vi propongo un caso che ho trovato sul sito.. e vi do una mia soluzione (scritta al volo e in modo orrido)

B è una vedova di 36 aa inviata allo psicologo dal suo medico di base. Ha perso il marito (40 anni) in un incidente sul lavoro 6 mesi fa. Ha una figlia di 7 aa alla quale deve pensare ormai da sola.
La donna riferisce al primo colloquio che, da qdo ha perso il marito, è diventata inappetetnte, si sveglia alle 3 di notte e non si riaddormenta nonostante l’uso di tranquillanti o sonniferi . tende a isolarsi , rifiuta le visite delle amiche. Vede quasi quotidianamente la madre , anch’essa vedova , ma questo no n pare esserle d’aiuto. Si sente, infatti, dopo tali visite ancora più scoraggiata e sola . la donna asserisce che, da qdo il marito è morto, la figlia si aggrappa eccessivamente a lei, ha paura di andare a letto la sera e spesso si sveglia spaventata da incubi . si chiede se anche la figlia bisogno dello psicologo.
B. non si sente di riprendere il lavoro sospeso alla morte del marito e teme di non farcela. Le capita di pensare al suicidio come liberazione dai suoi problemi.

Per l’analisi del caso utilizzero’ come punto di riferimento il Manuale dei Distrubi Mentali , quarta edizione.
B. e’ una donna di 36 anni, a circa sei mesi dalla perdita del marito riferisce di essere divenuta inappetente, di avere disturbi del sonno, di utilizzare sonniferi e tranquillanti e non averne benefici, inoltre dichiara in modo consapevole di attivare condotte di isolamento sociale ed evitamento.
I rapporti interpersonali sembrano essere circoscritti a quelli con la madre, anche questa vedova, e con la figlia che dal colloquio sembra anch’essa gravare sul disagio psicologico dichiarato.
Dal colloquio emerge inoltre l’incapacità per B. di riprendere il proprio lavoro e pensieri di suicidio.
Per arrichire i dati a mia disposizione indagherei sul rapporto che B. ha con la madre e la figlia, sembra infatti che per loro siano un peso piu’ che una risorsa.
E’ importante chiedersi il perche’ sia stata consigliata dal medico ad intraprendere un iter terapeutico e valutarne le motivazioni.
Dall’insieme dei sintomi raccolti in questa fase si potrebbe ipotizare un disturbo dell’umore, in particolar modo dai deficit del sonno, dall’isolamento sociale, dal inappetenza e dai pensieri di suicidio sembrerebbe emergere un disturbo depressivo maggiore.
Sarebbe importante valutare da quanto tempo e’ presente questa sintomatologia e con quale frequenza, e se ci fossere sintomi non riferiti, ad esempio maniacali che potrebbero spostare l’attenzione su un disturbo bipolare. Amplierei quindi le mie conoscenze su B. sia con la somministrazione di scale quali HRSD, sia attraverso la somministrazione del MMPI per avere un quadro della personalità e come i disturbi riferiti possono essere collocati in esso.
L’intervento terapeutico dovrebbe inizialmente essere di tipo supportivo, per ricompattare l’Io di B. e sostenrla nel suo rapporto con la realtà, in seguito prediligerei un intervento di tipo sistemico familiare atto a rielaborare il trauma dovuto al lutto cercando di coinvolgere anche la figlia e la nonna al fine di migliorare le capacità comunicative e senso di autoefficacia.