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  1. #1

    Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicoterapia

    Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una sorta di guerra a colpi di ricerche, dati statistici, analisi e meta analisi mirata a dimostrare la superiorità di un approccio alla psicoterapia su un altro.

    Al di là del merito, mi sembra che questo tipo di dispute abbiano una motivazione principalmente politica e di conseguenza economica: dimostrare che il proprio approccio (cognitivo comportamentale, psicoanalitico, sistemico, umanistico eccetera…) presenta un’efficacia inequivocabilmente superiore agli altri significa prima di tutto essere inseriti nelle linee guida dei finanziamenti pubblici, avere più allievi nelle scuole e più pazienti negli studi privati.

    Rimane il dubbio su quanto il dibattito così impostato favorisca effettivamente che professionisti che lavorano legittimamente secondo approcci diversi possano trarre ricchezza gli uni dalle esperienze, dalle conoscenze e dalle competenze degli altri. A mio avviso questo succede molto poco, ed è un peccato.

    Vorrei dunque proporre una discussione che sia libera dalla necessità di dimostrare di avere ragione, dall’asfissia di dover enunciare una verità assoluta e prescindendo dai dati “scientifici” che rappresentano un punto di vista importante e che non deve essere trascurato, ma pur sempre un punto di vista.

    Vorrei proporre una discussione aperta a psicoterapeuti di vario orientamento, psicologi, persone interessate, con lo scopo di arricchire, su un livello speculativo, l’idea che abbiamo dei processi coinvolti nel nostro lavoro, e di aiutarci ad esplicitare le nostre teorie del cambiamento che troppo spesso rimangono implicite.

    Per facilitare la discussione proporrei di rispondere a tre semplici domande:

    - Come si diventa un soggetto psichico? (quali sono i processi intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a istituire la soggettività, il senso di sé e della propria identità e il funzionamento emotivo e cognitivo di una persona?)
    - Come ci si ammala? (quali sono i processi consci e inconsci, intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a provocare sofferenza psicologica ed emotiva, disadattamento sociale e difficoltà relazionali?)
    - Come si guarisce? (quali sono i processi intrapsichici e interpersonali- con un occhio di riguardo a ciò che succede nella psicoterapia- che favoriscono cambiamenti positivi per la persona?)

    Ringrazio chi avesse voglia di partecipare

    Simone

  2. #2
    Partecipante Super Esperto L'avatar di lalangue
    Data registrazione
    27-12-2009
    Messaggi
    549

    Riferimento: Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicotera

    Citazione Originalmente inviato da simone.roselli Visualizza messaggio
    Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una sorta di guerra a colpi di ricerche, dati statistici, analisi e meta analisi mirata a dimostrare la superiorità di un approccio alla psicoterapia su un altro.

    Al di là del merito, mi sembra che questo tipo di dispute abbiano una motivazione principalmente politica e di conseguenza economica: dimostrare che il proprio approccio (cognitivo comportamentale, psicoanalitico, sistemico, umanistico eccetera…) presenta un’efficacia inequivocabilmente superiore agli altri significa prima di tutto essere inseriti nelle linee guida dei finanziamenti pubblici, avere più allievi nelle scuole e più pazienti negli studi privati.

    Rimane il dubbio su quanto il dibattito così impostato favorisca effettivamente che professionisti che lavorano legittimamente secondo approcci diversi possano trarre ricchezza gli uni dalle esperienze, dalle conoscenze e dalle competenze degli altri. A mio avviso questo succede molto poco, ed è un peccato.

    Vorrei dunque proporre una discussione che sia libera dalla necessità di dimostrare di avere ragione, dall’asfissia di dover enunciare una verità assoluta e prescindendo dai dati “scientifici” che rappresentano un punto di vista importante e che non deve essere trascurato, ma pur sempre un punto di vista.

    Vorrei proporre una discussione aperta a psicoterapeuti di vario orientamento, psicologi, persone interessate, con lo scopo di arricchire, su un livello speculativo, l’idea che abbiamo dei processi coinvolti nel nostro lavoro, e di aiutarci ad esplicitare le nostre teorie del cambiamento che troppo spesso rimangono implicite.
    Cercherò di rispondere, per parte mia, con i dubbi che ho sempre avuto e con la mia personale evoluzione.




    - Come si diventa un soggetto psichico? (quali sono i processi intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a istituire la soggettività, il senso di sé e della propria identità e il funzionamento emotivo e cognitivo di una persona?)
    Di recente ho ripreso in mano alcuni scritti di Winnicott, apprezzando sempre di più il concetto di "oggetto transizionale". Credo che la soggettività si istituisca a partire da un riconoscimento dei propri vissuti in un ambiente "sufficientemente buono", che possa funzionare da specchio. Per poter lasciare accadere questo, occorre che il terapeuta non abbia eccessiva fretta né eccessiva paura. Inoltre il terapeuta stesso deve essere in grado di entrare in risonanza con l'espressione affettiva del paziente (con O, come direbbe Bion), cioè di riconoscere quale affetto sta circolando nel campo creato dalle due menti paziente-analista. Il termine "riconoscere", qui, ha il significato di "avere il coraggio di attendere che questo affetto si sviluppi" e, contemporaneamente, non avere paura di esplorarlo, di osservarlo, di sentirlo (anche albergandolo dentro di sé). In questo modo si apre uno "spazio di gioco" (tra gioco e realtà, in senso winnicottiano) in cui la ricerca è pericolosamente piacevole, faticosamente produttiva. Questo spazio è co-abitato (co-costruito) dalla diade paziente-analista, ma non appartiene completamente né all'uno né all'altro. Non è una negoziazione, o non solo: è una ricerca su un affetto concretamente presente, da definirsi. La soggettività si sviluppa a partire da questo movimento, se entrambe le persone sono in grado di far parte di questo gioco.

    - Come ci si ammala? (quali sono i processi consci e inconsci, intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a provocare sofferenza psicologica ed emotiva, disadattamento sociale e difficoltà relazionali?)
    La malattia insorge quando non siamo più in grado, per una varietà infinita di eventi, di partecipare a questo "gioco". La realtà diventa sterile, concreta, pietrificata. Il Sé diventa ipercoeso, massiccio, inattaccabile ed immodificabile e si arrocca così in un confronto/scontro con una "realtà esterna" che si dimostra a fortiori come competitiva (occorre prevalere sulla realtà esterna o corrispondere ad essa, essere "i più bravi" o "essere come la realtà"). Non c'è possibilità di scambio, di gioco, ma è una guerra a chi è più consistente, più compatto. A chi tiene di più.
    Oppure, in un'altra variante, il Sé si disgrega, in modo da parcellizzare la realtà, che diventa così meno dura, "meno insuperabile", a prezzo di un indebolimento della coerenza del proprio mondo interno. Ci si parcellizza fino alla polverizzazione, in un pericoloso crescendo che porta all'inconsistenza della propria soggettività e della propria esperienza di "essere nel mondo". Sono solo due vertici possibili, tra tanti.

    - Come si guarisce? (quali sono i processi intrapsichici e interpersonali- con un occhio di riguardo a ciò che succede nella psicoterapia- che favoriscono cambiamenti positivi per la persona?)
    La psicoanalisi sta attraversando un periodo di cambiamento di paradigma: da un approccio più attento ai contenuti, ad uno più interessato alle emozioni. Dal Witz di Freud alla "O" di Bion. Credo che l'incontro di due persone contenga per entrambi una mole indicibile di dati osservativi. Occorre stabilire un focus, in modo da utilizzare quelle che noi stabiliamo come variabili in campo per poter lavorare concretamente con qualcosa e non perderci. La variabile che considero io è quella del transfert, inteso come possibilità di trasferire all'interno della seduta dei moti affettivi problematici. La scommessa è di partecipare a questi moti, di portarli nel qui ed ora della seduta, e di trasformarli attivamente con il paziente. Penso che questa trasformazione richiami in maniera pressoché necessaria l'attraversamento di questi moti. Insomma, due persone e una mente condivisa per affrontare un affetto indicibile, in modo da renderne possibile l'esplorazione, la presa di contatto. L'annessione di questi terreni inesplorati ("là dov'era Es") permette una migliore coesione del Sé ("Io dovrà addivenire"), mentre lo spazio di gioco e il suo attraversamento consentono di rendere disponibile una "possibilità disorganizzativa" all'interno di un Sé difensivamente ipercoeso.

    Ringrazio chi avesse voglia di partecipare

    Simone
    Ringrazio chi farà ulteriori proposte/domande
    Citazione Originalmente inviato da complicata Visualizza messaggio
    Ma per caso la reincarnazione di Freud è Tinto Brass?
    La descrizione calzerebbe a pennello, manca solo il cubano..
    Sorella Psicoanalisi e Il Piccolo Mondo Antico

  3. #3
    Partecipante Assiduo L'avatar di ludovicamaria
    Data registrazione
    14-03-2011
    Messaggi
    163

    Riferimento: Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicotera

    Ciao lalangue è sempre un piacere leggerti...

    Vorrei dare una mia opinione sulla identità, difficile e complessa da focalizzare sempre in continuo divenire per arricchire quella parte di personalità che può cambiare, maturare e crescere.
    C'è anche secondo me anche una identità formata da un "nucleo" che rimane inalterato nel tempo fatto di un modo innato di percepire, di sentire e di conseguenza pensare, scritto nel dna di ognuno.

    Come ci si ammala? I processi non mi sono chiari ma credo che nessuno lo sà con certezza , però sono sicura che le relazioni fondate sul rispetto, accettazione, autenticità e coraggio di entrare nel disagio e scoprire il nulla in ognuno, porti a un arrichimento e una crescita di tutti i soggetti della relazione.

    Credo che i rapporti devono essere orrizzontali, spontanei e umili cioè non pretendere di avere la verità in tasca ma la consapevolezza che tutti dobbiamo imparare e conoscere.

  4. #4
    Partecipante Super Esperto L'avatar di lalangue
    Data registrazione
    27-12-2009
    Messaggi
    549

    Riferimento: Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicotera

    Grazie Ludo

    Questa cosa dell'identità... ecco, quello che io percepisco come una forzatura, che ho sentito in molti processi terapeutici (e che a volte può anche funzionare, ma rimane pur sempre una forzatura), consiste proprio in questo: costringere la persona che si ha davanti a volersi identificare con qualcosa che non sente come proprio. Se accettiamo alcuni presupposti psicoanalitici, ormai molto più diffusi di quanto si possa pensare, occorre prendere atto di un paio di conseguenze: la questione dell'inconscio ci mette costantemente a confronto con qualcosa che ci fonda ma che non ci appartiene del tutto (qualcosa che è al nostro interno ma che non è ancora nostro, una profonda spaccatura tra quello che vorremmo e quello che siamo); le difese ci servono per proteggerci dall'impatto con delle "cose" insostenibili e per poter fronteggiare, sopravvivendo, la realtà. Quindi l'esplorazione di queste dinamiche, invece di passare da una semplificazione chiarificatrice (l'insight del terapeuta sulla motivazione inconscia e il successivo lavoro sulla resistenza del paziente), potrebbe (dovrebbe?) attraversare una lunga elaborazione all'interno della coppia (del gruppo), in cui la realtà possa riacquistare la sua complessità (cognitiva, emotiva, "viscerale"). In questo caso parlo di una identità che si costituisce sempre in après-coup, a posteriori. La soggettività, la nascita del soggetto, si manifesterebbe insieme alla nascita della curiosità, della voglia di saperne di più su quello che accade, del bisogno di farlo proprio, almeno per quel poco che ci riguarda.
    Citazione Originalmente inviato da complicata Visualizza messaggio
    Ma per caso la reincarnazione di Freud è Tinto Brass?
    La descrizione calzerebbe a pennello, manca solo il cubano..
    Sorella Psicoanalisi e Il Piccolo Mondo Antico

  5. #5
    Partecipante Figo L'avatar di bella primavera
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    768

    Riferimento: Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicotera

    Domanda complessa; Sul primo punto, sono diversi gli autori che offrono vari spunti, da bruner "il caregiver diviene lo "scaffolding emotivo" attraverso il sostegno emotivo, che gli permette di raggiungere un'organizzazione cerebrale più matura, alle teorie dell'attaccamento di bowlby, agli stili di attaccamento della Ainsworth, (interessante, anche l'elaborazione degli stili di attaccamento dell'adulto, Mari Main). La sviluppo soggettivo della coscienza e l'espansione diadica di essa con l'interazione del caregiver (Tronick,regolazione emotiva madre bambino.)
    Sul secondo punto, le teorie dell'apprendimento cognitive, o la teoria della gestalt che vede la patologia come un'adattamento creativo (l'unica risposta possibile, in un ambiente che non riconosceva i suoi bisogni). SUl 3 punto, la patologia nasce si sviluppa, e finisce nella relazione, creare nel setting un ground stabile per il paziente.

  6. #6

    Riferimento: Teoria del soggetto e fattori di cambiamento in psicotera

    Citazione Originalmente inviato da simone.roselli Visualizza messaggio
    Per facilitare la discussione proporrei di rispondere a tre semplici domande:

    - Come si diventa un soggetto psichico? (quali sono i processi intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a istituire la soggettività, il senso di sé e della propria identità e il funzionamento emotivo e cognitivo di una persona?)
    Questa domanda non è poi così semplice perché c'è qualcuno che dubita addirittura che esista davvero un qualche soggetto. Quella cosa alla quale ci si riferisce nell'ambito della psicologia ingenua, "il soggetto", può darsi che non esiste proprio. C'è un termine che viene usato da questo o quell'individuo, ma c'è un qualche referente concreto?
    Forse ci si può chiedere come un organismo umano produce tutte 'ste rappresentazioni ed idee, perché a diventarle forse non può diventarle mai nessuno.

    - Come ci si ammala? (quali sono i processi consci e inconsci, intrapsichici ed interpersonali che concorrono- e come concorrono- a provocare sofferenza psicologica ed emotiva, disadattamento sociale e difficoltà relazionali?)
    La sofferenza psicologica dipende da diverse cause e non si può stabilire (senza chiamare in causa l'individuo singolo stesso) quali siano quelle più importanti e fondamentali. Ad esempio un bambino che ha un fratellino che gli toglie buona parte delle cure dei genitori soffre di sicuro al livello psicologico, quindi a concorrere al disagio è la presenza fisica del fratellino, se non fosse nato proprio magari il primogenito non avrebbe avuto problemi di questo tipo: questo è un modo di vederla del tutto legittimo che può stare vicino ad altri, il disagio lo produce un agente esterno ben identificabile... Il fratellino.
    Qualcun altro potrebbe sostenere che il problema è la famiglia a monte: se un bambino non ricevesse particolari cure personali non potrebbe poi provare gelosia per il nuovo arrivato perché non gli toglierebbe risorse... In questo caso il disagio lo produce l'assetto ambientale.
    Infine poi le interpretazioni classiche che fanno ricorso alla consueta tolleranza della frustrazione: c'è un qualcosa di malfunzionante nella percezione del dolore del bambino, il bambino non dovrebbe percepire quel che percepisce.
    E' un esempio semplice, ma i casi li si può trasportare altrove.

    - Come si guarisce? (quali sono i processi intrapsichici e interpersonali- con un occhio di riguardo a ciò che succede nella psicoterapia- che favoriscono cambiamenti positivi per la persona?)
    Così come si può definire il disagio in svariati modi, in svariati modi si potrebbe "guarire", perciò è meglio non parlare di guarigione perché non è identificabile una malattia precisa in ambito psicologico, sono disagi dell'individuo che hanno a che fare con tutto l'apparato circostante in diversi modi.
    Ad esempio se in un certo ambiente familiare viene frustrato il conseguimento di uno scopo psicologico importante per l'individuo viene prodotta comunque una certa quota di sofferenza psicologica. Ora se l'individuo non avesse sentito quello scopo come importante non sarebbe stato male, ma non sarebbe stato male anche nel caso in cui quel tipo di ambiente non gli avesse creato un ostacolo in più. La causa vera della sofferenza psicologica tra queste due quale sarebbe? Non esiste un solo "come guarire", di sensi ce ne possono essere tanti e non è rintracciabile quello giusto e corretto, è proprio questa cosa qua che non avrebbe alcun senso.

    Non ha senso credere che proprio gli psicologi abbiano le interpretazioni giuste rispetto a "cosa significa guarire" e "star meglio" relativamente ad ogni forma di sofferenza psicologica (ma allo stesso modo sarebbe scorretto credere che ce l'abbiano gli psichiatri). Nonostante la somiglianza di certi sintomi può darsi che il senso a monte del disagio di un individuo specifico risulta estraneo a quello delle interpretazioni implicite o esplicite dei cosiddetti curanti. Certo queste potrebbero tornare utili per certi utenti, ma non è detto che risultino utili anche per tutti gli altri che rientrano nelle stesse ed identiche categorie diagnostiche.

    Freud ad esempio era fissato con la sessualità e il complesso di edipo, ma s'era fissato lui relativamente a queste cose qua, perché per lui erano importanti.
    Secondo me una lettura abbastanza convincente del disagio mentale e come guarire da questo (se possibile) la danno certi costruttivisti, questo libro qua ad esempio, mi è sembrato interessante e non banale.
    Ultima modifica di Prometheus : 19-06-2013 alle ore 01.00.30

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