificazione nosologica mi rifaccio al Dsm-IV-TR. Dai dati sintomatologici forniti (tremori, paura di impazzire, soffocamento e tremori) si puo’ ipotizzare un disturbo d’ansia; in particolare la sintomatologia fa pensare ad un attacco di panico. Accertata la non presenza di una condizione medica generale e/o l’uso di sostanze che possano spiegare i sintomi, per poter fare diagnosi di Disturbo di Panico è necessario indagare se gli attacchi compaiono a ciel sereno e se sono seguiti da preoccupazioni sull’eventuale ripetersi o sulle conseguenze degli attacchi stessi. Va valutato inoltre il grado di disfunzione socio-lavorativa (se presente).
    L’attacco di panico potrebbe essere conseguenza di un altro disrturbo d’ansia, come la fobia sociale o specifica.. Per approfondire quest’ipotesi va indagato quando compaiono gli attacchi e se sono legati a specifici oggetti o situazioni con valenza fobica. Il bisogno continuo di confessarsi e di lavarsi le mani sembrano essere delle compulsioni, comportamenti ripetitivi e intrusivi che la donna si sente obbligata a mettere in atto. Si potrebbe ipotizzare un disturbo ossessivo-compulsivo qualora la donna presentasse anche ossessioni e se queste inficiassero sul suo funzionamento.
    Viene accennato anche alla presenza di un disturbo della sfera sessuale senza dare pero’ ulteriori indicazioni sulla tipologia del disturbo(disfunzione, parafilia ecc.), non è pertanto possibile affermare se sia primario o secondario, anche perché mancano dati sulle esperienze precedenti della donna. Altre aree da indagare per avere un’immagine più completa e ricca sono il contesto familiare, lavorativo e sentimentale. Riterrei utile indagare piu’ approfonditamente i rapporti coi genitori, quali aspirazioni non sono state da loro sostenute, se inoltre la donna viva ancora in casa o da sola. Anche l’area lavorativa andrebbe approfondita: come si trova sul lavoro? Ha mai avuto attacchi di panico mentre stava lavorando,? La sintomatologia interferisce nell’ambito lavorativo? Sarebbe bene raccogliere informazioni anche sull’ex fidanzato. Da quanto tempo si sono lasciati (per verificare un’eventuale correlazione con gli attacchi di panico),quanto aveva investito la donna in questa relazione e quali sono i motivi della rottura? E’ importante valutare l’area affettiva della donna, come si sente di fronte a questi aspetti sintomatologici? E come ha reagito alla rottura del fidanzamento? Valutare la presenza di eventuali sintomi depressivi, spesso connessi coi disturbi d’ansia.

    Proporrei dopo l’approfondimento diagnostico la somministrazione della scale CBA 2.0 che permette di avere ulteriori dati sui disturbi d’ansia e il disturbo ossessivo-compulsivo e eventualmente un test proiettivo per cogliere aspetti della personalità piu’ profondi (Rorschach o TAT).
    Essendoci dati a favore di un disturbo d’ansia riterrei idoneo una psicoterapia ad orientamento cognitivo comportamentale.

  13. #13
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    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Nelle ultime due sessione del 2007 (nella consegna del caso clinico) viene richiesto di indicare "i temi e le aree di approfondimento".
    Ad esempio:

    Il/la candidato/-a indichi i temi e le aree di approfondimento che tratterebbe nel corso di una serie di colloqui psicodiagnostici finalizzati all’esame del caso descritto di seguito, proponendo eventualmente la somministrazione di specifici test, motivando il loro utilizzo, e formulando infine un’ipotesi diagnostica.

    X è un consulente informatico di 30 anni, che su consiglio del medico curante si rivolge allo psicologo per meglio comprendere e possibilmente risolvere un disagio che sta limitando la sua vita personale e professionale. Da circa due mesi alcuni sintomi fisiologici, come palpitazioni, iperidrosi, sensazione di soffocamento, senso di instabilità, vampate di calore, provocano una sensazione di intenso disagio e paura di morire, limitando le sue attività e gli spostamenti. In alcune occasioni l’intensità dei sintomi lo hanno costretto a rivolgersi al Pronto Soccorso. Da allora, per i viaggi in auto chiede l’accompagnamento di un collega o, se non è possibile, ricerca sempre nuovi motivi per mantenere dei contatti telefonici durante i tragitti. Appena terminati gli studi ha voluto una sua indipendenza abitativa ed economica, con una vita sociale allargata e vivace. La madre di 48 anni vive con un nuovo compagno, l’ennesimo della sua vita, e non dimostra grande interessamento per il figlio, sostenendo che ha sempre dovuto affrontare molte difficoltà e che non gode di buona salute. X è riuscito a conoscere suo padre solo da un anno, a seguito di intense e non facili ricerche, considerato il rifiuto di sua madre di avere alcun contatto con l’uomo che l’aveva abbandonata durante la gravidanza. Il padre, 60 anni, sposato e senza altri figli, si era inizialmente dimostrato ben disposto verso il riconoscimento e un rapporto genitoriale. Da pochi mesi però, a seguito di una improvvisa e grave malattia, il padre ha interrotto i contatti. X ha costantemente cercato di ricostruire la mappa della sua vita e dei suoi legami parentali, ma frequentemente ha incontrato risposte fredde, se non chiusure e rifiuti. Di fronte alla vita afferma di sentirsi come “un viaggiatore seduto in panchina a fremere in attesa del treno che è in ritardo”. Il rapporto con le ragazze è sempre stato frenato dalla paura che la sua storia personale possa fargli rivivere ulteriori rifiuti e delusioni affettive. In questo periodo l’ansia e la preoccupazione intensa per i sintomi sono la sua compagnia.

    Voi di cosa parlereste riguardo ai "temi"?
    Io ho pensato di suddividere le tematiche in:
    -sintomatologia
    -vita personale
    -rapporti interpersonali
    e le aree di approfondimento diventano:
    -la problematica presentata da X (sintomi, circostanze di insorgenza..)
    -l'analisi della domanda ("meglio comprendere e possibilmente risolvere un disagio") per il primo tema;
    per il secondo tema:
    -interessi, lavoro (gli piace o no..), descrizione di com'era prima (indipendeza affettiva ed economica) rispetto ad ora ecc.
    per il terzo tema:
    -rapporti con il padre, la madre e il suo compagno
    -amicizie, eventuali frequentazioni amorose (anche se ora ha paura di delusioni), rapporti con i colleghi

  14. #14

    Riferimento: Esempio Caso Clinico (2° prova)

    Ciao a tutti!!!
    sono nuovissima e un po' emozionata... sapete, è la prima volta che scrivo in un forum!
    Mi sono laureata in psicologia clinico-dinamica a Padova e vorrei sostenere l'esame di stato nella sessione di giugno 2011. Ho già preparato la prima prova (vabbè... preparato è una parola grossa... diciamo che ho fatto i riassuntini!) e ora sono alla seconda, ma sono in crisi come non mai!!!!
    Il problema è il seguente: come si fa a scegliere lo strumento adatto per l'approfondimento diagnostico?? A me un'amica psicologa ha raccomandato mille volte la COERENZA INTERNA nell'elaborato: ovvero, lei dice che la commissione valuta soprattutto il fatto che strumenti e orientamento siano aderenti al medesimo modello. Qui, invece, ho letto che l'ecletismo è gradito! a chi devo credere?? aiutooooo........ sto impazzendo, altro che "empatia" col paziente!

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