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  1. #31
    Partecipante Affezionato
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Citazione Originalmente inviato da linalessa Visualizza messaggio
    maurizio ti posso aiutare io...cosa vuoi sapere?
    Ti ringrazio veramente, perchè sto cercando di capire se il SOLO GRAFICO possa essere sufficiente per tracciare il profilo della persona.
    Ho allegato un grafico...mi dai un'idea generale di come si può leggere?

    ti ringrazio.

    maurizio
    Ultima modifica di Aimi_Summers : 29-09-2008 alle ore 21.55.06

  2. #32
    Partecipante Affezionato L'avatar di linalessa
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Intanto posso provare a dirti qualcosa:siamo di fronte ad un profilo normale quando nel grafico non c è alcuna punta che supera il cut-off ossia la seconda linea(punteggio 65).Il profilo patologico c'è quando la f supera il cut off e ci sono minimo 4 punte alte delle scale cliniche(che rappresentano lo stato attuale del soggetto)mentre le scale di contenuto indicano la struttura di personalità stabile(per questo si chiamano scale di stato e scale di tratto).Prima cosa devi vedere se il profilo è valido e lo puoi fare in base a due criteri:quando la L eè maggiore di 65 il test non è valido e quando la F è maggiore di 85 a condizione che la maggior parte delle scale clinihe superino il cut off(65).Ok?Al corso è stata la prima cosa che ci hanno insegnatoa vedere se il test è valido o meno
    Hs,D,Hy rappresentano l area nevrotica,se le punte di questa scala nel grafico formano una V si parla di vallo nevrotico o vallo di conversione tipico dell 'isteria dove c'è la somatizzazione del conflitto.Le scale pd mf rappresentano l'area sociopatica;pa,pt,sc,ma l'area psicotica.In base alle punte alte di tali scale puoi delineare un profilo prevalentemente nevrotico o psicotico(anche in questo caso puoi notare se le punte formino una V e parlare di vallo psicotico).Importante vedere il valore di k e la f quando i meccanismi di difesa sono ben strutturati la f è contenuta quindi si puo parlare di una nevrosi,quando il divario tra la k e la f è grande ci troviamo di fronte ad un profilo psicotico in quanto i mecc di difesa non sono ben articolati e strutturati tanto da non permettere alla patiologia di venire fuori completamente.nelle scale cliniche è importante saper calcolare l'asse timico(ossia il tono dell'umore)e per farlo devi tracciare una linea dalla punta di D e quella di Ma e ti rendi conto se l'umore è orientato in senso depressivo(nevrotico) o tende alla mania(psicotico).Quando le due punte si equivalgono etracci una linea retta si puo parlare di tono dell'umore misto,orientato da momenti di depressione alternati a momenti di mania.

    Per ora non mi viene in mente altro...

    Vado a studiare ora...

  3. #33
    Partecipante Affezionato L'avatar di linalessa
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    maurizio il tuo grafico non si legge oltre ad essere storto è troppo piccolo anche facendo uno zoom non si capisce una mazza...cmq si attraverso il grafico pèuoi farti un idea sullo stato attuale del paziente e della sua struttura di personalitaattraverso le scale di contenuto...mandami un grafico fatto meglio...cmq io ho dimestichezza coi grafici del panda un programma del pc che usiamo in ospedale...

  4. #34
    Partecipante Affezionato
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Citazione Originalmente inviato da linalessa Visualizza messaggio
    maurizio il tuo grafico non si legge oltre ad essere storto è troppo piccolo anche facendo uno zoom non si capisce una mazza...cmq si attraverso il grafico pèuoi farti un idea sullo stato attuale del paziente e della sua struttura di personalitaattraverso le scale di contenuto...mandami un grafico fatto meglio...cmq io ho dimestichezza coi grafici del panda un programma del pc che usiamo in ospedale...
    Grazie per le indicazioni. ti mando di nuovo il grafico ingrandito....spero si legga.

    buono studio.
    Immagini allegate Immagini allegate

  5. #35
    Partecipante Affezionato L'avatar di linalessa
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    maurizio io le scale non le leggo inoltre il cut off la linea di confine non sta a 65...ma che grafico è...inoltre visto che sono 15 presumo siano scale di contenuto ma in quelle non ci sono L F e k.Trovane uno leggibile io non leggo nulla poi non mi sembra fatto bene..i punteggi non sono quelli che conosco io...

  6. #36
    Partecipante Affezionato
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    27-01-2008
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    TROVATO ON LINE:


    M. 34 anni viene in consultazione perchè si sente infelice dopo la fine del fidanzamento. Racconta che i suoi progetti matrimoniali sono andati a monte in quanto la madre non era d'accordo con il fidanzamento, apparentemente perchè la ragazza era di religione diversa. Il paziente afferma che la madre non lo avrebbe mai fatto sposare con nessuna perchè è eccessivamente possessiva.
    La madre lo ha messo di fronte ad una scelta e il paziente ha scelto la madre perchè "il sangue non è acqua" e per non andare contro i suoi desideri.Dice che non vuole contrastare i suoi desideri perchè teme di non essere poi supportato economicamente e di dover badare a se stesso. Prova sentimenti di rancore verso la madre ma allo stesso tempo l'ammira perchè le sue capacità decisionali (di M.) sono scarse, mentre la madre sa cosa è giusto per lui.Lavora come ragioniere da 10 anni sotto lo stesso capo. Non ha mai accettato promozioni perchè non vuole supervisionare altre persone e decidere autonomamente. Ha due amici intimi dall'infanzia e mangia ogni giorno con loro. Se uno dei due non c'è si sente perso. M. è quarto di 4 figli e l'unico maschio. Le sorelle e la madre lo hanno "spupazzato e viziato". Da piccolo mostrava ansia di separazione, difficoltà ad addormentarsi da solo, problemi nell'andare a scuola e ansia per tutte le situazioni di separazione. A scuola veniva preso in giro perchè mancava di assertività e veniva chiamato "bamboccio". Un anno ha lasciato casa per college, ma è tornato perchè aveva nostalgia di casa. Lo sviluppo eterosessuale era normale, tranne per l'impossibilità di lasciare la madre per un'altra donna.


    M., di anni 34, arriva in consultazione perchè si sente infelice dopo la rottura del fidanzamento con la ragazza che avrebbe dovuto sposare. Egli riferisce che la madre non approvava questo fidanzamento e pensa che in realtà, non lo “avrebbe mai fatto sposare con nessuna perchè eccessivamente possessiva”. M. riferisce di essersi sentito come messo “di fronte ad una scelta” da parte della madre e di aver scelto la madre perchè “il sangue non è acqua” e per non contrastare i suoi desideri. M. riferisce di non voler opporsi alla volontà materna per paura di “non essere supportato economicamente” e per paura di “dover badare a se stesso”, e sembra provare sentimenti ambivalenti e conflittuali nei suoi confronti: se da una parte le porta rancore e la considera “eccessivamente possessiva”, dall'altra la ammira per le sue capacità decisionali e non riesce a lasciarla per un'altra donna.
    I tratti dipendenti della personalità del paziente e i suoi timori di funzionare “in autonomia” sembrano emergere anche al di fuori del campo familiare, nel contesto amicale, dove M. riferisce di “sentirsi perso” senza i due suoi amici intimi; e in ambito lavorativo, dove dice di non aver mai accettato promozioni per il timore di dover essere a capo di qualcuno e di prendere delle decisioni da solo (il paziente lavora come ragioniere da 10 anni sotto lo stesso capo).
    M. è l'ultimo di quattro figli e l'unico figlio maschio. Riferisce di essere stato “spupazzato e viziato” dalla madre e dalla sorelle e di aver sofferto, da piccolo, di ansia da separazione (mostrava difficoltà ad addormentarsi da solo, problemi nell'andare a scuola e ansia per tutte le situazioni da separazione). A tale riguardo M. ricorda di aver lasciato un anno casa per il college ma di esservi tornato per la grande nostalgia.

    Dai dati in possesso sembrerebbe possibile azzardare inizialmente l'ipotesi della presenza di un disturbo dipendente di personalità e di problemi relativi al processo di separazione-individuazione. Tuttavia le informazioni disponibili nel resoconto non permettono di formulare un'ipotesi diagnostica sicura e di stabilire con certezza l'eventuale piano di intervento più adeguato al caso in esame. Riterrei pertanto opportuno approfondire la conoscenza del quadro clinico del paziente attraverso una serie di incontri.
    Per prima cosa ritengo che un aspetto essenziale da approfondire riguardi l'analisi della domanda, dove si cerca esplorare le aspettative, i bisogni e le motivazioni consce e inconsce che la domanda del paziente sottende. La motivazione esplicita che sorregge la domanda del paziente e che ne giustifica la richiesta di consultazione (“M. si sente infelice dopo la rottura del fidanzamento”), potrebbe infatti sottendere un tipo di motivazione diversa, forse la volontà stessa del paziente di comprendere il rapporto ambivalente, adesivo e sottomesso che egli ha con la madre e la sua più generalizzata incapacità di prendere decisioni in autonomia e di funzionare da solo senza che qualcuno si prenda cura di lui.
    Mi pare opportuno approfondire la conoscenza della tipologia di servizio in cui avviene la consultazione; conoscere se M. si sia presentato autonomamente al colloquio o se sia stato piuttosto accompagnato da qualcuno (e in questo caso da chi); e conoscere se la richiesta di consultazione derivi dal paziente stesso o se questi sia stato piuttosto spinto al colloquio da qualcuno, e in questo caso da chi (forse dalla ex ragazza che probabilmente disapprova il comportamento di M. dipendente e succube della madre). La conoscenza di questi aspetti è di particolare importanza in quanto consente di comprendere il livello di autonomia del soggetto, il tipo di motivazione e di aspettative che egli nutre nei confronti del colloquio e dell'ipotesi di un eventuale trattamento, il modo in cui egli si pone nei confronti del problema.
    M. riferisce problemi legati alla dipendenza, alla fusionalità e all'angoscia abbandonica trasversali a diversi contesti di vita (familiare, lavorativo, amicale) e presenti già da molti anni, rintracciandone l'origine nell'età infantile (ansia di separazione, difficoltà ad addormentarsi da solo, problemi nell'andare a scuola e ansia per tutte le situazioni di separazione, rientro dal college per la nostalgia di casa...). Mi sembra quindi utile sapere come mai M. stia esprimendo una richiesta di aiuto solo ora: si può forse pensare che la decisione di M. di interrompere il fidanzamento con la ragazza per non contrastare i desideri materni possa aver favorito nel paziente un processo di messa in discussione delle proprie problematiche di dipendenza e di scarsa capacità decisionale.

    Dopo un'accurata analisi della domanda, approfondirei l’analisi del contesto relazionale del paziente, dove si esprime maggiormente il disagio, sia per comprendere meglio i fattori responsabili dello sviluppo e del mantenimento del disturbo e per conoscerne le implicazioni relazionali, sia per individuare eventuali risorse esterne con cui potersi alleare in caso di intervento terapeutico. A tale riguardo mi pare importante indagare il contesto socio-affettivo attuale e pregresso, il processo di socializzazione primario e secondario, le relazioni con le figure significative di riferimento del paziente: la madre, la ex fidanzata, il capo e i due amici intimi dell’infanzia. Sarebbe utile conoscere, in particolare, se la relazione tra M. e la ex fidanzata, al pari delle altre relazioni del paziente (mamma, datore di lavoro, amici), fosse improntata su un rapporto di dipendenza e sottomissione, e come questo venisse eventualmente vissuto e gestito dalla compagna. Mi sembra importante indagare i reali motivi che sottendono la fine del loro rapporto e prendere in considerazione l'ipotesi che la decisione di M. di interromperlo per non volere contrastare i voleri materni possa anche sottendere il timore del paziente di separarsi dall'universo fusionale e gratificante materno e di assumere finalmente un ruolo adulto e indipendente, maggiormente responsabilizzante.

    Mi sembra importante, poi, esplorare le caratteristiche del sistema familiare: regole, ruoli, modalità comunicative ed educative, alleanze, sistemi e sottosistemi, atteggiamenti genitoriali, e i significati che vengono attribuiti da parte del nucleo familiare al comportamento indeciso e dipendente di M.
    Appare quindi in questa prospettiva utile conoscere il rapporto ambivalente che M. ha con la madre e indagare il processo di separazione-individuazione per sapere quali sono stati i fattori che ne hanno ostacolato il compimento. Il disturbo potrebbe essere legato a situazioni in cui i tentativi di autonomizzazione di M. sono stati ostacolati da atteggiamenti familiari di disapprovazione, minacce di perdere l’affetto o gratificazioni accattivanti per il mantenimento della dipendenza (“le sorelle e la madre lo hanno spupazzato e viziato” quando era piccolo; la madre ancora adesso lo supporta economicamente, nonostante M. svolga un impegno lavorativo in modo continuato e stabile da 10 anni). La famiglia di M., e in particolar modo forse la madre, potrebbe avergli trasmesso l'immagine di un mondo pieno di minacce e di pericoli in cui appaia incauto muoversi da solo, senza la “protezione” , l'appoggio e la sicurezza delle figure significative di riferimento.
    Approfondirei quindi il collegamento tra i timori infantili di separazione riportati dal soggetto, e il quadro personologico attuale, che sembra profondamente orientato alla dipendenza e alla sottomissione, al fine di comprendere meglio il quadro evolutivo del disturbo e il ruolo dei fattori che potrebbero spiegare il disagio arcaico profondo espresso dal soggetto.
    Inoltre appare opportuno conoscere i rapporti attuali di M. con le sorelle, e chiedersi come mai nel resoconto non compara la figura paterna. Il padre è deceduto o comunque assente dalla vita del figlio? È possibile ipotizzare che il padre abbia abbandonato la famiglia e che, conseguentemente, madre e sorelle si siano attaccate morbosamente a M. (lo hanno “viziato e spupazzato”, la madre viene descritta come “eccessivamente possessiva”), favorendo lo sviluppo e il mantenimento di sentimenti di dipendenza per timore di perdere l'unico maschio rimasto in famiglia? E se invece il padre fosse presente, qual è il suo ruolo all'interno del sistema familiare e che tipo di relazione oggettuale ha instaurato con M.? È stato possibile, per M., lo sviluppo del processo di identificazione con la figura paterna e di costruzione dell'identità sessuale? Sono tutte ipotesi aperte, alle quali non è possibile fornire una risposta adesso, e che dovranno pertanto essere opportunamente approfondite.

    Dopo l'analisi del contesto relazionale-familiare del paziente, approfondirei l'esistenza di eventuali vantaggi secondari della sintomatologia, che potrebbero contribuire ad accrescerla e a mantenerla. Si potrebbe ipotizzare che M., attraverso il suo comportamento dipendente, sottomesso e “di delega”, si assolva dal rischio di prendere scelte responsabilizzanti e dall' “esporsi” in prima persona, anche nelle situazioni che lo riguardano da protagonista (matrimonio). Il disturbo, inoltre, potrebbe sottendere una richiesta di attenzione e il tentativo di provocare l'avvicinamento di persone significative di riferimento, senza le quali il soggetto sente di non poter funzionare, come la madre. Occorrerebbe tener presente, inoltre, che il paziente potrebbe essere ambivalente riguardo all'abbandonare i suoi sintomi perchè il disturbo potrebbe rappresentare una sorta di adattamento funzionale al suo contesto di vita.

    Mi pare interessante, inoltre, indagare la rappresentazione che il soggetto ha di se stesso, forse caratterizzata da sentimenti di inadeguatezza e di svalutazione; il funzionamento complessivo del soggetto nelle diverse aree e il funzionamento premorboso; gli stili difensivi, l'esame di realtà e il grado di strutturazione, integrazione e funzionamento dell'Io. La valutazione di alcune funzioni chiave dell'Io, infatti, permette di approfondire la conoscenza delle risorse individuali che possono contribuire allo sviluppo della relazione tra individuo e contesto. Potrebbe essere utile anche conoscere la relazione tra l'io e il Super-Io del paziente al fine di ottenere informazioni sulle sue esperienze infantili con le figure genitoriali.

    Una volta fatti tutti gli approfondimenti allo specifico caso in esame, potrei collocare il disagio del paziente all'interno di un quadro psicodiagnostico più preciso e definito e decidere se e quale tipo di intervento psicoterapeutico sarebbe opportuno intraprendere, considerando ovviamente le caratteristiche idiosincratiche del soggetto, il tipo specifico di disturbo ed il momento particolare che la persona sta vivendo.
    Se dagli approfondimenti effettuati venisse confermata l’ipotesi diagnostica inizialmente formulata, potrebbe essere opportuno indirizzarsi verso una terapia di tipo supportivo-espressiva ad approccio psicodinamico, che miri inizialmente a supportare l’Io del soggetto, strutturarlo, definirlo maggiormente, migliorare l’investimento sulla realtà, abbassare le quote di angoscia, migliorare la rappresentazione di Sé e favorire lo sviluppo dell’autostima del soggetto. Solo in un secondo momento, dopo aver offerto sostegno concreto e supporto empatico al soggetto, sarebbe opportuno orientare il trattamento verso una terapia ad enfasi espressiva, con l’obiettivo principale di promuovere un processo di presa di coscienza, elaborazione e simbolizzazione delle tematiche di fusionalità e di angoscia abbandonica sottostanti il conflitto psichico che viene espresso attraverso il comportamento dipendente e adesivo del soggetto.
    Altri obiettivi del percorso terapeutico dovrebbero essere quelli di:
    • favorire il superamento del processo di individuazione-separazione;
    • favorire, attraverso il transfert, l’interiorizzazione di un oggetto buono e costante, con elevata capacità contenitiva, a cui fare appello nei momenti di difficoltà
    • favorire una rappresentazione di Sé stabile, coerente e integrata
    • rafforzare l’Io nella canalizzazione dell’ansia
    • promuovere lo sviluppo delle capacità decisionali autonome e l’espressione dei veri desideri del soggetto.

    In alternativa, qualora la famiglia di M. fosse disponibile, si potrebbe intervenire con un approccio di tipo sistemico-familiare che sia orientato ai seguenti obiettivi principali:
    • favorire lo svincolo e l'individuazione dei membri
    • favorire il raggiungimento di un equilibrio, non più patogeno, tra bisogno di protezione e di dipendenza e bisogno di differenziazione e di autonomia
    • sostituire le confuse regole disfunzionali con regole chiare e funzionali
    • favorire la circolarità di una comunicazione chiara a diretta
    • definire il problema come interpersonale.

  7. #37
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Dadaismo, ho letto il caso che hai trovato on-line.
    Mi sembra fatto molto bene....ma ho una domanda: è opportuno fare un'analisi così approfondita dei possibili percorsi da seguire o è più conveniente presentare solo un approccio terapeutico?

    cosa ne pensi?

  8. #38
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Io sinceramente se ne ho l'opportunità cercherò di seguire quest'approccio perchè lo ritengo coerente con il non mettere l'etichetta e il non diagnosticare.
    In questo modo lasci aperte molte possibilità e inoltre mostri di avere competenze più ampie.....
    facciamo altri casi insieme?
    secondo me è un buon modo di ripassare....poi ci confrontiamo....


    ne posto uno allora...chi ha voglia dica la sua:

    ALBERTO,29 ANNI,VIVE CON I GENITORI,LAUREATO IN LINGUE,LAVORA SALTUARIAMENTE.
    DA QND AVEVA 26 AA HA INZIATO UNA DIETA PERCHè ERA IN SOVRAPPESO E DA ALLORA HA CONTINUATO A TENERLA CONYTROLLATA. HA RAGGIUNTO IN POCO TEMPO QUELLO CHE LUI RITIENE IL SUO PESO-FORMA. FA ATTIVITà SPORTIVA IN PALESTRA PER ALMENO 3 ORE AL GG. E' ALTO,MAGRO E MUSCOLOSO. SI PREPARA DA MANGIARE DA SOLO, PERCHE' STA ATTENTO A MANGIARE I CIBI GIUSTI,SENZA GRASSI. FA MOLTA ATTIVITA' FISICA SOPRATT MIRATA ALLE BRACCIA E ALL'ADDOME PERCHE' VEDE POCO SVILUPPATE DA P.D.V. MUSCOLARE (SEBBENE IN REALTA' APPARE FISICAMENTE TONICO E SCOLPITO). E' TERRORIZZATO ALL'IDEA DI POTER METTERE SU PESO. VEDE IL SUO ADDOME RILASSATO (SEBBENE NON PRESENTI NEMMENO UN FILO DI GRASSO SULLA PANCIA).COMPIE ATTIVITà FISICA FINO A INDURIRSI STRAPPI MUSCOLARI. NEI GG SUCCESSIVI IN CUI DEVE RIDURRE L'ATTIVITà FISICA PER DOLORE,HA IL TERRORE DI POTER DIVENTARE ORRIBILMENTE GRASSO. PASSA MOLTO TEMPO DELLA GG A GUARDARSI ALLO SPECCHIO, TANTO CHE NON RIESCE A PORTARE AVANTI NEMMENO IL POCO LAVORO CHE HA. LA FIDANZATA L'HA LASCATO DA CIRCA UN ANNO PERCHè LUI NON LE DAVA ATTENZIONI SUFF. SPENDE MOLTO TEMPO A COMPRARE CIBI BIOLOGICI IN NEGOZI SPECIALIZZATI. VA DALLO PSICOLOGO PER L'ANSIA CHE LO ACCOMPAGNA IN DIVERSI MOMENTI DELLA GG E PER L'UMORE DEPRESSO, AL FINE DI MIGLIORARE SIA L'ANSIA CHE 'UMORE.

    1.IL CANDIDATO ILLUSTRI LA DIAGNOSI, LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE, LE AREE DA APPROFONDRE TRAMITE IL COLLOQUIO O LA SOMMINISTRAZIONE DI TEST, MOTIVANDO LA SCELTA.
    2.L'HP DI INTERVENTO TERAPEUTICO INDICANDO L'ORIENTAMENTO TEORICO DI RIFERIMENTO,GIUSTAMENTE MOTIVATO.

  9. #39
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    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    MI SEMBRA UNA BUONISSIMA IDEA.

    Dai pochi dati che emergono mi sembra che si possa ipotizzare un disturbo di Dimorfismo corporeo, in quanto il ragatto mostra particolare preoccupazione per un aspetto del proprio corpo.
    L'idea fissa e il comportamento relativo (idee sul suo peso e il passare molto tempo in palestra....3 ore al giorno) mi potrebbero far pensare ad un disturbo Ossessivo-Compulsivo.
    E' da mettere in risalto, inoltre, il fatto che la relazione socio-lavorativa è compromessa: lavora saltuariamente....la ragazza lo ha lasciato perchè non le dava molte attenzioni.

    Mi domando: è possibile fare queste due diagnosi?

    Approfondirei la relazione che ha con la propria rete sociale: se ha amici, se esce, come si relazione con loro. La relazione in famiglia com'è? Esistono regole rigide...simo di fronte ad una famiglia invischiata o disimpegnata?

    Per il lavoro chederei il motivo per cui non lavora stabilmente.

    ...vabbè...sono solo appunti.
    proviamo a dialogare insieme....

  10. #40
    Partecipante Affezionato
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    anche io proporrei la diagnosi di dismorfismo ma sono molto perplessa perchè, a aprte il criterio A dell'anoressia, gli altri cadono a pennello:
    mi sembra infatti che il soggetto sia proprio preoccupato solo del pesop e delal grossezza corporea, però, facendo la differenziale, visto che non c'è una notevole e patologica perdita dio peso, la diagnosi dovrebbe essere dismorfismo , contanod che l'anoressia ha prevalenza femminile e insorgenza adolescenziale.
    io esplorerei però anche la sintomatologia riportata come egodistonica dal soggetto: ansia e depressione: sono primarie al disturbo corporeo o secndarie? il soggetto poi come vive queste preoccupazioni corporeee? le riconosce come patologiche o no?
    MMpI e rorcharch per sondare depressione ,ansia e meccanismi di difesa.
    Se il disturbo è somatoforme e il soggetto più tendente ad ossessioni complusioni, terapia cognitiva, se prevalgono ansia e depressione e ilò soggetto ha buona forza dell'io, mentalizzazione e motivazione a capire cause, terapia supportiva espressiva di stampo psicodinamico.
    che ne dici?
    Ne facciamo altri?

  11. #41
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    mi sembra utilissimo fare dei casi insieme e confrontarci.

    te ne propongo uno io:

    Alma G. ha 34 anni, coniugata, due figli di 10 e 7 anni, lavora part-time come ragioniera. E' una bella donna,
    magra e curata nell'aspetto. Si rivolge allo psicologo perché due anni fa ha subito un incidente d'auto e da
    allora ha un'incombente paura di morire che le altera completamente stile e qualità di vita.
    Vorrebbe rinunciare a lavorare pur di non dover uscire la mattina, ma è consapevole di dover continuare a
    portare i figli a scuola e a far condurre loro una normale vita di relazione. Per cui... finge.
    "Continuo a fare tutto come prima, ma dentro scoppio, mi formicola tutto il corpo, mi sento una tenaglia che
    mi stringe il petto, e un nodo alla gola che prima o poi mi soffocherà".
    Solo con il marito Anna si permette di esprimere quello che sente, tanto che dall'epoca dell'incidente non
    hanno più avuto rapporti sessuali, ed approfitta della disponibilità dell'uomo per fargli fare tante cose fuori
    casa che a lei incutono terrore.
    Ma soprattutto è la paura di avere un "brutto male" che angoscia Anna, la quale tuttavia non vuole sottoporsi
    ad accertamenti medici per paura di scoprire qualche malattia, ne vuole prendere in considerazione eventuali
    prescrizioni di tarmaci.
    Afferma che il momento peggiore è quando si sveglia al mattino, ed il primo pomeriggio quando si rilassa un
    po' sul divano: "Allora mi arriva addosso di tutto, non c'è parte del corpo che non mi faccia male, soprattutto
    la testa e il collo, ma anche l'addome, il cuore sembra scoppiarmi e poi questo maledetto formicolio
    dappertutto".
    Dai colloqui che seguono Anna si rivela con tratti di personalità rigida e con un tono dell'umore orientato in
    senso depressivo come conseguenza delle sue paure e della mancanza di fiducia nel futuro.
    Il/la candidato/a indichi:
    a) quale ipotesi diagnostica prenderebbe in considerazione, specificando gli elementi ritenuti importanti
    a giustificazione dell'ipotesi avanzata;
    b) la diagnosi differenziale e gli altri eventuali dati da elaborare;
    e) di quali strumenti psicodiagnostici si avvarrebbe;
    d) se ritiene necessario un trattamento, specificando il tipo di orientamento, obiettivi, setting;

  12. #42
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    Volevo aggiungere che non è corretto pensare ad un disturbo ossessivo-compulsivo perchè in quest'ultimo le ossessioni e ocmpulsioni non sono esclusivamente di natura corporea...mi sa che il nostro buon Alberto abbia proprio il disturbo somatofome....
    la difesa è dunque lo spostamento e l'ansia e la depressione sono prevalenti, si potrebbe indagare cosa abbia portato il soggetto ad intraprendere la dieta ( trauma?) e indubbiamente le relazioni familiari perchè potrebbe essereci un conflitto edipico irrisolto o comunque pulsioni intollerabili fonti d'ansia spostate sul corpo.

  13. #43
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    Anna sembra avere un disturbo post traumatico perchè i suoi sintomi sono secondari ad un incidente automobilistico. In questo casa pare che la malattia abbia un effetto seocndario positivo nel comportamento assecondante del marito. Io sottoporrei Anna a dulterio colloqui per sondare se il suo umore era depresso anche prima dell'incidente e valutare lo stato premorboso del soggetto , comuque la disagnosi sembrebbe proprio post trauma quindi proporrei una terapia cognitivo/ comportamentale con esposizione e rielaborazione e modifica di pensieri disfunzionali legati al trauma. Se il soggetto si presenta molto motivato e con una buona mentalizzazione si può proporre anche una terapia dinamica di tipo espressivo.

  14. #44
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    Anche a me sembrerebbe un Post-Traumatico da stress, per il motivo che dopo quell'incidente vive con la paura di morire .
    Approfondirei però le idee, in quanton non emergono dalla presentazione del caso...se non la frase "continuo a fare tutto come prima, ma dentro scoppio..."!
    L'ansia e la paura sembrano essere elevate....sarebbe opportuno comprendere se nascono dall'episodio o sono precedenti.
    Sembrerebbe aver sviluppato (o rinforzato) la dipendenza. il marito sembra essere assecondante: interessante analizzare, pertanto la relazione familiare.

    Il fatto che al mattino e al pomiggio sperimenti maggior disagio, a cosa è dovuto? si potrebbe tentare di comprendere se questo disagio sia dovuto ad un fattore di "solitudine" in quanto vanno tutti via o se ci sono delle motivazioni secondarie....

  15. #45
    Partecipante Affezionato
    Data registrazione
    27-01-2008
    Messaggi
    107

    Riferimento: II prova vecchio ordinamento_ casi clinici

    Definizione di PTSD
    Per parlare di PTSD occorre che la reazione all’evento traumatico comprende paura,
    senso d’impotenza e orrore.
    Dopo il trauma si può sviluppare una costellazione di sintomi che sono riassunti in tre
    gruppi: “intrusion”, rievocazione esperienziale del trauma sotto forma di immagine
    vivide, dispercezioni, allucinazioni, incubi eidetici (immagine vivida, reviviscenza); ricordi
    intrusivi ricorrenti e non controllabili riferiti al trauma, tipo flash back; agitazione e ansia
    di fronte a qualsiasi stimolo che ricordi il trauma che la porta ad evitare ogni possibile
    occasione di ricordo “avoidance”.
    Ciò si accompagna a un forte disagio psichico e la persona rischia di trovarsi in una
    condizione di isolamento e disinteresse sociale; al tempo stesso vive in uno stato di
    perenne allerta; soffre di ipervigilanza, insonnie, mancanza di concentrazione, irritabilità,
    scoppi d’ira talmente gravi da compromettere l’adattamento lavorativo ed esistenziale,
    “hyperarousal”
    Per parlare di PTSD completo occorre che siano presenti queste tre scale:
    1- L’evento traumatico e’ continuamente rivissuto “intrusion” (almeno un sintomo)
    2- C’è un persistente evitamento degli stimoli associati con il trauma “avoidance”
    (almeno tre sintomi)
    3- Ci sono sintomi persistenti di ipervigilanza “hyperarousal” (almeno due sintomi)
    Vi e’ compromissione dell’adattamento sociale e lavorativo.
    Se solo una scala di sintomi è presente si parla di PTSD Parziale.
    Si distingue inoltre tra PTSD
    Acuto: poche ore /gg dall’evento
    Cronico: entro 6 mesi dall’evento


    Nel caso di anna si potrebbe parlare proprio di aumento della soglia e si farebbe la differenziale con il disturbo da attacchi di panico, che iniziano a ciel sereno e per i quali di solito il soggetto no mentalizza ovvero non capisce da cosa possono essere scatenati , inoltre differenzierei con ansia generalizzata e fobie specifiche e anche con il disturbo acuto da stress perchè esordisce immediatamente dopo il trauma e dura 6 mesi.

    Altri casi? Alle 15 vado a lavorare ma ci sono dopo cena....

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