Ciao a tutti, mi chiamo Marzia e sono una psicologa di Padova.
Scrivo sul forum perché ho un problema che vorrei condividere con voi per avere un vostro parere. Mi scuso fin da ora se il mio racconto potrà sembrare confuso, ma è una situazione per me molto delicata… perciò se qualcosa non è chiaro non esitate a chiedermi spiegazioni. 
Da 5 anni sono in analisi presso uno psicoterapeuta (medico psichiatra)… ho iniziato la terapia perché durante l’università ho attraversato un periodo difficile in cui non riuscivo a dare esami a causa di forti stati d’ansia. Insomma, se lo studio fino a quel momento era stato sempre fonte di piacere, apprendimento ma anche benessere e rilassamento, ad un certo punto non riuscivo più a concludere nulla. E’ stato a quel punto che ho deciso di rivolgermi ad uno psicoterapeuta che mi è stato consigliato da un’amica di famiglia che, tempo addietro, era stata in psicoterapia da questa stessa persona.
All’inizio ci sono stati 3 incontri di valutazione in cui mi sono stati somministrati dei test psicodiagnostici. La “restituzione” è stata molto relativa… infatti mi è stato detto che dai test era emerso un disagio che avrei potuto risolvere con una psicoterapia psicoanalitica ad orientamento lacaniano.
Ho iniziato la terapia che sto attualmente ancora portando avanti. Nel corso di questi anni molte cose sono cambiate, mi sono laureata e ho scelto una scuola di psicoterapia… ho lavorato e attualmente sto iniziando una nuova attività con dei colleghi. Insomma, ad oggi sento di essere stabile sulle mie gambe, sento che le “fratture” che mi impedivano di camminare con decisione e serenamente, sono state saldate. So di avere un lunghissimo percorso di analisi ancora, ma questo non mi spaventa… è un lavoro in cui ho sempre creduto e in cui credo.
Ma veniamo al dunque. Come dicevo, ho scelto una scuola di psicoterapia, questa scelta è stata molto attenta e scrupolosa e alla fine mi sono orientata su un approccio che molto si allontana da quello del mio psicoterapeuta. A breve dovrò iniziare un percorso di terapia con la scuola e, ovviamente, non ho nessuna intenzione di fare due terapie insieme, mi sembra assurdo e quantomeno deleterio.
Il percorso i terapia della mia scuola sarà limitato nel tempo in quanto proprio diverso dalla psicoanalisi che sto attualmente facendo. Quando ho parlato al mio analista di questa situazione mi sono trovata in una situazione che mai e poi mai avrei pensato… io ragazzi mi vergogno a dirlo, ma sono stata letteralmente aggredita verbalmente, ho ravvisato in lui una forte confusione…. Mi sono sentita tirare addosso tutto quanto raggiunto in questi anni, mi ha detto che sono una persona limitata e che questo lavoro posso anche scordarmelo. Forse rendendosi conto dello sproloquio che stava portando avanti, ad un certo punto si è calmato e ha cominciato a farmi ragionare sul fatto che è importante portare avanti e concludere n percorso così importante rispettando i tempi e soprattutto ragionando su questa mia necessità che potrebbe assumere le connotazioni di un acting.
Sono rimasta basita da questo comportamento.
Molto spesso nel corso di questi anni ho assistito (sulla mia pelle purtroppo) a violazioni dei parametri del setting (mi chiamava poco prima dell’appuntamento e mi diceva che ci saremmo visti 15 o 20 minuti + tardi; una volta sono rimasta chiusa nel suo studio da sola e senza spiegazioni perché sembrava che un pz fosse entrato nel suo studio e lui doveva calmarlo :-/ ; ricevute mai fatte in 5 anni).
Tra le altre cose ho chiesto a questa persona di avere un certificato delle ore di terapia svolta… questo non perché io abbia intenzione di utilizzare questa terapia per scopi didattici, in quanto le mie scelte si orientate diversamente, ma semplicemente perché volevo capire con chi avevo a che fare… ebbene, questo certificato non mi è mai stato fatto, perché di base è sì uno psichiatra psicoterapeuta ma non è uno psicoanalista, nel senso che avrà seguito tanti o pochi convegni, ma una specializzazione quadriennale non l’ha mai fatta.
Io credo che questa persona è passata totalmente sopra al cambiamento avvenuto… ha cercato di sminuire ( e anche con una ironia fuori luogo) quanto fatto in questi anni. Ripeto, io sono sicura di avere ancora molto da imparare e da lavorare, ma è anche vero che FORSE la domanda iniziale che mi ha portato da lui è stata “esaurita” e che per andare avanti avrei avuto bisogno di mettere un punto e ristabilire degli obiettivi insieme a lui. Credo che questo mi avrebbe consentito di fare un passo, seppur piccolo, verso l’indipendenza. La sua reazione mi fa pensare che le sue parole nascondano tutt’altro che interesse per l’indipendenza del paziente, a me sembra che sia + interessato a mantenere lo stato delle cose e a bypassare qualunque cambiamento in positivo.
Che ne pensate?
Vi ringrazio per avere avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui…
Marzia.