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  1. #1
    Iggy1982
    Ospite non registrato

    "MOBILITAMOCI CONTRO "RAPELAY", IL GIOCO DELLO STUPRATORE" ...Ma perché, esattamente?

    "MOBILITAMOCI CONTRO "RAPELAY", IL GIOCO DELLO STUPRATORE"

    Così titola l'ultima newsletter di Obiettivo Psicologia (#339, 13 maggio 2009), che ricevo periodicamente come tutti voi. In genere non presto attenzione a queste comunicazioni perché non sono psicologo e non ho competenze né interesse professionale in materia. Tuttavia sono un videogiocatore, pertanto mi sono incuriosito e mi sono informato, leggendo l'articolo, qualche commento, recensioni e pezzi di stampo pseudogiornalistico sparsi per la rete.

    Insomma, taglio corto per non risultare prolisso.

    Nell'articolo di Obiettivo Psicologia (il cui autore invito a presentarsi in questa discussione, se possibile) si annuncia che il gioco "insegni" a molestare. Quindi immagino che - per lo stesso principio acutamente sottolineato - i giochi dove si imbracciano delle armi insegnino a sparare, e quelli dove si pilota un'auto da corsa insegnino a vincere la 24 ore di Le Mans.

    Al di là del fatto che il gioco è stato programmato con scelte di design che lo allontanano molto dalla realtà (esempio lampante la folla eventualmente presente durante le scene, costruita con sagome semitrasparenti; oltre a una serie di assurdità che rendono le situazioni grottesche e inverosimili), vorrei capire dove risieda esattamente il problema. Forse le scene di stupro viste al cinema sono meno realistiche? Non credo, almeno guardando alla coinvolta scena di violenza sessuale recitata dalla nostra Bellucci, che nel film "Irreversible" viene costretta in un sottopassaggio pedonale a subire un abuso anale della durata di circa dieci minuti; e come lei innumerevoli altre professioniste (ovviamente non parlo di pornoattrici). Addirittura nel conosciutissimo "Lolita", uscito nel 1962 sotto la direzione di Stanley Kubrick - avete presente, l'ultimo arrivato tra i registi - la protagonista era l'allora tredicenne Sue Lyon.

    Allora, dove sta la differenza? Ecco arrivare il "Mostro dell'interattività": se si assiste a una scena di finto stupro si è normali spettatori, se invece si ha la possibilità di controllare l'evento si è "giocatori-maniaci" (cito il testo dell'articolo). Un po' come si potrebbe essere giocatori-assassini in un gioco di combattimenti armati, e quindi potenziali serial-killer nella vita reale.
    Quindi diciamo pure che i contenuti sono accettabili finché non è richiesta un'azione da parte di chi è di fronte allo schermo. Una strana rivisitazione della politica del "guardare ma non toccare".

    Tra l'altro, non conoscevo questo prodotto prima di leggere il suddetto articolo, quindi come iniziativa di contrasto la trovo abbastanza controproducente vista la cassa di risonanza che è notoriamente la rete. Continuo a restare disinteressato al prodotto in sé, ma la questione che questo solleva mi interessa eccome, perché mi sembra - al solito - la dimostrazione di come la "Comune Sensibilità" e il "Buongusto" siano marchi da (s)vendere.
    Ricorderete anche lo "scandalo" Mosley, che non fu libero di farsi frustare da qualche donna vestita da ufficiale tedesco; saranno fatti suoi, voglio dire. Alzi la mano chi non ha mai ammanettato, legato, incatenato o quant'altro la propria ragazza (o il proprio ragazzo, pure), o che non sia incuriosito/a dal provarlo. Scoprirete senz'altro di essere in pochi a sventolare le dita al vento. Ah, ma forse il problema era la divisa delle signorine, che cambia il punto di vista in maniera veramente fondamentale. Frustatevi quanto volete, ma vestiti come si deve, per piacere.

    Questo bigottismo mi mette i brividi.

    Evito di proseguire perché ci sono davvero troppe cose da dire e voglio lasciare spazio a chi eventualmente vorrà rispondere; in tal caso approfondirò alcuni aspetti in corso di discussione.
    Ultima modifica di Iggy1982 : 15-05-2009 alle ore 15.05.25

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