Originalmente inviato da
lauramir
R. è un uomo di 40 anni, consulente bancario. Al primo colloquio si presenta con una giacca di velluto marrone, una polo al collo alto, dei pantaloni jeans e un giornale sotto il braccio. La sua postura appare leggermente rigida e compassata, il suo sguardo inizialmente evitante è diretto alla ricerca dello sguardo dello psicologo, come se vi volesse trovare qualcosa. Dice d'essere stato consigliato da un suo amico, il quale gli avrebbe indicato un percorso terapeutico per "capire meglio se stesso". E in particolare, racconta d'essere stato spinto dall'ultimo episodio accaduto nella sua vita. Da circa un mese è stato lasciato dalla sua compagna poiché secondo quanto dettogli da lei "non si sentiva amata". R. rivela di non capire la motivazione di lei poiché racconta "d'essersi comportato sempre bene" con lei e aggiunge commentando che è sicuro che lei non troverà nessuno che la sappia amare come lui. Mostrandosi a parole contrariato ma emotivamente distaccato non sembra provare il dolore della separazione. Durante il colloquio non emergono sentimenti di gelosia al pensiero che lei possa instaurare una relazione con un altro uomo, mentre mostra solo il rimpianto per l'impossibilità di realizzare la coppia ideale in grado di condividere gli stessi interessi, ecc. R. esprime preoccupazione perché "ormai alla sua età" non potrà più realizzare tale progetto. Emerge anche che quest'ultimo rapporto come i precedenti è stato di breve durata (non più d'un anno). Si descrive come persona "complicata" difficile da comprendere, dice: "Poche persone sono in grado di capirmi". Anche in ambito lavorativo si lamenta che i colleghi non apprezzino le sue capacità. Dalle sue parole sembra emergere un senso di invidia per chi ha ruoli di potere superiore al suo: "Non è giusto che certi personaggi facciano carriera alle mie spalle" R. afferma di non aver paura di niente e di nessuno e con un dissertazione intellettualistica mette in rilievo l'inutilità della paura per l'uomo. Poi dopo una riflessione di alcuni secondi aggiunge che forse ha paura di diventare un fallito o meglio dice: "Mi vergognerei di me stesso se diventassi un fallito". A questo proposito, ricorda della vergogna provata di fronte alla classe quando la maestra lo rimproverò davanti a tutti per non aver svolto bene i compiti.
Nel descrivere la madre la definisce come una "donna isterica" mentre il padre lo definisce come un "uomo freddo e distaccato" Alla conclusione del colloquio, nel concordare il prossimo appuntamento, R. insiste d'avere solo uno spazio dalle 14 alle 15 prima della palestra e, nell'impossibilità dello psicologo di aderire alla sua richiesta, rimane contrariato.