Io credo che l'analisi personale abbia un senso solo se voluta e sentita come un bisogno, non se imposta perchè "fa bene" o "va fatta".
Ho sempre avuto una gran simpatia per l'orientamento cognitivo-comportamentale, tanto da aver fatto colloqui per scuole di questo orientamento (ed essere anche stata accettata). Poco prima di formalizzare l'iscrizione ho però fatto un percorso personale e lavorativo che mi ha fatto capire che preferivo intraprendere una strada più psicodinamica (senza comunque rigettare l'approccio cognitivo-comportamentale, che continuo a ritenere ottimo per alcune situazioni e patologie, così come ritengo più adatto l'approccio psicodinamico per altre).
Ho anche sentito la voglia di intraprendere un'analisi (che la mia scuola comunque pone obbligatoria solo a partire dal 2° anno e senza porre vincoli rispetto alla durata), ma non perchè ritenga di avere qualche problema.
Non è che mi ritenga perfetta e pensi di non aver alcun problema, è che la mia voglia di intraprendere un'analisi nasce dal fatto che quando lavoro a volte mi accorgo che metto del "mio"... e allora mi sono detta che forse era utile acquisire consapevolezza di questi movimenti per usarli in modo positivo e non farmene manovrare.
Credo che non si possa imporre l'analisi acriticamente per "presa di posizione", così come non si deve rifiutare a priori per antipatia/pigrizia/mancanza di fondi.
E' utile se la scegli e la desideri, nel momenti in cui ti senti pronta e non la vivi come un'imposizione, altrimenti è come pensare di avere la verità in tasca e non ti servirà a nulla...