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  1. #16
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da willy61 Visualizza messaggio
    Lasciamo anche stare la questione che si porta dietro l'abbandono del modello pulsionale. Per quanto corretta sia questa scelta, lascia però la psicologia priva di una teoria della motivazione solida. Il che, da un punto di vista epistemologico, non so se sia meglio o peggio.
    Lasciamo anche stare questa questione che è però di primaria importanza, dato che la teoria della motivazione sta alla base di tutto. Non corrisponde però al vero che l'abbandono del modello pulsionale abbia determinato questo buco epistemologico, che è stata colmato nelle teorie ambientaliste con la motivazione alla relazione, e in alcune teorie contemporanee con la motivazione all'affermazione strutturale in sè. Le ricadute a livello di metodo e tecnica sono enormi, e riguardano anche le questioni che poni.

    Citazione Originalmente inviato da willy61 Visualizza messaggio
    Da una lato posso capire il punto di vista di Gieko. Se ben comprendo, sostiene che qualunque cosa un paziente faccia o dica è espressione della sua struttura (o del suo carattere). Fin qui non ci piove. Se dico o faccio qualcosa lo dico e lo faccio io (poi vediamo chi accidente è quell'io, magari). Se ho una struttura (sono una struttura?) di un certo tipo più o meno patologica, allora quel che dico/faccio non può essere che un'espressione della struttura e, se il caso, della patologia. Ma questa è un'ovvietà e Gieko non è solito esprimere ovvietà. Quindi significa che ho compreso male e che ho necessità che Gieko rispieghi.
    Magari è realmente una banalità... Tuttavia sono temi su cui sto lavorando proprio in questo periodo: se il soggetto si esprime mediante strutture (insiemi di "traiettorie" in base a cui si organizza il soggetto, degli "attrattori" per usare la terminologia del caos), il metodo si deve spostare sull'organizzazione in sè, e l'interpretazione diviene rimando di quest'ultima. E' il paradigma di fondo utilizzato ad essere profondamente diverso.

    Citazione Originalmente inviato da willy61 Visualizza messaggio
    Posto che non intendo discutere di scarica energetica, ma di modalità di relazione tra paziente e terapeuta e di entrambi con se stessi, il privilegiare il canale verbale rispetto all'azione corporea (o il contrario, ovviamente), implica la decisione di escludere "a priori" un intero mondo espressivo, di comunicazione e di relazione oltre che di conoscenza.
    Qual'è il "razionale" della scelta di non utilizzare anche l'azione?
    E' però importante chiarire se, in questo paradigma, la relazione è un ambito di scarica energetica o qualcosa di differente. Come dicevo prima metodo e tecnica sono per forza differenti a seconda che la relazione terapeutica sia utilizzata per consentire di rimuovere blocchi, piuttosto che per rendere evidente alla diade la funzionalità inconscia delle rispettive organizzazioni. E' chiaro che a questo seconda modalità di intervento non interessa l'aspetto corporeo in sè (nè tantomeno quello verbale però!), quanto eventuali forme che quest'ultimo veicola rispetto all'organizzazione del soggetto. Per questo motivo l'agito in psicoanalisi è importante ed è sempre presente. Se la relazione con i suoi aspetti (agiti e verbali) è solo campo di osservazione, si capisce come dal punto di vista tecnico sia coerente creare una cornice di lavoro che può avere le caratteristiche del vis a vis o del lettino e così come il passaggio ad un canale comunicativo come quello fornito dall'interpretazione (che non è solo verbale!)

    Citazione Originalmente inviato da willy61 Visualizza messaggio
    Nella letteratura della psicoanalisi classica (ma anche, per alcuni aspetti, negli scritti di Mitchell e di altri autori della psicoanalisi relazionale), ogni deviazione dal canale di comunicazione privilegiato (quello verbale) viene considerata come un "agito" e si porta dietro tutto un alone di condanna e di disapprovazione relativo ad una scala di valori che ha le sue radici nella decisione freudiana di abbandonare il metodo della pressione a favore di quello delle libere associazioni.
    Non ricordo pagine di Mitchell che fossero così severe con gli agiti... Ad ogni modo, oltre alla condanna legata a pregiudizi teorici, forse l'atteggiamento diffidente è dovuto soprattutto al fatto che dove c'è agito che non trova spazio di elaborazione c'è uno scotoma. Magari la disapprovazione nasconde anche il timore di aver lasciato intatto qualcosa che necessitava di essere toccato.

    Saluti
    gieko

  2. #17
    Postatore Compulsivo L'avatar di ghiretto
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Provo ad intrufolarmi tra i dotti...

    La mia esperienza personale è fatta di psicodramma e terapia individuale, dal mio punto di vista ho trovato modalità molto differenti e nei vissuti emotivi elicitati e nelle riflessioni del dopo sessione o seduta (ché non è che il lavoro svolto finisca nell'ora o nel tempo dell'incontro). Differenti non contrapposti.

    Condivido moltissimo il fatto che non tutte le azioni vadano incasellate di default come acting, l'espressione della rabbia espressa verbalmente attraversa molte più barriere difensive che non la sua espressione fisica, che so urlando o tirando cuscini, il punto è che a mio avviso entrambe le modalità possano rimandare a livelli diversi, ma intersecanti, amplificandone la portata terapeutica. In una sessione di psicodramma, ad esempio, dopo l'azione, tutto il gruppo ed il conduttore insieme al protagonista trovano tempo e spazio per un analisi verbale dei vissuti provati e delle modalità espressive agite.
    La mancata presenza ad un appuntamento, ad esempio, trovo sia invece un azione definibile come acting, proprio perché, a mio avviso, è un azione cui manca completamente l'elaborazione.

    Poi ogni setting può essere specchio e colluso con le modalità dello stesso ed il paziente, cliente fruitore, fate voi. Per una persona estremamente narcisa il gruppo può funzionare ad un primo livello come specchio multifaccia, mentre magari una persona con elevata modalità difensiva di tipo intellettuale razionale può, viceversa, trovare terreno migliore per le proprie difese in un setting duale, fermo restando la capacità del terapeuta di lavorare su ciò, i tempi a mio avviso si allungano, pertanto forse una modalità o un altra possono essere entrambi presenti oppure escludersi per dar via ad un lavoro più proficuo proprio perché incastra la struttura del paziente con la tecnica più idonea.

    No linciatemi

    Pat
    " E se scruti a lungo un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te" Nietzsche


    dai un'occhiata a questo sito www.altrapsicologia.it

    per usufruire del servizio contattare la scrivente per pattuire il compenso

  3. #18
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da gieko
    Non ricordo pagine di Mitchell che fossero così severe con gli agiti... Ad ogni modo, oltre alla condanna legata a pregiudizi teorici, forse l'atteggiamento diffidente è dovuto soprattutto al fatto che dove c'è agito che non trova spazio di elaborazione c'è uno scotoma.
    Ma come si dovrebbe fare ad eliminare questo difetto, visto che anche quando si parla con qualcuno o si pensa, si agisce comunque? Per poter elaborare tutto bisognerebbe riuscire a costruire un discorso effettivo autoreferenziale che parla di sé stesso. Elaborare e quindi essere coscienti di ogni movimento che facciamo, ossia dell'elaborazione stessa, forse porta ad una serie di paradossi. E se per star meglio invece bisogna provare ad agire piuttosto che capire ad un qualche livello astratto come agiamo?
    Se un bambino che è capace di verbalizzare bene stesse completamente fermo e rigido con tutti gli altri muscoli, attraverso la sola elaborazione verbale ed astratta non potrebbe certo apprendere a come muovere un braccio per lanciare una palla, descrivere e comprendere ad un qualche livello verbale l’agito da osservatori non basta, e muoversi nello spazio è una cosa tutt'altro che di secondaria importanza per lo sviluppo e per star bene. Elaborazione linguistica o simbolica e controllo del corpo, coordinazione dei muscoli e così via, in generale sono capacità che possono intersecarsi ed influenzarsi a vicenda, ma non sono capacità riducibili, chi è capace di elaborare, descrivere e rappresentare col linguaggio verbale o scritto potrebbe essere oltremodo impacciato nel muoversi in un ambiente, nell'evitare ostacoli e così via.
    Un difetto di postura non è detto che scompaia tramite una qualche interpretazione, se non si raggiunge la consapevolezza di quali muscoli spostare e come spostarli agevolmente o come anche poter ridurre certe tensioni muscolari. Possiamo elaborare tutti i vissuti che hanno causato la cosa ma non credo che si possa risolvere facilmente tutto tramite soltanto delle elaborazioni verbali. Sarebbe inutile fare degli esercizi fisici (spostare anche soltanto un braccio per imparare a controllarlo meglio ed essere più sciolti e meno rigidi) se potessimo modificare tutto tramite qualche discorso su un lettino o in poltrona. Possiamo essere coscienti di essere rigidi ed anche conoscere le cause storiche di questa rigidità muscolare ma non essere capaci comunque di allentarla.
    Queste sono forme di intelligenza diverse che sicuramente si intersecano ma sono irriducibili, e sicuramente sono utili entrambe. L’esercizio ed il movimento possono influenzare le capacità linguistiche e verbali di elaborazione, e viceversa, ma magari qualcuno è particolarmente deficitario riguardo soltanto alla seconda capacità e perciò invece di migliorare insistendo sulla verbalizzazione e l’elaborazione astratta riflessiva che ci rende osservatori di noi stessi creando virtualmente un punto di osservazione esterna, finisce col peggiorare. Là dove forse si dovrebbe sviluppare la capacità di sentire il proprio corpo, si sviluppa la capacità di riflettere sul proprio corpo, ma queste sono operazioni diverse.

  4. #19
    Partecipante Veramente Figo L'avatar di luigi '84
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    E se per star meglio invece bisogna provare ad agire piuttosto che capire ad un qualche livello astratto come agiamo?
    Non c'è dubbio che questa possibilità rispecchi tutta una cultura dell'azione che ha trovato da noi gli estremi sviluppi. D'altra parte, proprio la psicoanalisi ha fornito lo scacco fondamentale a questa impostazione dicendo pressappoco: certo, forse non si può evitare di agire, ma non dimentichiamo di agire in un mondo di relazioni! E forse diventa fondamentale chiedersi quale 'desiderio' abbia la precedenza: il mio o quello dell'altro? E che cosa ''realmente'' desidero?...Una psiche profondamente condizionata dalla propria struttura inconscia elimina finanche la possibilità di una simile domanda. E così un Io dominato dalla inconsistenza delle sue giornaliere vesti Personali, ingoiato dall'Ombra di una configurazione inconscia, eternamente asservito alla propria imago materna dalla crudeltà dell'Anima (dalle configurazioni femminili dell'inconscio), perde il senso del dialogo e di quella destinale dimensione relazionale a cui siamo consegnati. Tutto ciò è permanere perennemente al di fuori della propria verità strutturale e ''agire un desiderio infinito'': da qui la mia scetticità nei confronti di tutte quelle terapie che hanno completamente obliato la loro funzione 'sociale', 'relazionale', per consegnarsi ad una visione monadica di un Io infartuato perennemente conteso tra le vie della propria realizzazione (scarica...) considerate, di volta in volta, psichiche, corporee ecc...in tutto ciò nemmeno l'ombra del sospetto che questo benedetto ''Io'' sia solo un momento (importante) della storia e che questo 'momento' è da sempre inserito in un 'dialogo' con tutto ciò che ''Io non è'', con tutto ciò che impone un ridimensionamento del desiderio inconscio, una 'analisi' strutturale, un mettere seriamente e per la prima in dubbio la legittimità stessa del mio cosiddetto ''agire''...ecco in breve perchè la psicoanalisi è 'diffidente', secondo me, nei confronti di 'agiti'...non per malignità certo! Ma verosimilmente per permettersi uno ''spazio'' di riflessione su ciò che una ''psiche così strutturata'' tenta di dire attraverso i tentacoli (corporei,verbali...) del proprio desiderio di autoaffermazione, di ''coerenza'' anche patogena, del proprio 'volere'...

    Saluti,
    Luigi
    Ultima modifica di luigi '84 : 01-09-2009 alle ore 10.57.13

  5. #20
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    Ma come si dovrebbe fare ad eliminare questo difetto, visto che anche quando si parla con qualcuno o si pensa, si agisce comunque? Per poter elaborare tutto bisognerebbe riuscire a costruire un discorso effettivo autoreferenziale che parla di sé stesso. Elaborare e quindi essere coscienti di ogni movimento che facciamo, ossia dell'elaborazione stessa, forse porta ad una serie di paradossi. E se per star meglio invece bisogna provare ad agire piuttosto che capire ad un qualche livello astratto come agiamo?
    Perchè pensi che una cosa escluda l'altra?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    Elaborazione linguistica o simbolica e controllo del corpo, coordinazione dei muscoli e così via, in generale sono capacità che possono intersecarsi ed influenzarsi a vicenda, ma non sono capacità riducibili, chi è capace di elaborare, descrivere e rappresentare col linguaggio verbale o scritto potrebbe essere oltremodo impacciato nel muoversi in un ambiente, nell'evitare ostacoli e così via.
    Credo ci sia un malinteso di fondo. Quando parlo di "elaborazione" non intendo un processo di intellettualizzazione, di razionalizzazione, del tipo: "ho tirato un calcio al muro e pensandoci capisco che l'ho fatto perchè sono arrabbiato con X per questo e quest'altro motivo". L'azione ed il pensiero si pongono in questo caso su due livelli diversi ma la maggior consapevolezza nulla cambia. Dal punto di vista strutturale l'esigenza del soggetto è sempre la medesima.
    Il processo di elaborazione cui mi riferisco coinvolge invece il soggetto stesso e le strutture tramite cui si esprime. Si tratta di giungere mediante l'interpretazione al punto di saturazione delle soluzioni strutturali ed ad una loro riorganizzazione e complessificazione. Non è detto che questo processo sia pienamente consapevole (anzi, dubito fortemente che lo sia, lo si può osservare però attraverso i derivati sintomatici, narrativi e onirici).
    Siamo sistemi complessi, dove ogni livello di organizzazione (somatico, psichico, relazionale) interagisce con gli altri, ma dove sono presenti gerarchie basate sulla complessità evolutiva (ad es. l'organizzazione mentale è più complessa ed evolutivamente posteriore del metabolismo cellulare). Soprattutto ciò che le scienze della complessità ci hanno permesso di capire, è che il principio di organizzazione del soggetto è interno (autopoiesi, auto-organizzazione).
    Con ciò non intendo affermare che il lettino sia la panacea per tutti i mali del mondo: se si vuole sviluppare un fisico da body-builder è meglio rivolgersi ad una palestra... Tuttavia gli effetti dei processi di riorganizzazione strutturale del soggetto a livello psichico hanno significativi effetti sugli altri livelli, probabilmente a causa della maggiore complessità e resilienza dell'organizzazione psichica.

    Saluti
    gieko

  6. #21
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da gieko
    Il processo di elaborazione cui mi riferisco coinvolge invece il soggetto stesso e le strutture tramite cui si esprime. Si tratta di giungere mediante l'interpretazione al punto di saturazione delle soluzioni strutturali ed ad una loro riorganizzazione e complessificazione.
    Ma per quale motivo allora questo processo di "interpretazione" non può consistere nello svolgere certe azioni? Una soluzione strutturale sbagliata potrebbe essere rappresentata da un tenere rigidi certi muscoli, io non capisco perché, oltre alle interpretazioni verbali presenti in un setting classico, non possono favorire a ristrutturare la personalità di un individuo anche (io direi in certi casi addirittura solo) certi tipi di esercizi fisici (non avevo in mente certo la palestra ), se si allentano certe tensioni muscolari, si può migliorare la postura, il modo di camminare e cambiare il nostro modo di stare nello spazio o in un ambiente già rappresenta una modifica strutturale visto che incide sul nostro modo di porci nei confronti degli altri, sull'umore che comunichiamo e quindi di rimando sul nostro stato psichico e così via, non è qualcosa di così superficiale come alcuni erroneamente credono.
    Insomma quello che dico è: e se il punto di saturazione lo si potesse raggiungere soltanto agendo in certi modi (usando una maggiore mobilità fisico-corporale) e non soltando stando seduti in poltrona a chiacchierare con qualcuno?

    Un saluto
    Ultima modifica di Char_Lie : 01-09-2009 alle ore 12.16.48

  7. #22
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    Ma per quale motivo allora questo processo di "interpretazione" non può consistere nello svolgere certe azioni? Una soluzione strutturale sbagliata potrebbe essere rappresentata da un tenere rigidi certi muscoli, io non capisco perché, oltre alle interpretazioni verbali presenti in un setting classico, non possono favorire a ristrutturare la personalità di un individuo anche (io direi in certi casi addirittura solo) certi tipi di esercizi fisici (non avevo in mente certo la palestra ), se si allentano certe tensioni muscolari, si può migliorare la postura, il modo di camminare e cambiare il nostro stare nello spazio o in un ambiente già è una modifica strutturale visto che incide sul nostro modo di porci nei confronti degli altri sull'umore che comunichiamo e così via, non è qualcosa di così superficiale come alcuni erroneamente credono.
    E se il punto di saturazione lo si potesse raggiungere soltanto agendo e non soltando stando seduti in poltrona a chiacchierare con qualcuno?
    Anzitutto non penso che approcci corporei siano superficiali, anche se non mi riconosco in essi per i motivi di cui sopra.
    L'interpretazione non è mai solo verbale, è interpret-azione, ha una componente di agito, ma lo travalica. Per dirla con Stern c'è qualcosa in più nell'interpretazione che fa sì che sia fruttuosa su altri livelli.
    Il problema è che il semplice livello interattivo difficilmente può risultare trasformativo perchè tende fortemente all'affermazione delle strutture esistenti. C'è bisogno di un cambio di livello che implichi che i sistemi in interazione siano presenti a sè stessi, che emerga cioè la propria ridondanza strutturale e che possa così crearsi un fenomeno di riorganizzazione delle strutture stesse.

    Saluti
    gieko

  8. #23
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da luigi '84
    un mettere seriamente e per la prima in dubbio la legittimità stessa del mio cosiddetto ''agire''...ecco in breve perchè la psicoanalisi è 'diffidente', secondo me, nei confronti di 'agiti'...non per malignità certo! Ma verosimilmente per permettersi uno ''spazio'' di riflessione su ciò che una ''psiche così strutturata'' tenta di dire attraverso i tentacoli (corporei,verbali...) del proprio desiderio di autoaffermazione, di ''coerenza'' anche patogena, del proprio 'volere'...
    Anche il pensare è una forma di azione, mettiamo in dubbio seriamente la legittimità di ogni "agito" e non resta più nulla, uno spazio di riflessione manca per analizzare la legittimità del processo di riflessione stesso e si cade così in una posizione paradossale.
    La psicoanalisi stessa è un prodotto di azioni di pensiero umane e non può pretendere di tirarsi fuori dall'acqua reggendosi per i capelli da sola ritenendosi superiore ad altri tipi di azioni di pensiero umane, se si vuole giocare davvero a questo gioco lo si faccia seriamente e fino in fondo.
    La psicoanalisi è diffidente nei confronti degli "agiti", ma non verso l'"agito" della sua stessa pratica ed è per questo che non mette seriamente in dubbio la legittimità di ogni "agito".
    Se si vuol seguire questa strada lo si faccia, ma forse è più coerente riallacciarsi al pirronismo.

    Un saluto
    Ultima modifica di Char_Lie : 01-09-2009 alle ore 12.46.55

  9. #24
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    La psicoanalisi stessa è un prodotto di azioni di pensiero umane e non può pretendere di tirarsi fuori dall'acqua reggendosi per i capelli da sola ritenendosi superiore ad altri tipi di azioni di pensiero umane, se si vuole giocare davvero a questo gioco lo si faccia seriamente e fino in fondo.
    La psicoanalisi è diffidente nei confronti degli "agiti", ma non verso l'"agito" della sua stessa pratica ed è per questo che non mette seriamente in dubbio la legittimità di ogni "agito".
    E cosa ti porta a dire che la psicoanalisi stessa non si metta in discussione rispetto ai propri "agiti", di grazia?
    gieko

  10. #25
    Partecipante Super Figo L'avatar di ikaro78
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    In alcune tradizioni teoriche (penso alla psicoanalisi e alle psicoterapie derivate da essa o che al suo quadro teorico fanno riferimento) una serie di azioni (sia del paziente che dell'analista) vengono classificate come "acting", cioè come un'azione causata da un deficit di pensiero e di rappresentazione. Se ho ben capito, il ragionamento è (grosso modo) il seguente:
    Caro Willy, dal mio punto di vista sarebbe opportuno specificare un po' di più la questione dell'azione. Nell'ambito della psicoanalisi, ad esempio, si potrebbe distinguere almeno tra "atto analitico", "passaggio all'atto" e "acting out", che sono concetti teorico-clinici che hanno a che fare genericamente con l'azione e che possono essere considerati, perchè no, come espressione di sè; ma al tempo stesso sono specifici, cioè non si confondono l'uno con l'altro, questa mi sembra la prima osservazione da fare. Per il resto non ho ancora letto il resto, per cui per ora mi fermo!

    Un saluto,
    ikaro
    Ultima modifica di ikaro78 : 01-09-2009 alle ore 17.53.11

  11. #26
    Partecipante Super Figo L'avatar di ikaro78
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Nella letteratura della psicoanalisi classica (ma anche, per alcuni aspetti, negli scritti di Mitchell e di altri autori della psicoanalisi relazionale), ogni deviazione dal canale di comunicazione privilegiato (quello verbale) viene considerata come un "agito" e si porta dietro tutto un alone di condanna e di disapprovazione relativo ad una scala di valori che ha le sue radici nella decisione freudiana di abbandonare il metodo della pressione a favore di quello delle libere associazioni. Ma devo dire che, in questo caso, gli analisti mi paiono degli strutturalisti lacaniani estremisti: non solo l'inconscio è strutturato come un linguaggio; è (tout-court) un linguaggio verbale, dato che non si intende riconoscere legittimità e parità di valore ad altre forme espressive e relazionali.
    Considera che Lacan, elogiando il pioniere Ferenczi, ha valorizzato molto la dimensione dell'atto in psicoanalisi, in particolare dell'analista (si veda ad esempio l'interpretazione-taglio nella teoria lacaniana), quindi direi che, contrariamente a quanto scrivi, l'orientamento lacaniano è attualmente quello che osa di più da questo punto di vista. Credo che il noto aforisma lacaniano ("l'inconscio strutturato come un linguaggio") vada quindi contestualizzato entro la teoria stessa: l'inconscio strutturato come un linguaggio non significa che "l'inconscio è verbale", né tantomeno che il corpo è fuori gioco, piuttosto valorizza la dimensione del corpo in quanto abitata e attraversata dal linguaggio. Ti consiglio su questo tema il saggio sul corpo e il linguaggio in psicoanalisi che già ti indicai tempo fa...

  12. #27
    Partecipante Veramente Figo L'avatar di luigi '84
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    Anche il pensare è una forma di azione, mettiamo in dubbio seriamente la legittimità di ogni "agito" e non resta più nulla, uno spazio di riflessione manca per analizzare la legittimità del processo di riflessione stesso e si cade così in una posizione paradossale.
    La psicoanalisi stessa è un prodotto di azioni di pensiero umane e non può pretendere di tirarsi fuori dall'acqua reggendosi per i capelli da sola ritenendosi superiore ad altri tipi di azioni di pensiero umane, se si vuole giocare davvero a questo gioco lo si faccia seriamente e fino in fondo.
    La psicoanalisi è diffidente nei confronti degli "agiti", ma non verso l'"agito" della sua stessa pratica ed è per questo che non mette seriamente in dubbio la legittimità di ogni "agito".
    Un saluto
    Non metto in dubbio la legittimità dell'agito ma pongo la questione 'genealogica' o meglio 'archeologica' di come questo agito è venuto a configurarsi. Nella psicologia del profondo la psiche è un prodotto di una certa invariabilità strutturale: è si storicamente e individualmente determinata ma rispecchia una forma di organizzazione 'complessuale' che determina l'attualità delle espressioni psichiche. Anche l'Io è un complesso ed insieme ad altri complessi contribuisce a quell'equilibrio (che non significa necessariamente 'salute') sempre soggetto a variazioni ma mai a riorganizzazioni totali (che solo l'analisi può mettere in moto). L'impermeabilità di una struttura del genere è data dal fatto che noi non abbiamo immediato accesso alla nostra realtà complessuale (la nostra struttura inconscia) perchè il nostro livello rappresentazionale di tipo cosciente è lontano dai processi 'simbolici' (simbolo nell'accezione junghiana), grezzi, arcaici che caratterizzano il livello inconscio. La coscienza tende ad essere, per sua natura, 'unidirezionale' cioè ad assumere, junghianamente, un ''atteggiamento'' (estrovertito,introvertito ecc..) che necessariamente è ''esclusivo'' nei confronti di tutto ciò che nella organizzazione primitiva e via via sempre più complessa della psiche non può trovare spazio perchè 'perturba' un equilibrio strutturale che si fa via via sempre piu rigido. Non può esistere qualcosa che non sia immediatamente ''condizionato'': i complessi 'esistono' ed agiscono autonomamente e la struttura complessuale (alla quale partecipa il complesso dell'Io) è interamente auto-determinata, anche se i singoli complessi assumono la ''forma'' individuale che vediamo in ognuno. Quindi, non è che la psicoanalisi abbia un qualche ''potere'' strano su questa struttura o che il suo ''agire'' sia completamente fuori dalla realtà che ho descritto; ma direi una cosa molto più semplice: c'è la possibilità di ''avvicinarsi'', di ''sperimentare'' l'inconscio e questa è la grande ed esclusiva flessibilità del complesso dell'Io...perchè non sfruttare questa possibilità? Non abbiamo particolare potere su di una ''struttura'' quale l'ho descritta ma abbiamo la possibilità di ''conoscerla'', di sperimentarla da vicino. Come? La clinica psicoanalitica conviene su alcune peculiarità tecniche che si differenziano per le varie scuole ma che sono accomunate da molti altri aspetti. Ma questa è un'altra storia davvero.

    Saluti,
    Luigi
    Ultima modifica di luigi '84 : 01-09-2009 alle ore 20.38.41

  13. #28
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da gieko
    E cosa ti porta a dire che la psicoanalisi stessa non si metta in discussione rispetto ai propri "agiti", di grazia?
    La psicoanalisi è una pratica che segue certi metodi, tu stesso sostieni l'idea che un metodo imperniato sull'azione piuttosto che su certe interpretazioni costruite all'interno di un certo setting risulti praticamente quasi inutile. Se si vuol mettere in discussione realmente gli "agiti", bisognerebbe adottare una sorta di anarchismo metodologico, qualcosa che indebolisca le pratiche dominanti per costruirne o riattuarne altre che sono state abbandonate, oggi tra queste pratiche andrà a finirci anche la psicoanalisi stessa e non soltanto le pratiche seguite da certi metodi scientifici.
    Mettere in discussione certi "agiti" significa cercare di attuarne strutturalmente altri, e la psicoanalisi non è capace di tirarsi fuori da sola dalla pratica psicoanalitica stessa, insomma può tenere in piedi paradossalmente certe strutture patologiche (come le chiami tu) perché quel tipo di pratica, e cioé la pratica psicoanalitica stessa, col metodo che adotta, invece di riuscire a perturbarle le sostiene e le alimenta. La psicoanalisi per osservare gli "agiti" utilizza un metodo, ma questo metodo specifico viene comunque "agito", questo "agito" non viene messo realmente in discussione dalla psicoanalisi. Meglio di così non riesco a spiegarmi.
    E' come cercare di rettificare una circonferenza dato il raggio con riga e compasso, se si continua ad adottare questi metodi non si può riuscire a farlo, bisogna abbandonarli ed utilizzarne altri.
    Cercare di usare metodi completamente diversi può tirarci fuori dallo stesso setting psicoanalitico, se si vuol essere davvero anarchici come si sostiene di voler essere, non si possono certo seguire certe regole fisse.

    Un saluto
    Ultima modifica di Char_Lie : 01-09-2009 alle ore 21.15.55

  14. #29
    Partecipante Veramente Figo L'avatar di luigi '84
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Citazione Originalmente inviato da Char_Lie Visualizza messaggio
    La psicoanalisi è una pratica che segue certi metodi, tu stesso sostieni l'idea che un metodo imperniato sull'azione piuttosto che su certe interpretazioni costruite all'interno di un certo setting risulti praticamente quasi inutile. Se si vuol mettere in discussione realmente gli "agiti", bisognerebbe adottare una sorta di anarchismo metodologico, qualcosa che indebolisca le pratiche dominanti per costruirne o riattuarne altre che sono state abbandonate, oggi tra queste pratiche andrà a finirci anche la psicoanalisi stessa e non soltanto le pratiche seguite da certi metodi scientifici.
    Mettere in discussione certi "agiti" significa cercare di attuarne strutturalmente altri, e la psicoanalisi non è capace di tirarsi fuori da sola dalla pratica psicoanalitica stessa, insomma può tenere in piedi paradossalmente certe strutture patologiche (come le chiami tu) perché quel tipo di pratica, e cioé la pratica psicoanalitica stessa, col metodo che adotta, invece di riuscire a perturbarle le sostiene e le alimenta. La psicoanalisi per osservare gli "agiti" utilizza un metodo, ma questo metodo specifico viene comunque "agito", questo "agito" non viene messo realmente in discussione dalla psicoanalisi. Meglio di così non riesco a spiegarmi.
    E' come cercare di rettificare una circonferenza dato il raggio con riga e compasso, se si continua ad adottare questi metodi non si può riuscire a farlo, bisogna abbandonarli ed utilizzarne altri.
    Cercare di usare metodi completamente diversi può tirarci fuori dallo stesso setting psicoanalitico, se si vuol essere davvero anarchici come si sostiene di voler essere, non si possono certo seguire certe regole fisse.

    Un saluto
    Interessante questo intervento. E in un certo senso mi trova anche d'accordo: aprirei una discussione però troppo distante dal tema e probabilmente il discorso che fai è lontano dalla dimensione clinica che qui si vuol porre in luce...ribadisco però l'interesse.

    Saluti,
    Luigi

  15. #30
    Partecipante Leggendario L'avatar di gieko
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    Riferimento: Acting o espressione di sé?

    Trovo molto interessante anche io l'osservazione mossa da charlie, anche se l'argomentazione che porta non è proprio pertinente. Ad ogni modo ribadisco la mia domanda: cosa ti fa pensare che questo processo di perturbazione delle certezze psicoanalitiche non sia in atto nella teoria psicoanalitica stessa? Il lavoro di decostruzione e di riorganizzazione del sapere psicoanalitico è alquanto vivo, e direi che bisogna dare atto del fatto se non altro le istituzioni psicoanalitiche cercano di riflettere su se stesse, si mettono in qualche modo in analisi esse stesse. Ovviamente incontrando resistenze.
    Comunque siamo abbondantemente OT.

    Saluti
    Ultima modifica di gieko : 01-09-2009 alle ore 23.27.56
    gieko

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